Sono mamme (ma anche papà) sempre con la valigia in mano. Sono i genitori di Mamme di cervelli in fuga (mammedicervellinfuga.com), il blog, fondato dalla sociologa Brunella Rallo, che da un anno raccoglie notizie, suggerimenti e “pianti” di madri e padri che hanno i figli “expat”, cioè espatriati per studio e lavoro, i cosiddetti “cervelli in fuga” insomma. E tra questi ci sono anche tante mamme liguri. Ne è emerso uno studio interessante, mai condotto prima, sull’essere genitori a distanza.
Brunella, ti chiedo, da sociologa: questo blog costituisce uno studio sociologico?
Ormai i blog sono diventati una delle fonti alternative di raccolta dati, perché in qualche modo garantiscono anche l’anonimato e perché le analisi qualitative stanno prendendo molto piede insieme a quelle etnografiche, cioè basate sul racconto delle persone, Le usiamo per una serie di brevi articoli sul blog e per fare uno zoom su piccoli fenomeni legati ai giovani italiani migranti, perché se dal punto di vista, per così dire, pubblicistico e di studi sul fenomeno di giovani migranti c’è tanta attenzione e tanta letteratura nazionale e internazionale, nessuno, prima di questo blog, aveva considerato le famiglie che restano in Italia, né dal punto di vista sociologico né storico.
Come vivono i genitori questi distacchi?
L’anno scorso abbiamo pubblicato un articolo, Genitorialità a distanza le famiglie italiane dei giovani expat, all’interno del rapporto di Migrantes, e tratto da un breve saggio, in cui, attraverso un sondaggio online e l’analisi delle lettere e dei post che ci arrivano, abbiamo delineato quattro profili genitoriali. Non tutti, infatti, reagiscono allo stesso modo al distacco: se sui sentimenti c’è una certa uniformità, e si prova orgoglio per l’autonomia dei figli, c’è qualcuno che ha rabbia verso il governo italiano, che non trattiene i talenti in patria.
Che aspettative hanno i genitori?
Anche le aspettative, sono diverse. Fermo restando che c’è grande nostalgia e desiderio di stare insieme e ricostruire il nucleo famigliare, molte famiglie manifestano atteggiamenti diversi, dall’essere felici e consigliare i figli di restare all’estero, se qui non ci sono aspettative, all’aspettativa tradizionale, che tornino, fino alla volontà di voler trasferirsi dai figli.
Dal punto di vista economico cosa significa avere figli all’estero?
Da un mese abbiamo lanciato un’inchiesta online per fare la prima indagine nazionale sui costi delle famiglie dei giovani migranti. Quando mi costa mio figlio all’estero? Si tratta di un’economia della famiglia che cambia, non solo per gli esborsi per pagare l’Università, la casa e i trasporti, ma anche per il costo che i genitori sostengono per andare a trovare i figli. Senza dimenticare che anche quando tornano a casa il menage famigliare cambia e aumenta la spesa: dal riempire il frigorifero a prestare l’auto col pieno di benzina. Non sono cifre trascurabili. Si tratta di un pezzo di economia che va, per così dire, in esportazione. Il questionario è declinato per chi ha figli all’estero, ma anche in Italia e si sposta tra sud e nord e centro.
Stiamo passando alla famiglia transnazionale?
Questo tema è ricco di studi e analisi, ma non sull’Italia. Ci si occupa degli europei dell’est e degli asiatici che vengono qui, ma non esiste un focus sull’Italia. Ci proviamo noi col blog, che è uno spazio ricco di consigli, informazioni, e sfoghi di mamme.
Cercherai di fare rientrare più cervelli possibile in Italia?
Sto pensando a qualcosa di propositivo: vorrei provare a ragionare su una proposta per il rientro di almeno una parte di migranti che non siano ricercatori universitari, perché per loro o chi ha alte qualifiche aziendali, ci sono dei dispositivi di legge per dare in cambio una detrazione fiscale. Quindi sono limitati nel target e nell’incentivo, perché chi non rientra in questa categoria di classici cervelli in fuga, sono fuori 2001 dalle menti dei nostri governanti dal 2001 in poi. Invece qualcosa si può fare.
Non rientrano, almeno per ora, i due figli di Daniela, un geologo e una manager della ristorazione, trasferitisi rispettivamente in Francia e in Inghilterra, per avere più opportunità sia per mantenere la famiglia, sia per fare carriera. Daniela è una genovese iscritta a “Mamme di cervelli in fuga” insieme a tante altre donne liguri che hanno i figli in giro per l’Europa.
Daniela, come fate a ritrovarvi tutti insieme nello stesso posto?
Quando ci riuniamo è divertente, perché sono presenti partner di nazioni diverse: si parla un po’ inglese, francese e spagnolo. Noi siamo genitori giramondo, in macchina verso la Provenza e in aereo verso Londra. E intanto lavoriamo, per cui la gestione è complessa. E ci domandiamo come faremo da anziani, perché i genitori con la valigia in mano hanno questo problema. E siamo ancora fortunati rispetto a chi ha i figli negli Usa.
Cosa consigli ai genitori di figli in partenza?
Di stare vicini ai figli emotivamente, di essere sempre dalla loro parte. La loro vita si dipana diversamente, non ci si può fare molto. D’altra parte il mondo si è allargato e se qui non trovano soddisfazione, è giusto trovino la propria strada fuori. Quando vanno via ovviamente si piange e si pensa a quando da anziani non si potrà raggiungerli, ma se la situazione fosse stata diversa sarebbero rimasti qua, anche perché non è facile vivere all’estero.