‘La musica che ci gira intorno’ è il format de ‘La Voce di Genova’ dedicato alla scoperta e alla valorizzazione della scena musicale ligure, con un focus su artisti locali, eventi, nuovi talenti e le tradizioni sonore della nostra regione. Ogni settimana la musica sarà protagonista, in ogni sua forma e da ogni punto di vista. Qui troverai interviste agli artisti, le nuove uscite discografiche, gli appuntamenti per vedere concerti ed esibizioni live e spazio a chi, con la musica, ci lavora: dai produttori ai fonici, dai musicisti ai gestori di locali, teatri e spazi dove è possibile far sentire la propria voce.
Genova è come un tatuaggio fatto da ragazzino: ti resta addosso, ogni tanto te ne vergogni, ma di spendere soldi per farlo rimuovere non ci pensi neanche. Lo sa bene Previtz, Stefano Previtera all’anagrafe, che incarna profondamente l’essenza della città che lo ha visto nascere, crescere e diventare grande. Appassionato di musica da sempre, e da sempre musicista impegnato con varie realtà locali (una su tutte: KiwiBalboa), ha deciso di raccogliere in un EP le canzoni che ha scritto da solo e di lasciarle libere di viaggiare in rete e, forse, anche di essere suonate su qualche palco.
“Previtz è il soprannome del liceo” confessa, una scelta ‘zero sbatti’ che però torna sempre a bussare alla porta di quella genovesità che vuole le proprie certezze davanti, a cui aggrapparsi quando il vento troppo forte cerca di spostarla.
L’esperienza solista nasce “per provare qualcosa di nuovo, anche durante il periodo del Covid: quello è stato un momento di rottura per tutte le band, non si poteva suonare insieme, non si poteva far niente. E così ho fatto quello che hanno fatto un po’ tutti in quel periodo: ho partorito delle cose da solo, e quelle cose sono finite in un disco. L’idea è nata nel 2021, l’anno successivo ho iniziato a scrivere, nel 2023 era pronto. Alcuni pezzi dovevano finire nel progetto con la mia band, ma poi hanno cambiato strada”.
Tutti i brani sono scritti e suonati da Previtz, “a parte la batteria, che è opera di Lorenzo Paul Santagada. Abbiamo registrato al Greenfog Studio di Mattia Cominotto, ma d’altronde siamo a Genova” e Genova, si sa, ha punti di riferimento ben precisi quando si tratta di musica. Le fonti d’ispirazione, però, possono essere molteplici: “Il primo singolo, Why, nasce nell’estate 2023. Ero a casa, la radio passava canzoni latinoamericane estive, i classici tormentoni. Mi è venuto il nervoso, perché queste sono proprio le canzoni che odio… e allora ho pensato di scrivere una canzone triste, ma dal ritmo reggaeton. Volevo dare una dignità a questo ritmo, alla fine mi sono preso bene ed è nato il pezzo”.
Il secondo singolo, La sincerità, è stato pubblicato ieri, venerdì 30 maggio, e anche se ha abbandonato il ritmo da hit estiva non si scolla dalla nostalgica attitudine dell’artista genovese. Per ascoltare il resto dell’EP bisognerà aspettare il 13 giugno, data di uscita ufficiale.
Ma per una persona abituata a far tutto in gruppo, com'è stato lavorare da solo? “È stato molto bello in realtà - spiega ancora Previtz -. Non dover uscire di casa la sera sotto la pioggia, non dover andare a provare, tirare giù un’idea e fare tentativi per vedere come suona è stato divertente e anche liberatorio. Per capire se poi i pezzi avrebbero funzionato anche dal vivo ho chiamato gli altri Balboa e solo a quel punto ho registrato tutto quanto”. Anche la produzione artistica è completamente opera di Stefano: “Non c’è stato margine di modifica - scherza - ho chiesto che i brani uscissero proprio come li avevo pensati”.
A proposito di live, al momento non ci sono date fissate a Genova: “Di solito chi realizza il proprio progetto non vede l’ora di suonare dal vivo, ma in questo momento non ho questa urgenza - ammette -. Forse non sento il bisogno di avere la risposta del pubblico perché è stata più un’esigenza di buttare fuori quello che avevo dentro. Poi, come penso accada a tutti, in qualche modo questo è un disco ‘già vecchio’: sono canzoni nate qualche anno fa, e ora sto vivendo altri momenti e altri ne arriveranno. Fissare date, poi, è un lavoro complesso: ci vuole tempo per trovare gli spazi, tempo per fare le prove, per spostarsi. In qualche modo è come se fosse un lusso che, superata una certa età, difficilmente ci si può permettere se non ad alti livelli”.
In fondo si sa che chi scrive lo fa per passione, necessità e urgenza, ma poi si deve scontrare con il fatto che spesso ad ascoltare il frutto di notti insonni e ore di lavoro sono amici, genitori e persone che ti conoscono. “Devo però dire che Why ha avuto una buona risposta nonostante ci sia un mare di gente che fa dischi che interessano poco o nulla alla maggior parte del mondo”. Può sembrare cinismo ma, se poi ci si pensa bene, è forse solo disillusione, ed essere disillusi non è per forza un aspetto negativo: consente di fare i conti con la realtà, di non lasciarsi travolgere da aspettative irrealizzabili, e di tenere ben salde le radici mentre tutto si muove al ritmo del vento di Genova. “Sentendo alcuni artisti sulle piattaforme a volte scopro talenti incredibili che hanno 20 ascolti mensili e artisti acclamati che non vorrei mai più incontrare lungo il mio cammino”. Un’anima che viaggia fuori dal coro anche quando si parla di riferimenti musicali: “Sono genovese, e per me i miei riferimenti sono i gruppi di qua, quelli con cui magari ho suonato e anche quelli ‘antagonisti’. Sono persone con cui ho condiviso un percorso, che ho incontrato nelle sale prova, con cui abbiamo bevuto a fine serata. Per me è quella la vera scuola genovese: devi andare a prendere la gente in via Del Campo, tra i vicoli bui, è quel sottobosco lì. Le nuove generazioni sono diverse, stanno più a casa, non vivono la strada, a volte sembrano voler scimmiottare un vissuto che non hanno… La scuola genovese, secondo me, è fatta di gente che frequenta posti discutibili, gente che si è vissuta la città, che si beve la birra con il topo che cammina sotto al tavolo alle tre di notte”. Come tanti i figli di Genova, l’ha lasciata per poi tornare da lei, come nelle migliori love story: “Ho vissuto a Roma per cinque anni, andando via pensavo di essermi lasciato alle spalle una città chiusa… poi sono tornato e ho scoperto una Genova nuova, quella che intendo oggi, e che sto scoprendo ancora piano piano. E sì, è vero che l’età, il lavoro, le responsabilità incidono, ma la musica per me è sempre stata una presenza fondamentale, anche se non ho mai pensato di diventare davvero ‘famoso’. Oggi, però, so che fuori non c’è nulla di meglio di qua, e se c’è, non fa per me”.