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Attualità | 18 aprile 2021, 09:00

Disabili senza piscine e palestre: possono perdere contatti umani e sociali, inclusione a rischio senza sport

Il campione paralimpico di nuoto Francesco Bocciardo, vittorioso in tutto il mondo, e Claudio Puppo, atleta di basket in carrozzina, lanciano l’allarme sulle chiusure: rischiano l’emarginazione

Disabili senza piscine e palestre: possono perdere contatti umani e sociali, inclusione a rischio senza sport

“Nei momenti di crisi, di difficoltà come questo, a pagare le conseguenze più gravi sono i soggetti più fragili, le persone con disabilità cui, al momento, non è consentito allenarsi in piscina salvo in caso di atleti agonisti e/o di interesse nazionale. Mentre per tutti i disabili l’acqua è ambiente ideale per curare patologie, effettuare corsi di recupero. Le piscine in questo senso sono strumento fondamentale, sono come presidi nel territorio. Sarebbe molto importante che a livello governativo si decidesse di riaprire le piscine, che sono fondamentali”.

Frasi nelle quali è espresso un concetto di fondamentale importanza per una società, a parole attenta ai più fragili ma che, poi, nei fatti, non ha coerenza. Ad affermare quanto sopra con forte cognizione di causa è un grande campione paralimpico di nuoto: Francesco Bocciardo, membro del Cip, Comitato Paralimpico Liguria ma soprattutto con un carnet di trofei di eccellenza. Medaglia d’oro alle Olimpiadi di Rio 2016, collezionista di analoghi trofei a livello mondiale e primo nel mondo sui 100 e i 200 stile libero, detentore del titolo mondiale in carica. Ed a tutto ciò si unisce l’incarico di ambasciatore Unicef Liguria, oltre che essere dipendente presso la stessa regione nel settore dello sport.

“Attualmente - ribadisce - ci si può allenare solo come agonisti, ma bisognerebbe muoversi rapidamente e fare uno sforzo affinché i disabili anche non agonisti possano allenarsi. Governo e Regione so che si stanno muovendo, ma occorre risolvere la questione”. La speranza è che venga accolto quanto indicato dal campione paralimpico, un orgoglio per il Paese, e rapidamente.

In Liguria l’intera platea dei soggetti con disabilità non subentrate, ma civili o invalidi, conta circa cinquemila persone. Per molti di loro la piscina sarebbe indispensabile a migliorare sensibilmente la situazione. E del resto, conferma di questi giorni, in Inghilterra è stato determinato scientificamente e fatto rimarcare il fatto che il cloro quasi azzera il rischio di contagio. “Auspico - afferma Bocciardo - che con l’arrivo dell’estate e l’accelerazione della campagna vaccinale, si possa dare priorità a tutte le esigenze dei soggetti fragili, dei disabili”.

E restando in ambito della disabilità e della doverosa e primaria attenzione che la società civile dovrebbe dedicargli, dobbiamo invece raccontare una storia esemplare di assurdità di molte norme. Niente allenamenti e quindi costrizione a stare in casa, per disabili atleti di pallacanestro in carrozzina.

Nonostante due campionati in Serie A e ora una dignitosa militanza in Serie B, la carenza di denaro non arrivato dagli sponsor e il conseguente impedimento a iscriversi al campionato discrimina tali atleti con handicap e impedisce di allenarsi in quanto, al momento e a causa della mancata iscrizione, non sono considerati agonisti. Situazione che ci dovrebbe fare un po’ vergognare e che narra Claudio Puppo, vice presidente nazionale associazione Anglat, che si occupa di patenti di guida, mobilità, turismo accessibile, esperto del Forum europeo Mobilità, ma che in questo caso parla da delegato regionale ligure Fipic, Federazione Italiana Pallacanestro In Carrozzina, componente della giunta regionale del Comitato Italiano Paralimpico e tra i fondatori, nel 1997, della squadra di basket in carrozzina Basket Pegli.

“A causa della mancata iscrizione per problemi economici - spiega Puppo - non abbiamo potuto iniziare ad allenarci ad inizio 2020. Non siamo perciò considerati come sportivi agonistici. Ci occorrerebbero quindicimila euro. Facciamo trasferte in Italia, nel Settentrione ma anche nel Lazio, in Sardegna”. Misteri della normativa che si faticano a capire ma che causano danni profondi alla socialità, al tanto proclamato inserimento dei disabili.

Lo conferma ulteriormente la spiegazione di Claudio Puppo: “Non si tratta solo di allenamento sportivo importante, ma per i disabili significa fare inclusione; avere un motivo per uscire di casa, confrontarsi con il mondo. Ora tra pandemia e palestre chiuse, molti non si muovono più da casa e stanno perdendo ogni contatto sociale. Si sta tornando sempre più ai disabili di 20-30 anni fa, che erano chiusi in casa. È un aspetto primario lo sport per uscire di casa, stare a contatto con altri”.

E con non celata tristezza e rammarico, Puppo ribadisce che la chiusura di piscine e palestre, in questo caso, “colpisce le persone fragili, chi ha magari avuto un incidente da poco tempo e non ha mai accettato questa situazione psicologica”. E indica come potrebbe persino essere ormai troppo tardi per tanti disabili. “Quando si riaprirà - afferma - temo che alcuni li perderemo, non saranno più motivati. Lo sport di squadra è strumento d’inclusione”.

Dino Frambati

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