Videogallery - 14 marzo 2024, 08:00

Testimonial del dialetto - Mike fC, orgoglio ligure con il suo rap in genovese (Video)

“Ho iniziato a fare rap in italiano, poi mi sono detto: magari questa cosa si potrebbe fare anche in genovese. Ho provato, sono uscite le prime rime (piazza, focaccia) e da lì è nata la prima canzone”

Testimonial del dialetto - Mike fC, orgoglio ligure con il suo rap in genovese (Video)

Continua il ciclo di servizi de ‘La Voce di Genova’ che abbiamo voluto chiamare ‘Testimonial del dialetto’. Ogni giovedì vi faremo conoscere, o riscoprire, persone e personaggi che promuovono la lingua e la cultura genovese, con orgoglio, impegno, passione e tanto amore. E lo fanno sia in televisione che sui libri, che sui palchi di un teatro, sui social, alle conferenze, con la musica e le canzoni. Mirabile è l’azione di chi spende il proprio tempo per conservare una tradizione, ed ecco perché ci fa enorme piacere raccontarla. Anche attraverso video… ovviamente in genovese! 

Dopo intervista a Gilberto Volpara (si può leggere qui), al professore Franco Bampi (si può leggere qui), ad Anto Enrico Canale (si può leggere qui), a ‘Cito’ Opisso (si può leggere qui), a Francesco Pittaluga, (si può leggere qui) e ai Buio Pesto: Massimo Morini e Nino Cancilla (si può leggere qui). Oggi parliamo con Mike fC, rapper genovese che ha portato il dialetto ligure in questo genere musicale.

Grazie per la disponibilità, come nasce l’idea di scrivere canzoni in dialetto?

“Grazie a voi. Ho sempre avuto una passione per la musica in genovese, la nostra bella lingua. Mia nonna mi cantava ‘Bella Marinin’, a scuola ci hanno insegnato ‘Ave Maria Zeneize’. Io ho iniziato a fare rap, ho iniziato a farlo in italiano. Un giorno mi sono domandato: magari questa cosa si potrebbe fare anche in genovese. Ho provato, sono uscite le prime rime (piazza, focaccia) e da lì è uscita la prima canzone. La vedevo come una cosa a sé stante, col tempo mi sono reso conto che c’era qualcosa di più, si poteva fare di più. Ho iniziato parlando di Genova in genovese, poi della Liguria, successivamente mi sono reso conto che si potevano trattare tante tematiche con questa bella lingua”.

Hai sempre parlato in genovese oppure l’hai dovuto imparare per poterlo poi inserire nelle tua canzoni?

“Avevo il genovese nelle orecchie: mia zia, mia nonna parlavano in genovese con mia mamma, con mio zio. Mio padre però non è genovese così in casa si parlava italiano. È stata una riscoperta. Ce l’avevo nelle orecchie, quando mi sono deciso di scrivere in questa lingua ho dovuto studiare un po’. Poi con gli anni ho iniziato a parlarlo meglio. Devo dire che ho preso anche qualche ripetizione”.

Oltre a scrivere canzoni vedo che ti diverti a chiedere in giro alle persone se parlano in dialetto. Quali sono le risposte che ricevi? Sono ancora tanti quelli che parlano in dialetto?

“È un’esperimento che ho cercato di fare in giro per la Liguria, e non solo in Liguria perché sono stato anche dai tabarchini a Carloforte. È un esperimento per vedere se in giro la gente parla in genovese e ha voglia di parlarlo. Ci sono quartieri dove si parla molto e altri dove è più difficile sentirlo. È anche vero che noi siamo andati in certi momenti della giornata. Dipende anche dagli orari. Vedo che tendenzialmente tante persone hanno voglia di parlare in genovese, soprattutto se gli dai l’imbeccata poi ti raccontano la loro vita e i loro aneddoti. Non ci sono tanti giovani. È un po’ una sfida cercare di far parlare il genovese ai genovesi. Un altro elemento che ho notato è che tanti si vergognano a parlarlo, hanno paura di dire strafalcioni, di fare brutte figure. Dobbiamo andare oltre a queste cose”.

Tu conosci dei coetanei della zona che parlano in dialetto?

“Sì, con il fatto che sono di Campomorone, un po’ dell’entroterra diciamo, ho avuto la fortuna di essere in una realtà di paese dove il genovese si è conservato un po’ di più. Quando ero piccolo, adolescente, mi ricordo che coi miei amici parlavamo un po’ in genovese soprattutto quando facevamo le imitazioni dei personaggi del paese. Alcuni personaggi ti dicevano: ‘Cosa fai?! Vieni qui, vai là’. Tra noi, scherzando, parlavamo un po’ genovese. Il fatto di essere dell’entroterra mi ha aiutato ad avere un po’ di più il genovese nella fase adolescenziale”.

Quali sono i progetti per il futuro?

"Continuo a scrivere canzoni in genovese e in italiano. Ne ho già un paio che vorrei far uscire, sto facendo ora gli arrangiamenti musicali. Poi c’è uno spettacolo che farò al Teatro Govi il 23 marzo che si chiama ‘Donde ti væ?’. È un recital, c’è la musica e ci sono parti recitate. Sarà un po’ in italiano e un po’ in genovese per cercare di trovare il giusto mix che funzioni e che possa arrivare a quelli che parlano poco il genovese ma anche a quelli che lo parlano bene”.

Marco Garibaldi

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