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Attualità | 15 febbraio 2024, 08:00

Testimonial del dialetto - Enrico Canale, il nonno che da anni porta il genovese nelle scuole (Video)

La sua associazione culturale O Leûdo è attiva a Sestri Levante e nel Tigullio nella promozione della lingua ligure tra i più giovani: “Mi avvicino spesso anche a qualche bambino che arriva da lontano e trovo in ognuno tanta buona volontà”

Testimonial del dialetto - Enrico Canale, il nonno che da anni porta il genovese nelle scuole (Video)

Continua il ciclo di servizi de ‘La Voce di Genova’ che abbiamo voluto chiamare ‘Testimonial del dialetto’. Ogni giovedì vi faremo conoscere, o riscoprire, persone e personaggi che promuovono la lingua e la cultura genovese, con orgoglio, impegno, passione e tanto amore. E lo fanno sia in televisione che sui libri, che sui palchi di un teatro, sui social, alle conferenze, con la musica e le canzoni. Mirabile è l’azione di chi spende il proprio tempo per conservare una tradizione, ed ecco perché ci fa enorme piacere raccontarla. Anche attraverso video… ovviamente in genovese! 

Dopo intervista a Gilberto Volpara (si può legge qui) e al professore Franco Bampi (si può leggere qui), oggi parliamo in genovese con Anto Enrico Canale, presidente emerito dell’associazione culturale O Leûdo di Sestri Levante.

L’associazione è attiva da anni nella promozione del genovese nelle scuole, dapprima con Bruno Minardi che ha insegnato il dialetto, soprattutto con poesie e recite, nelle scuole primarie del territorio: partito dalla sua zona, quella di Avegno, Uscio e Recco, per tanti anni ha portato la sua attività in Val Fontanabuona, a Sestri Levante e a Santa Margherita. Ancora oggi l’associazione O Leûdo porta avanti quell’eredità insegnando il dialetto in diversi istituti con i propri volontari.

A Sestri Levante si parla genovese? 

“Il genovese genovese lo lasciamo, come diceva Bruno Minardi, nei caruggi di Genova. Noi parliamo il ‘sestrino’. Proviamo con i giovani, andando nelle scuole da circa 15 anni, a trasmettere questo linguaggio, consegnandogli anche un vocabolario (Gismondi o Bampi). Lo consegnamo alle quarte, quelli un po’ più grandi. Facciamo diverse ore alla settimana (nelle scuole). Ci sono quattro o cinque nonni che fanno il giro della Fontanabuona, a Sestri in via Lombardia e a Riva Trigoso. Devo dire che abbiamo avuto una bella sorpresa in occasione del Confuoco dove due nonne sono riuscite a preparare in tre incontri alcune canzone in genovese cantate dai alcuni ragazzi. Mi ha riempito il cuore”. 

Qual è la reazione dei più giovani che si avvicinano, magari per la prima volta, a questo linguaggio?

“Mi avvicino spesso anche a qualche bambino che arriva da lontano e trovo in ognuno tanta buona volontà, però hanno più difficoltà. Ho invece trovato un ragazzo che andava a scuola con mio nipote che parlava il genovese meravigliosamente. Ho scoperto che lo parlava con la nonna”.

Tanti giovani parlano in genovese proprio per comunicare con i propri nonni. Forse questo è un limite: anche tra i giovani è una lingua parlata poco tra coetanei e tanto con i più anziani.

“Purtroppo quelli della mia età sono stati indirizzati verso l’italiano. Allora se non si parlava italiano eri escluso. Così però si è perso il genovese. Fortunatamente mi è rimasta la base del dialetto, del ‘sestrino’. Dico ‘sestrino’ perché se vai a Genova si pronuncia in un modo, se vieni a Sestri si pronuncia in un altro modo. A Riva Trigoso, a tre chilometri da Sestri, c’è un’altra cocina ancora su alcune parole. Però ci capiamo come dice Bampi”. 

È capitato che qualche ragazzo a cui avete insegnato il genovese nelle scuole poi venisse nuovamente a cercarvi? 

“Recentemente c’è stato un ragazzo di Casarza che vedendomi è venuto a salutarmi parlando in genovese, mi ha fatto piacere”.

Marco Garibaldi

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