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Attualità | 02 settembre 2023, 18:00

Nuovo romanzo per Cinzia Leone: “Giro il mondo, ma poi vengo a scrivere in Liguria”

La scrittrice ha pubblicato ‘Vieni tu giorno nella notte’, una storia ambientata in Israele, paese al quale è legata. Presentazione venerdì prossimo nell’ambito del Festival della Comunicazione di Camogli

Nuovo romanzo per Cinzia Leone: “Giro il mondo, ma poi vengo a scrivere in Liguria”

 “Non faccio come Salgari, nel senso che io se devo scrivere di un luogo, c’è bisogno che prima lo abbia visitato. Poi, però, quando si tratta di scrivere, il mio posto preferito è la Liguria, la mia casa di Camogli”. Anche Cinzia Leone, come tanti altri giornalisti e scrittori, ha nel borgo del Golfo Paradiso il suo ‘buen ritiro’: funziona come angolo di relax, ma anche di concentrazione in vista degli impegni pubblici.

In questo periodo sta girando parecchio l’Italia, per presentare il suo ultimo libro: s’intitola ‘Vieni tu giorno nella notte’, è edito da Mondadori e, tra le prossime date, ce ne saranno due dalle nostre parti: venerdì 8 settembre alle ore 18,30 al Barcollo - Barracuda di Camogli, nell’ambito del Festival della Comunicazione (con intervista di Mirella Serri); giovedì 21 settembre alle ore 18 a Wylab a Chiavari. Entrambi gli appuntamenti sono a ingresso libero. 

Cinzia Leone, ‘Vieni tu giorno nella notte’ arriva dopo il successo di ‘Ti rubo la vita’, che le è valso anche il Premio Rapallo per la Donna scrittrice. Che storia ha voluto raccontare questa volta?

“Il romanzo, ambientato in Israele, comincia con un ragazzo, di nome Arièl, che viene trovato morto dopo che c’è stato un attentato in un locale di Tel Aviv. I suoi genitori, Micòl e Daniel, partono dall’Italia per andare a recuperarlo, ma questo non è possibile perché i resti di Arièl si sono confusi con quelli del suo attentatore. Con i genitori c’è anche la nonna di Arièl, Stella, che compariva anche nel precedente romanzo e che è il punto di contatto con il libro precedente, anche se naturalmente questa è una storia completamente autonoma”. 

Leggendo le prime pagine, si scopre che Arièl era omosessuale. Questa è una parte centrale della storia.

“È un po’ quello che mi ha fornito lo spunto. Israele è l’unico paese gay-friendly del Medio Oriente, quindi le persone omosessuali scappano dai paesi vicini per venire a rifugiarsi qui. Ufficialmente, quelli che scappano sono circa un centinaio, ma la cifra ufficiosa arriva anche a mille e cinquecento. Io ho incontrato otto di queste coppie: sapevo poco o nulla di questa storia, e invece l’ho studiata e approfondita moltissimo. Volevo raccontare la storia di un amore contrastato, come quello di Giulietta e Romeo: non a caso il titolo del libro è una frase di Shakespeare”.

Amore a tutti i livelli, non solo tra Arièl e il suo compagno.

“Quello degli omosessuali è uno spunto. Molti si rifugiano in Israele, ma poi vogliono andarsene, ad esempio in Canada. Io ho fatto un reportage da un paese dove possono vivere in tranquillità, ma ci sono ancora troppi paesi dove i gay possono anche essere uccisi, solo per il fatto di essere così. Quanto agli altri amori, sì ci sono nel romanzo: l’amore della mamma verso il figlio, gli amori difficili, l’amore che sta dentro un’amicizia. Il vero tema è l’esplorazione di tutti questi sentimenti, così come una grande rielaborazione collettiva di un lutto. La storia inizia con un ragazzo che ha perso la vita, ma è un completo inno alla vita”. 

 

Tutti cercano Arièl, dove possono trovarlo.

“Non solo. Racconto la storia di tre mamme che riescono a ritrovare i loro figli negli occhi di chi ha voluto loro bene. Spesso dei nostri figli sappiamo poco. Ma le persone non si perdono, siamo noi che pensiamo di averle perdute. Alla fine di questa storia, ciascuno avrà scoperto qualcosa di se stesso e della sua identità. Avremo anche scoperto che nelle lingue europee non esiste una parola per definire i genitori che hanno perso i loro figli. In ebraico e in arabo esiste, è la lezione di sensibilità che ci arriva da queste due culture”.  

Nel libro c’è poi il piano della guerra.

“Israele è l’altra protagonista: una terra contrastata, intrisa di rivalsa, ma anche il pozzo delle identità, la culla delle tre religioni. Per me, che sono di mamma ebrea e papà italiano, il tema delle identità è fortissimo: mamma e papà, nella mia famiglia, dimostrano che si può arrivare da storie completamente differenti eppure trovare punti di contatto, senza che nessuno perda nulla a discapito dell’altro”. 

Israele è un paese moderno, con un’età media molto bassa.

“La città dei giovani è Tel Aviv, una delle città con maggiore fermento al mondo. Sembra tranquillamente di stare a New York o a Miami. Gerusalemme, invece, è la tradizione, è il luogo intatto dove tutto è storia e spiritualità. Israele è l’unico paese democratico del Medio Oriente, completamente diverso da tutto quello che c’è attorno: anche per questo va sempre difeso. La temperatura di un paese democratico è data da come sono trattate le donne e gli omosessuali”. 

Alberto Bruzzone

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