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Genova | 03 giugno 2025, 08:00

I mestieri moderni - Da Genova a Shanghai e ritorno: la storia di Matteo Camia e della sua Fancy Factory

Dopo tante esperienze in giro per il mondo, la scelta di tornare a casa per dar vita all’agenzia specializzata in user experience design e che conta oggi dodici dipendenti: “Il mio obiettivo era creare un progetto sul territorio: non volevo che le nuove generazioni fossero obbligate a spostarsi per fare cose interessanti”

Si conclude oggi ‘I mestieri moderni’, il ciclo di servizi de ‘La Voce di Genova’ che vuole fornire uno spaccato del mondo del lavoro contemporaneo, anche un po’ in contrapposizione con l’altro nostro ciclo del mercoledì, ‘I mestieri di una volta’. Dove andrà il mondo dell’occupazione? Dove sta già andando? Quali sono le professioni più richieste? Quali i mestieri che letteralmente ci si inventa? Tra storie di successo, innovazione e idee vincenti, ci fa piacere raccontare come si trasforma l’occupazione e come si trasforma, di pari passo, anche la società. Buona lettura!

C’è chi per lavorare nel digitale prende il treno per Milano, chi il volo per Londra o Berlino. E poi c’è chi, dopo aver studiato e fatto esperienza tra Genova, Torino e Shanghai, sceglie di tornare a casa per costruire qualcosa di nuovo. È la storia di Matteo Camia, fondatore e CEO di Fancy Factory, agenzia genovese specializzata in user experience design, che oggi conta 12 professionisti e una partnership con una delle maggiori aziende italiane di sviluppo app. Un percorso iniziato quasi per necessità, e diventato col tempo un progetto imprenditoriale capace di farsi notare in tutta Italia.

Io sono genovese, ho studiato Disegno Industriale a Genova, poi mi sono appassionato all’ecodesign e ho deciso di proseguire al Politecnico di Torino”. Ma la sete di conoscenza non si è fermata lì. Grazie a una borsa di studio, Matteo vola a Shanghai dove consegue un double degree in Design Innovation, in un ambiente internazionale, multiculturale e all'avanguardia. "Era il 2011-2012, ho iniziato lì ad avvicinarmi al service design, alla user experience… discipline nuove, che allora in Italia erano quasi sconosciute".

Nonostante un curriculum brillante, che riporta tre lauree, consulenze in marketing e graphic design in Cina, la padronanza del cinese e dell’inglese, tornato in Italia si scontra con una realtà difficile: “Era ancora il 2012, c’era lo strascico della crisi finanziaria. Tanta preparazione, ma zero opportunità. Troppo qualificato per fare uno stage, nessuno spazio per profili come il mio. Così ho aperto partita IVA e ho iniziato a fare consulenza, soprattutto in marketing e comunicazione”.

Dopo aver lavorato tra Milano e Torino, arriva la svolta. “Crescendo, mi sono detto: posso pensare a un progetto imprenditoriale mio. E l’ho voluto fare a Genova. Credo molto in questo territorio e non volevo che le nuove generazioni fossero obbligate a spostarsi per fare cose interessanti. Questo era il mio obiettivo”.

Nasce così, otto anni fa, Fancy Factory. Un nome originale per un’agenzia che vuole distinguersi nel panorama italiano del digitale: “Non volevo fare la solita digital agency. In via Tortona, a Milano, ne trovi 40 uguali. Ho deciso di specializzarmi nella user experience design. All’epoca in Italia non era ancora diffusa, ma negli Stati Uniti era già una disciplina riconosciuta”.

Spesso mi chiedono: ‘Ma quindi cosa fai nella vita?’”, racconta Matteo con ironia. “La user experience design è l’analisi dei bisogni e dei comportamenti degli utenti, digitali e non, per creare soluzioni che rispondano davvero alle loro esigenze. In parole semplici: progettiamo app, piattaforme, siti web altamente usabili, dove le persone si sentono a proprio agio. Se apri un’app e noti nuove funzionalità, una nuova grafica, un’esperienza più fluida, probabilmente dietro ci siamo noi”.

Un lavoro spesso poco visibile ma fondamentale, che ha portato l’agenzia a distinguersi fino a ottenere un importante riconoscimento: “L’anno scorso Synesthesia, una grande software house torinese da 10-11 milioni di fatturato, ha fatto un aumento di capitale su di noi. Ora siamo parte del gruppo, siamo quelli che disegnano le applicazioni che loro sviluppano. Una grande conquista, una conferma che il lavoro fatto in questi otto anni sta dando frutti”.

La sede di Fancy Factory oggi è nel cuore della città, in Corte Lambruschini. Un open space triangolare, con vista mare da un lato e sul centro dall’altro, dove lavorano 12 persone. “Dopo il Covid ho chiesto al team se preferivano lo smart working, ma mi hanno chiesto di restare in ufficio. Così abbiamo creato uno spazio bello, accogliente, dove si lavora con piacere”. Una scelta controcorrente, in un’epoca in cui molti rifiutano l’idea del ritorno in ufficio: “Siamo una family, come si dice. Si lavora, certo, ma con poco stress e in un clima molto collaborativo. Io ho fatto l’art director a Milano e ho vissuto ambienti tossici, dove era normale stare in ufficio fino alle dieci di sera. Non volevo che fosse così anche da noi”. L’ufficio è aperto anche ad altre realtà: start-up, liberi professionisti, coworker. “Condividiamo spazi e know-how. Vogliamo creare una catena del valore che fa bene a tutti”.

Non è stato un percorso facile. “Non ho studiato imprenditoria, ma design. All’inizio mancava il know-how, e qui in città non ci sono tanti imprenditori digitali con cui confrontarsi. Genova non è ancora un polo digitale riconosciuto, quindi anche farsi credere a livello nazionale non è stato semplice”.

Per farsi conoscere, Matteo ha letteralmente percorso l’Italia: “Faccio 2.500 chilometri al mese per incontrare aziende. La Liguria è ancora un po’ indietro. Per questo, con un’altra agenzia genovese, abbiamo creato BeDigital, un evento annuale per portare il mondo del digitale a Genova”. Un evento che ha coinvolto più di 500 aziende a bordo di Costa Crociere, con Il Sole 24 Ore come media partner.

Ma Fancy Factory non è l’unico progetto di Matteo: “Sono anche co-founder o founder di alcune start-up genovesi. Mi piace costruire progetti sul territorio e contribuire allo sviluppo del tessuto imprenditoriale della città”. Un impegno che si estende anche al mondo dell’artigianato: Matteo è presidente dei Giovani Imprenditori CNA. “Mi affascina l’artigianato, anche se oggi è molto diverso da quello di una volta. Portare innovazione digitale in questo mondo è una sfida stimolante”.

E proprio parlando di innovazione, Matteo sottolinea un tema oggi più che mai attuale: l’accessibilità digitale. “Dal 28 giugno entrerà in vigore l’European Accessibility Act, che impone a tutte le piattaforme digitali di essere accessibili a persone con disabilità visive, cognitive, motorie. È un tema che ci sta molto a cuore: disegnare un digitale inclusivo è anche una vocazione per noi

Oggi Fancy Factory è una realtà riconosciuta: “Mi capita sempre più spesso di sentirmi dire: ‘Ah, voi siete quelli di Fancy Factory’. Significa che il lavoro di comunicazione sta funzionando”.  Matteo è riuscito in qualcosa di raro: costruire un’impresa innovativa restando a Genova, in un contesto che ancora fatica a riconoscere il valore del digitale. Lo ha fatto mettendo insieme competenze internazionali, visione, passione e, soprattutto, la capacità di raccontare,  in modo chiaro,  un mestiere che per molti resta ancora misterioso. Un’impresa, nel senso più pieno del termine.

Chiara Orsetti

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