Attualità - 30 agosto 2025, 18:11

Dal porto di Genova la rotta della speranza: la torinese Maria Elena Delia alla guida della missione italiana verso Gaza

“Un’Italia bellissima: il punto di raccolta genovese di Music for Peace in cinque giorni è stato invaso di cibo" afferma. E aggiunge: "Queste iniziative dovrebbero essere le più pacifiche, non ci dovrebbero essere rischi, ma sappiamo che così non è"

Dal porto di Genova la rotta della speranza: la torinese Maria Elena Delia alla guida della missione italiana verso Gaza

Un carico di umanità senza precedenti è pronto a salpare da Genova: oltre duecento tonnellate di beni alimentari ed essenziali, raccolti in pochi giorni a Genova, partiranno domani dal porto alla volta di Gaza con la Global Sumud Flotilla, la più grande iniziativa umanitaria e indipendente diretta verso i territori palestinesi colpiti dalla guerra.

A coordinare la missione italiana è Maria Elena Delia, torinese, che alla vigilia della partenza sottolinea la straordinaria risposta arrivata da tutta la penisola: “Un’Italia bellissima. Il punto di raccolta di Music for Peace in cinque giorni è stato invaso di cibo, tanto che è stato necessario trovare altri magazzini per stiparlo. Un aiuto fondamentale è arrivato dai volontari: c’è chi è partito dall’Umbria o dalla Sardegna per arrivare qui”.

Dalla Lanterna, crocevia della storia e dei traffici del Mediterraneo, leveranno domani l’ancora decine di imbarcazioni con a bordo attivisti, medici, avvocati, esponenti del mondo politico, religioso e dell’informazione provenienti da tutto il mondo. La rotta prevede una prima tappa in Sicilia, dove la flotta si unirà ad altre imbarcazioni partite da Barcellona, Tunisi e Grecia. Navigando esclusivamente in acque internazionali, l’obiettivo è raggiungere la Striscia entro una decina di giorni e riaprire simbolicamente un corridoio umanitario, oggi chiuso dopo lo stop al valico di Rafah e al transito dei camion dell’ONU.

Un entusiasmo, per Della, che ora lascia spazio al peso di una missione ad alto rischio: “Queste iniziative, paradossalmente, dovrebbero essere le più pacifiche, non ci dovrebbero essere rischi, ma sappiamo che così non è. Succede però che la marina militare israeliana arriva in acque internazionali e cerca di fermare le avanzate di queste barche. Noi siamo persone normali che hanno un lavoro e una famiglia: non siamo eroi, è naturale avere paura. Ma ci sono momenti della storia dove non si può non esporsi. Quello che sta avvenendo a Gaza va oltre”.

Il viaggio non mira soltanto a portare cibo e medicinali, ma anche a sollecitare la politica internazionale: "Chiederemo che vengano riaperti i corridoi dell’ONU, che si metta la parola fine al genocidio e che venga interrotto l’invio di armi. Occorre che la politica prenda le distanze dalle scelte di Israele, che dal 2006 tiene sotto assedio la Striscia di Gaza”.

Redazione

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