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Attualità | 27 marzo 2021, 16:30

Scuola, parla il direttore generale Acerra: "Un anno d’impegno ma anche di grandi risultati"

Il responsabile per la Liguria, primo referente del ministero dell’Istruzione nella regione, fa il punto tra riaperture, ipotesi di didattica in estate e la strategia per le aree interne

Scuola, parla il direttore generale Acerra: "Un anno d’impegno ma anche di grandi risultati"

“È stato un anno di grande impegno ma anche di grandi risultati”: in epoca d’emergenza sanitaria non c’è un settore che è stato stressato e messo alla prova come quello della scuola, non c’è un settore che ha dovuto tanto radicalmente cambiare, trasformare ed evolversi dando un’importante e decisa accelerata a progettualità che erano in cantiere da tempo. È vero che il Covid ha sparigliato tutte le carte, ma è altrettanto vero che proprio la pandemia ha rappresentato un’opportunità per intraprendere certi percorsi, per sbloccare alcuni processi che stavano perdendosi nella burocrazia e nella lentezza.

In Liguria, alla guida di tutto ciò, c’è dallo scorso maggio il professor Ettore Acerra, professionista dal lunghissimo curriculum nel mondo della scuola, già importante funzionario ministeriale e giunto nella nostra regione in piena prima ondata della pandemia a ricoprire il delicato ruolo di direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale (vale a dire l’ex Provveditore agli studi). Acerra in sostanza è la persona di riferimento in Liguria per quanto riguarda il ministero dell’Istruzione e la scelta è stata assai buona perché non solo ha saputo guidare il vascello scuola fuori dalla peggiore tempesta che sia mai capitata, ma è anche un profondo e preciso conoscitore di quel filone legato all’istruzione che è contenuto dentro la strategia nazionale delle aree interne.

Il periodo dell’emergenza più acuta

È proprio con Acerra quindi che facciamo il punto sulla scuola ai tempi del Covid, sulle prospettive del post, sulle zone dell’entroterra. “Sono arrivato lo scorso maggio - ricorda Acerra - e subito il lavoro è stato moltissimo, perché la scuola è il settore che più di tutti ha risentito dell’emergenza sanitaria. Il lockdown di marzo e aprile 2020 ha imposto la didattica a distanza per tutti, ed è proprio qui che la scuola si è trovata di fronte alla sua prima grandissima sfida: quella cioè di organizzare, ma anche di garantire per tutti le lezioni online. C’è stato poi il tema degli esami, specialmente quelli di maturità, poi il tema di come riorganizzare gli spazi in vista della ripartenza di settembre. Poi sono arrivate la seconda e la terza ondata del virus: il tutto con una continua necessità di rimodularsi, e l’obbligo di doverlo fare sempre in tempi assai ristretti”.

La Liguria, non essendo mai andata in rosso salvo il periodo di Natale in cui era in rosso tutto il Paese e in cui comunque le scuole erano chiuse, ha subito meno contraccolpi rispetto ad altre regioni: “Da noi - prosegue Acerra - il primo ciclo è sempre stato mantenuto in presenza, a parte qualche piccolo lockdown a La Spezia e a Imperia e a parte le quarantene delle singole classi, caso per caso. Il secondo ciclo invece, cioè quello degli studi superiori, ha pagato il prezzo più caro, tra periodi di didattica in presenza, e comunque parziali, e periodi di didattica a distanza. È un’alternanza che certo non ha fatto e non fa bene, e che purtroppo lascerà i suoi strascichi. Non è che in Dad manchino i contenuti formativi, ma è proprio che seguire è più difficile, a cominciare dai problemi di connessione e di disponibilità dei supporti tecnologici. L’auspicio è che, dopo Pasqua, si possa tornare a una didattica in presenza anche per il secondo ciclo”.

Le possibili riaperture dopo Pasqua

È quello che ha sostenuto in settimana anche il premier Mario Draghi che ha parlato prima al Senato e poi alla Camera dell’emergenza sanitaria e delle strategie del governo: “Mentre stiamo vaccinando, è bene cominciare a pianificare le aperture, - ha detto Draghi - noi stiamo guardando attentamente i dati sui contagi, ma insomma se la situazione epidemiologica lo consentirà, la scuola aprirà in primis, anche nelle zone rosse. Cominceremo a riaprire le scuole primarie e la scuola dell’infanzia anche nelle zone rosse allo scadere delle attuali restrizioni, ovvero speriamo subito dopo Pasqua”.

Secondo Acerra “la pandemia ha permesso d’imparare comunque molto, a cominciare da un corretto e finalmente ampio utilizzo dei metodi dell’autonomia scolastica. La scuola ha tradizionalmente avuto un sistema piuttosto rigido. Ma, sin dallo scorso marzo, sono entrati in gioco strumenti importanti e ormai irrinunciabili: abbiamo varato le modalità d’insegnamento interattive, abbiamo imparato a utilizzare le tecnologie molto meglio di prima, e non è stato semplice perché gli insegnanti non sono dei nativi digitali”. Il direttore generale individua tre percorsi: “Le strutture più flessibili; l’implementazione della didattica a distanza; l’utilizzo delle piattaforme tecnologiche. È chiaro che la scuola del futuro sarà anche questa e che non si potrà più tornare indietro, anche quando l’emergenza sanitaria sarà terminata”.

Scuole aperte in estate: il dibattito è aperto

Intanto la prospettiva più vicina è quella dei prossimi mesi: il dibattito sul tenere le scuole aperte sino alla fine di giugno è ancora molto vivo. Secondo Acerra “non si tratta di cambiare il calendario delle lezioni, perché le scuole fanno già parecchie attività in estate. L’ambizione è di poter fare qualcosa di diverso”. Qualche esempio? “Penso ad attività in parte volontarie e in parte obbligatorie, da non vedere come una costrizione, bensì come un’opportunità. In Liguria, dov’è forte la tradizione dei centri estivi, c’è anche un modello valido dal quale prendere spunti. Penso ad attività laboratoriali, a lezioni aperte sui vari territori, ad attività artistiche e sportive. Al netto dei passaggi formali con il ministero, queste aperture sono ipotesi sulle quali si può lavorare e che sono fattibili. Anche per gli studenti e per le loro famiglie, queste devono essere viste come l’opportunità di avere un piano integrato di attività personalizzate”.

La strategia per le aree interne

Quanto alle aree interne la strategia nazionale vede proprio in Acerra il referente del settore scuola per la Liguria: l’istruzione infatti è uno dei capisaldi di quel piano complessivo che partì col ministro Fabrizio Barca all’epoca del governo Monti. Una delle aree interne interessate, e anche tra quelle più avanti a livello esecutivo, è quella denominata Valli dell’Antola e del Tigullio che comprende i comuni di Bargagli, Borzonasca, Davagna, Fascia, Fontanigorda, Gorreto, Lumarzo, Mezzanego, Montebruno, Ne, Propata, Rezzoaglio, Rondanina, Rovegno, Santo Stefano D’Aveto e Torriglia. Un documento redatto dall’Anci Liguria, ovvero la sezione regionale dell’Associazione nazionale dei comuni italiani, che si occupa di coordinare a livello tecnico tutto il percorso di valorizzazione delle aree interne, indica i traguardi raggiunti e quelli ancora da raggiungere. Qualcosa è stato fatto, qualcosa resta ancora da fare, ma la linea è tracciata.

Riguardo all’istruzione la strategia nazionale per le aree interne prevede, relativamente alle Valli dell’Antola e del Tigullio: promuovere negli studenti specifiche competenze e conoscenze orientate al territorio; sperimentazione di metodi didattici innovativi e diffusione di nuovi modelli di interazione didattica; miglioramento delle competenze linguistiche; potenziare le competenze in ambito matematico, scientifico e tecnologico, inclusa la robotica. “Gli obiettivi della strategia - osserva Acerra - sono molti e tutti molto ambiziosi. È fondamentale frenare lo spopolamento delle valli e la scuola è uno dei punti nevralgici. Certo, dovrà essere una scuola sempre più legata ai singoli territori, ad esempio legata alla filiera agricola e agroalimentare, legata alla tutela dell’ambiente, legata al turismo. Il ministero stanzia tre milioni e 780.000 euro per ogni area interna, e oltre a questi ci sono dei fondi europei che sono gestiti direttamente dalla Regione Liguria. Al momento abbiamo investito soprattutto nel primo ciclo dell’istruzione, cercando anzitutto di potenziare la banda larga. Le scuole dovranno avere ambienti sempre più idonei all’apprendimento e dovranno esser capaci di stare sempre più in rete con gli altri servizi, come ad esempio i trasporti e la sanità. Per questo la strategia deve andare avanti di pari passo”.

Stando al report dell’Anci “Regione Liguria ha proceduto allo stanziamento della prima anticipazione dei fondi destinati a questo ambito. Si è data la precedenza all’acquisto dei materiali tecnologici, che sono stati messi a disposizione dei discenti e dei docenti per le attività di didattica a distanza”. Questi sono gli obiettivi una volta che si potrà tornare pienamente a una didattica di tipo tradizionale: realizzazione di corsi/progettualità per l’acquisizione di competenze legate al territorio; apertura pomeridiana di alcuni plessi scolastici finalizzata all’ampliamento dell’offerta formativa; realizzazione di attività in coordinamento con enti esterni alla scuola, volte a promuovere la difesa ecologica del territorio e lo sviluppo di competenze trasversali; migliorare le competenze linguistiche in lingua madre o nella lingua di istruzione; potenziare le competenze in lingua straniera; potenziare le competenze degli studenti in ambito matematico, scientifico e tecnologico.

C’è molto lavoro da fare ma i percorsi sono avviati: superata la crisi generata dalla pandemia forse tutto il resto sembrerà un po’ più in discesa.

Alberto Bruzzone

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