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Economia | 29 luglio 2021, 07:00

La Sopraelevata di Genova si rifà il trucco con la street art: quando l’arte scende in strada

Attraverso il progetto Repicta, affidato a maestri dello street art internazionale e nato nell’ambito degli interventi di manutenzione della Sopraelevata, si è pensato di unire l’utile al dilettevole

La Sopraelevata di Genova si rifà il trucco con la street art: quando l’arte scende in strada

Da qualche giorno sono partiti i lavori per il rifacimento della Sopraelevata Aldo Moro, inseriti in un progetto di rigenerazione urbana secondo lo stile street art. Come spiega Barbara Grosso, assessore alle Politiche culturali, sarà rifatta un’arteria principale della città in chiave artistica che potrà sfoggiare un look colorato e stimolante.

Stiamo parlando di una strada a scorrimento veloce che ricopre una grande importanza nella città ligure. Le grandi metropoli stanno cambiando volto e l’urbanistica viene ripensata in chiave pratica ma anche estetica.

Il capolavoro di street art del progetto Repicta

Il progetto Repicta, che in latino significa “Ridipinta”, è stato affidato a maestri dello street art internazionale. È nato nell’ambito degli interventi di manutenzione della Sopraelevata Aldo Moro e si è pensato di unire l’utile al dilettevole.

Si è iniziato con il tratto che dallo svincolo della Sopraelevata porta a via delle Casaccie, che non è interessato dai lavori. C’è stato bisogno di un grande lavoro preparatorio per la varietà delle superfici interessate dal progetto.

Per prima cosa si è proceduto con l’idropulizia a caldo delle pareti, dopodiché è stato steso il fondo dove l’artista Greg Jager porterà a termine il suo lavoro, con l’aiuto e l’assistenza tecnica dell’associazione Linkin’art, entro la fine del mese.

La seconda parte del progetto dovrebbe partire il prossimo anno, quando saranno ultimati i lavori di manutenzione.

Dalla pop art di Andy Wharol alla street art di Jean Michel Basquiat

Non è la prima volta né sarà l’ultima che l’arte scende in mezzo alla strada in contesti urbani e metropolitani. Tra i primi a fare uscire l'arte dei musei fu Andy Wharol, padre fondatore dalla pop art, abbreviazione di “popular art”.

Wharol rivoluzionò il mondo dell’arte con un movimento partito dal basso, mischiandosi con il grande pubblico di massa. La sovraesposizione ed in un certo senso lo scherno del consumismo sfrenato divennero i temi principali delle sue opere.

Il fondatore della vera e propria street art, cioè l’arte che si riversa nelle strade, nelle metropolitane e nei muri delle grandi metropoli è però considerato Jean Michel Basquiat, che ebbe un rapporto molto intenso e a tratti burrascoso proprio con Andy Wharol.

Basquiat dall’età di 17 anni realizzava i suoi graffiti per le strade di New York firmandosi come SAMO e, dopo l’incontro con Wharol, la sua carriera da artista da strada iniziò a decollare.

Il fenomeno Obey

Al momento il principale esponente della street art moderna è considerato Frank Shepard Fairey che ha dato vita al brand Obey. Se ti interessa avere un’ampia panoramica del catalogo prodotti del brand puoi consultarlo sul sito https://www.urbanjunglestore.com/it, leader nel mercato e-commerce e specializzato nella vendita di prodotti streetwear.

Anche Fairey “gioca” sul concetto di consumismo smodato che quasi ci obbliga ad acquistare. All’inizio, come tutti gli artisti rivoluzionari e precursori dei tempi, fu difficile per Fairey farsi notare. In realtà sin da ragazzo si divertiva a stampare e ritagliare più di un milione di adesivi da appiccicare ovunque: sui pali delle luci, sui muri, sulle telecamere, sulle saracinesche ed in tanti altri contesti urbani.

Fu però il progetto “Obey Giant” che diede visibilità e successo a Fairey. Il tutto nacque quasi per caso quando un giorno nel 1989 gli capitò sott’occhio la foto di Andrè the Giant, uno dei più famosi lottatori di wrestling di quel tempo.

L’artista decise quindi di lanciare una campagna intitolata “Andrè the Giant Has a Posse”, con tanti adesivi che iniziarono a comparire in diverse città degli Stati Uniti. L’adesivo era caratterizzato dal faccione di André the Giant dallo sguardo magnetico ed ipnotico.

Quell’adesivo di fondo non aveva un vero e proprio significato, ma spingeva più che altro la gente ad obbedire a qualcuno o a qualcosa. A chi e perché era una scelta delle persone, ma l’intento di Fairey era soprattutto smuovere le coscienze umane e svegliarle dal torpore sociale dettato dal consumismo

 

 

 

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