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Economia | 03 novembre 2025, 07:00

Genoa, allarme rosso(blu): cosa non sta funzionando nella proposta di Vieira

La recente sconfitta casalinga con la Cremonese (0-2) nel turno infrasettimanale non è un semplice incidente di percorso per il Genoa: è l’ennesimo segnale di una squadra che fatica a riconoscersi e a reggere l’urto della Serie A.

Genoa, allarme rosso(blu): cosa non sta funzionando nella proposta di Vieira

Al Ferraris i grigiorossi di Davide Nicola hanno colpito due volte con Bonazzoli, lasciando il Genoa ultimo e ancora senza vittorie in campionato, con contestazioni finali dagli spalti. Dati e cronaca parlano chiaro: si tratta della seconda caduta di fila e di un avvio che inchioda i rossoblù in fondo alla classifica.

Cosa non funziona nella proposta di gioco

Costruzione bassa lenta e prevedibile: Vieira ha spesso scelto una struttura da 3-5-2, cercando un’uscita dal basso che coinvolga il braccetto di destra (Norton-Cuffy) e il play a scalare, con i quinti chiamati a dare ampiezza. Il problema è duplice: tempi di gioco lenti e poca qualità nel primo passaggio verticale. Contro la Cremonese, per esempio, la pressione avversaria ha indirizzato l’impostazione verso l’esterno, forzando lanci o conduzioni a bassa percentuale e spezzando le linee di connessione con le mezzali. La partita del Ferraris è stata emblematica: aggressività degli ospiti e poca lucidità nel palleggio, fino alle palle perse che hanno preceduto le reti di Bonazzoli.

Transizioni difensive fragili: quando il Genoa perde palla, la riaggressione è spesso tardiva: il centrocampo resta piatto, le distanze tra i reparti si allungano e i centrali vengono esposti in campo aperto. È uno schema che si è visto anche a Napoli: vantaggio iniziale con il lampo del giovane Ekhator, poi calo d’intensità e rimonta subita nella ripresa, segnale di una squadra che fatica a controllare le onde emotive e a rimanere corta dopo lo sforzo in uscita.

Cross senza peso specifico e poca presenza in area: l’idea di risalire con i quinti non è sbagliata, ma manca attacco dell’area coordinato: gli inserimenti delle mezzali difficilmente arrivano coi tempi giusti, e le punte (tra rotazioni e condizioni non ottimali) si ritrovano isolate. Il dato qualitativo più evidente è la sterilità a fronte di una mole di cross non supportata da tagli interni. È una fotografia coerente con i giudizi post-gara: nella notte del Ferraris i voti migliori sono andati ai difensori della Cremonese, mentre tra i rossoblù spiccano insufficienze pesanti nel reparto offensivo.

Palle inattive poco incisive: il Genoa produce calci piazzati ma li sfrutta male: esecuzioni lente, schemi poco vari e difesa avversaria facilmente in controllo della zona. È un peccato capitale per una squadra che fatica a creare dal gioco posizionale: i piazzati dovrebbero essere un moltiplicatore, non una parentesi sterile. Anche qui, la partita con la Cremonese ha mostrato come l’inerzia dei duelli aerei non sia stata invertita quando se n’è presentata l’occasione.

I problemi dei singoli (e come incidono sul sistema)

Malinovskyi e il confine tra leadership e frenesia: il centrocampista ucraino è chiamato a guidare il possesso e a dare pericolosità da fuori, ma oggi alterna lampi e forzature. Il numero di ammonizioni accumulato in questo avvio racconta anche una difficoltà nel gestire i momenti senza palla, con falli “di frustrazione” che interrompono e non costruiscono. Nel quadro complessivo, l’assenza di un regista stabile alle sue spalle lo costringe a caricarsi compiti opposti, togliendogli lucidità nell’ultimo terzo.

Ostigard e la linea a tre sotto stress: il norvegese è un difensore aggressivo, ma quando la squadra si allunga e i quinti restano alti gli vengono chiesti coperture laterali ampie e corse all’indietro in cui soffre. Le letture preventive migliorano se la mezzala lato palla chiude la traccia interna: in mancanza di sincronismi, però, gli 1v1 si moltiplicano e la difesa scappa verso la porta. Anche per lui le sanzioni sono un campanello che suona in sincrono con l’instabilità complessiva.

Le punte e il tema della connessione: tra Ekuban, Colombo, Vitinha e altre rotazioni in corsa, l’area resta spesso “vuota” al momento del cross. Non è solo una questione di precisione nelle rifiniture: mancano routine chiare per l’attacco a tre corsie (prima punta sul primo palo, seconda a rimorchio, mezzala sul secondo). Senza riferimenti, le difese avversarie difendono per zone e respingono con relativa comodità. La notte con la Cremonese ha certificato questo scollamento: pochissime ricezioni pulite spalle alla porta e ancora meno seconde palle.

Un contesto che pesa: classifica, umore e nervi

Gli indicatori “duri” (classifica, gol segnati/subiti, striscia di partite senza vittoria) si sommano all’elemento ambientale: la contestazione del Ferraris dopo il ko con la Cremonese racconta un clima che rischia di diventare zavorra, se non governato. La proprietà, per voce dell’azionista di maggioranza Dan Şucu, ha ribadito piena fiducia a Patrick Vieira nonostante le voci sull’esonero, ma il campo chiede risposte rapide.

In questo quadro, leggere i risultati del Genoa solo come “episodi” sarebbe riduttivo. L’andamento stagionale dice che la squadra va in difficoltà sia contro avversari d’alta classifica (si veda la rimonta subita a Napoli) sia negli scontri diretti, come quello con la Cremonese. E se l’inerzia psicologica gira contro, il margine di errore si assottiglia.

Analizzando le quote serie a sembra che i risultati non siano così scontati e, infatti, la forbice tra chi lotta per la salvezza e il gruppone di metà classifica può ridursi in fretta se si imbocca la strada giusta. Il Genoa ha bisogno di un reset tecnico e mentale: niente rivoluzioni, ma pochi principi chiari, eseguiti bene e con continuità. La rosa ha profili utili per risalire, ma serve coerenza nelle scelte e un’identità più netta. La partita con la Cremonese, nel suo esito amaro, è anche una bussola: mostra dove intervenire e quanto rapidamente. L’ora degli alibi è finita, quella delle soluzioni è appena iniziata.








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I.P.

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