‘La musica che ci gira intorno’ è il format de ‘La Voce di Genova’ dedicato alla scoperta e alla valorizzazione della scena musicale ligure, con un focus su artisti locali, eventi, nuovi talenti e le tradizioni sonore della nostra regione. Ogni settimana la musica sarà protagonista, in ogni sua forma e da ogni punto di vista. Qui troverai interviste agli artisti, le nuove uscite discografiche, gli appuntamenti per vedere concerti ed esibizioni live e spazio a chi, con la musica, ci lavora: dai produttori ai fonici, dai musicisti ai gestori di locali, teatri e spazi dove è possibile far sentire la propria voce.
Genova. Città di cantautori, della grande scuola genovese.
Di Paoli e De André, dei Matia Bazar, della nuova scuola fatta di rap, trap e contaminazioni, di Olly e Bresh.
Ma per ogni ‘grande nome’ che raggiunge anche la radio accesa in una casa sperduta nelle valli più remote del territorio italiano, decine di artisti e artiste altrettanto capaci e di grande determinazione affollano il panorama musicale genovese.
Lo sa bene Nino Giustolisi, musicista di formazione classica e ‘creatore di contenuti e appassionato di concerti’, come lui stesso ama definirsi.
Proprio dalla curiosità verso ciò che è musica all’ombra della Lanterna nasce il suo progetto ‘Il testimone della scena’, un modo diverso di raccontare cosa accade nel ventre della città, tra palchi improvvisati e jam session in cui si susseguono strumenti della tradizione ed elettronica.
La passione di Nino per la musica affonda le radici nella sua infanzia, in una casa dove "giravano tanti CD di vari generi, dalla classica fino al pop, al rock". Un imprinting che lo ha portato a studiare il corno prima al conservatorio di Genova, poi a quello della Spezia.
“È uno strumento poco banale, affascinante. In qualche modo mi ha incuriosito, forse anche per la sua forma particolare. A casa strimpello anche un po’ di pianoforte e di chitarra” scherza prima di raccontare il suo ingresso nella Caretta Big Band, protagonista venerdì all’Arena del Mare prima del concerto di Brunori Sas.
“Erano alla ricerca di cornisti per questo progetto che è fatto di brani inediti, strumentali, ma anche di riarrangiamenti di lavori di artisti genovesi. Da poco è stato pubblicato un Ep che abbiamo registrato agli studi Fish e che contiene brani di Irene Buselli, Filo Q, Eames. Questo denota anche il vario repertorio di Caretta che attinge dal rap, dal cantautorato, dal funk, dal jazz”.
Un repertorio che è stato particolarmente apprezzato dal pubblico: “Ci hanno fatto tanti complimenti - prosegue Nino - la gente ci ha fermato entusiasta di sentire finalmente della musica suonata. Fine dell’incubo della trap e del rap, di questi che suonano con le basi” racconta ancora ridendo.
“Non si demonizza niente. Penso possa aver fatto piacere l’energia sul palco e l’ascoltare strumenti inusuali, orchestrali, che non si vedono molto, soprattutto a Genova”.
Musicista che naviga con le ‘tartarughe’, con la passione per il racconto che passa dal web.

Sui social è ‘Il testimone della scena’, cronista della musica, capace di utilizzare ironia e satira per raccontare un fermento culturale ricco di decine di sfumature.
Un archivio di quello che accade a Genova tanto da farlo diventare un punto di riferimento per chiunque voglia scoprire la musica di questa città. “Nonostante si dica che siamo la città dei cantautori e dei rapper, qui c’è di tutto: punk, elettronica, sperimentazione. È una scena viva, serve solo qualcuno che la mostri”.
L’immancabile cravatta rossa compare ovunque: Instagram, YouTube, Facebook, Telegram, di tanto in tanto TikTok. Ogni luogo (seppur virtuale) è ottimo per parlare di musica.
E quando scherzando lo si chiama ‘Vasari degli artisti indipendenti’, Nino ride.
Le sue interviste e mini-docu seguono gli artisti nei loro spazi, dai giardini Govi, prima della chiusura, ai club indipendenti. Ma ciò che rende i suoi contenuti unici è quel mix tra ironia e cultura.
Nei suoi format, come Le Scelte di Megan Taylor o La Cover Sbagliata, il pubblico viene attirato da pretesti ironici come una finta content creator di OnlyFans o cover volutamente stonate e poi guidato alla scoperta di artisti e dischi che difficilmente troverebbero spazio altrove.
Tutto è iniziato nel gennaio 2020: “Ero con un amico e quella sera decidemmo di andare a un concerto alla Claque. All’epoca ero uno studente del conservatorio ed ero incuriosito da questo gruppo che si chiamava Eugenia Post Meridiam. Avevo trovato il loro evento su Facebook. In teatro, sono rimasto molto colpito dall’evento, ma soprattutto dalla presenza del pubblico: era tutto pieno. Per me è stato illuminante e ho pensato di aver sottovalutato Genova. Piano piano ho conosciuto artisti, come Eugenia appunto, e l’ho intervistata via Skype. Quel video si trova su YouTube ed è stato sequestro di persona. Ho intervistato lei e la band, Boccanegra che casualmente avevo contattato. Loro sono stati i primi a dire di si ed è iniziato questo esperimento”.

Col tempo poi è arrivata ‘La cover sbagliata’, video comici realizzato in stile DIY, che omaggiava artisti genovesi attraverso cover suonate male: “Era la storia di una tribute band che viveva mille peripezie - racconta Nino - ma come nei migliori Musicarelli di Albano e degli artisti di quel periodo, alla fine di ogni video c’era la cover suonata malissimo”.
L’incontro con Mr Kenny e Zan, oggi Open Shop 24, fa scattare un’altra scintilla nella mente di Giustolisi: “Cercavano persone per fare un video e chiedevano qualcuno che si mettesse un sacchetto in testa. Ho detto ‘ci sto ma voglio intervistarvi’ ed è venuto fuori un video-documentario, una sorta di ‘un giorno con’, che ha dato origine al format ‘Il testimone della scena’”.
Nei contenuti de Il Testimone della scena, la provocazione non è mai fine a sé stessa: “I video che funzionano di più sono quelli che accendono una discussione. Punk contro trap, chi mi insulta e chi mi ringrazia. È un modo per far parlare di musica, anche fuori dalle bolle”.
“Gioco con il rimando all’immaginario dei social, ‘frego’ chi guarda inserendo in ogni video l’elemento culturale di scoperta” prosegue, dando vita a un metalinguaggio che si fa beffa del web e delle sue etichette per raccontare la cultura.
Dietro le visualizzazioni e i commenti, che spesso sono divisivi in pieno stile social, c’è una missione che va oltre i numeri. Giustolisi non nasconde di studiare i meccanismi dei social per crescere, ma il motore è la passione: “Lo farei anche senza guadagnarci nulla. È un lavoro d’amore per una scena che esiste, ma ha bisogno di spazi, di voce, di qualcuno che la racconti. Perché Genova non è ferma al passato: è viva, e ha bisogno di essere ascoltata”.
“Genova è una città ricchissima, una scena piena di generi musicali che vanno solamente scoperti. Qui però mancano gli spazi. Sono un grande estimatore degli spazi sociali, realtà come quella del Buridda manca e se non ci fosse stato non si sarebbe sviluppata ‘la cover sbagliata’. È importantissimo continuare a mantenere l’idea di uno spazio libero per poter coltivare la scena”.
Con il corno in spalla e la cravatta rossa ben visibile, citazione dissacrante ad Andrea Dipré e al suo essere un personaggio fuori dagli schemi, Nino Giustolisi continua a fare ciò che pochi hanno il coraggio di fare: dare un volto e una storia alla musica che scorre fuori dalle playlist di tendenza, raccontando Genova come non si era mai sentita.









