Resilienza: un termine che spesso, a volte troppo, si sente pronunciare nei più disparati ambiti. Letteralmente, si tratta della capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi; nello specifico, riguarda la forza e la resistenza di chi ha creduto di tenere in piedi uno spazio in Valpolcevera dove la cultura e l’arte sono protagoniste: il Teatro Rina e Gilberto Govi. La struttura che oggi tutti conosciamo è figlia di una storia lunga decenni, che ci ha raccontato Gilberto Lanzarotti, presidente dell'associazione che sostiene e che porta il nome del teatro: “Al Govi sono arrivato tanto, tanto tempo fa, quando ero coordinatore alla cultura: All'epoca, esistevano ancora i comuni di Bolzaneto e Pontedecimo, e il Cinema Teatro Verdi stava ormai entrando in declino. Chi lo gestiva era agli sgoccioli e, come mi hanno sempre detto, quando un teatro inizia a proiettare film pornografici, significa che è vicino alla chiusura” spiega il presidente. Il teatro rimase inattivo per quasi dieci anni, con una promessa di restaurazione che sembrava non concretizzarsi mai.
Nel frattempo, diversi interessi economici si affacciarono sull'immobile: "Abbiamo scoperto che c'erano trattative per trasformarlo in un supermercato o addirittura in un parcheggio multipiano. Ci siamo indignati e, come membri di varie associazioni, ci siamo uniti per fondare l'Associazione Amici del Teatro Rina e Gilberto Govi, il cui atto costitutivo risale al gennaio 1999". L'obiettivo era chiaro: impedire il cambio di destinazione d'uso e salvaguardare la vocazione culturale del teatro.
Fortunatamente, la giunta comunale di allora comprese l'importanza del progetto e decise di investire nel recupero del teatro. “Nel febbraio del 2007 abbiamo finalmente inaugurato il nuovo Teatro Govi. E da allora non ci siamo mai fermati - racconta ancora Lanzarotti -. Anche durante il periodo di chiusura per la pandemia, l'associazione ha ‘approfittato’ per ristrutturare ulteriormente la struttura, con l'obiettivo di renderla sempre più accogliente e funzionale. Ancora oggi abbiamo in disuso la galleria che può benissimo offrire novanta posti a sedere, ma speriamo di riuscire a riaprirla per la prossima stagione 2025-2026”.
La gestione, tuttavia, non è sempre stata semplice: "Eravamo una quarantina di persone all'inizio, ma siamo rimasti in quindici, quelli che io chiamo 'gli irriducibili'. Oggi siamo una squadra affiatata, dai responsabili artistici a quelli amministrativi, fino all'addetta stampa e tutti volontari. Finalmente il Comune di Genova si è accorto che lavoriamo seriamente e per il bene della collettività".
Nonostante le difficoltà, Lanzarotti non ha mai pensato di mollare: "Abbiamo avuto momenti difficili, ma abbiamo tenuto duro. Certo, questo impegno ha influito anche sulla mia vita privata: gestire un teatro significa sacrificare i weekend e il tempo con la famiglia, ma la soddisfazione di vedere il teatro vivo e apprezzato ripaga di tutto".
Uno dei problemi principali rimane il coinvolgimento del pubblico locale: "Se avessi dovuto contare solo sui bolzanetesi, il teatro avrebbe chiuso dopo sei mesi. Abbiamo spettatori da tutta la Liguria e oltre, ma pochi del quartiere. Questo mi amareggia, perché offriamo spettacoli di grande qualità. Eppure, quando abbiamo avuto ospiti come Antonella Ruggiero o Alex Britti, le telefonate sono arrivate da tutta Italia, mentre chi abita a pochi metri dal teatro è difficile da smuovere”.
Nonostante tutto, il Govi continua a crescere, facendo rete con altre realtà culturali della città. "Facciamo parte di Genovateatro, un'iniziativa comunale che mette in rete i teatri per promuovere l'offerta culturale. Noi, essendo un teatro comunale, siamo particolarmente attenti al sociale: le associazioni del territorio possono richiedere l'uso gratuito del teatro per le loro manifestazioni”.
In questi anni, Lanzarotti e lo staff hanno avuto modo di collezionare tanti momenti da ricordare: “Subito dopo il Covid abbiamo riaperto con fatica, ma poi la ripresa è stata costante, con numerosi sold out. Nel nostro settore nessuno ha la sfera di cristallo per prevedere quali spettacoli avranno successo. Personalmente, seguo sempre una filosofia: è difficile, ma fondamentale, cercare di entrare nella testa del pubblico, capire i suoi desideri e le sue aspettative, anziché basarsi solo sul proprio gusto personale. Con gli anni e l’esperienza, si sviluppa un’intuizione che permette di ridurre gli errori, anche se qualche spettacolo, per scarsa affluenza, è stato annullato. D’altronde, non si può prevedere tutto: il maltempo, un imprevisto, o la scelta di un artista poco conosciuto possono influire sul risultato. Inoltre, lavorare a Genova non è come lavorare a Milano, Torino o Roma: il pubblico genovese è notoriamente diffidente. Tuttavia, una volta conquistata la sua fiducia, il ritorno è assicurato. E devo dire, senza presunzione, che nel tempo abbiamo ricevuto molte attestazioni di stima e apprezzamento per i nostri spettacoli e gli artisti che abbiamo portato in scena”.