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Attualità | 23 novembre 2021, 19:00

Oltre 400.000 euro: donna ottiene risarcimento record dall’Asl3

La vicenda risale all’aprile 2010: per malasanità non potrà più avere figli. Il giudice ha condannato anche il professionista di fiducia e l’assicurazione a risarcire i danni e rimborsare le spese

Oltre 400.000 euro: donna ottiene risarcimento record dall’Asl3

Oltre 400.000 euro di risarcimento dall’Asl3 per negligenza, imprudenza e imperizia: finito il calvario per una donna rimasta invalida per malasanità. La vicenda risale all’aprile 2010 quando M.B. scopre d'essere incinta del secondo figlio. Si rivolge al ginecologo di fiducia che l’aveva assistita per la prima gravidanza e che lavorava all’ospedale San Carlo di Voltri facente parte dell'Asl3 genovese. Sin dall’inizio della gravidanza la donna ha lamentato dolori e perdite ematiche che hanno costretto i medici a ricoverarla più volte per minaccia di aborto presso lo stesso ospedale di Voltri.

Tutto precipita mentre effettua gli accertamenti pre-ricovero presso il nosocomio, per l’intervento di taglio cesareo programmato: il taglio cesareo viene, invece, effettuato d’urgenza. Durante l’intervento M.B. subisce una grave emorragia e l’asportazione di alcuni organi dell’apparato riproduttivo e urinario a causa dell'anomala localizzazione della placenta e della gravidanza extrauterina. L’intervento d'urgenza e l’asportazione degli organi si sono resi necessari poiché né lo specialista scelto né la struttura sanitaria avevano diagnosticato la gravidanza extrauterina e la posizione anomala della placenta. Dopo l’intervento la paziente vive un decorso post operatorio complicato dall’insorgenza d'insufficienza respiratoria severa e viene dimessa dopo circa un mese con gravi invalidità permanenti fra cui l’impossibilità di procreare. Fortunatamente il bambino sta bene e non ha riportato lesioni dall’intervento.

Ma M.B. vuole giustizia e nel 2014 si rivolge all’avvocata Cristina Furfaro per essere assistita e chiedere tutti i danni ai responsabili poiché l’intervento ha avuto gravi ripercussioni nella sua vita sia a livello emotivo che fisico nonché nella vita quotidiana e nella qualità della stessa. “Viene inviata subito richiesta di risarcimento danni - spiega la legale - sia all'Asl3, sia al professionista di fiducia ma nonostante la perizia di parte, dopo le visite medico-legali e contatti con le assicurazioni nel 2016 la domanda viene respinta”.

Nel 2017 ecco, quindi, depositato ricorso per accertamento tecnico preventivo, come previsto dalla Legge Gelli in materia di responsabilità sanitaria (legge 8 marzo 2017, n. 24). “Il perito nominato dal giudice, coadiuvato da un co-ctu specializzato, tenta la conciliazione durante le operazioni peritali tra tutti i periti nominati dalle parti, ma senza successo, quindi deposita la perizia finale con la quale accerta che l’approccio terapeutico al caso clinico e la prestazione resa alla paziente si sono rivelati inadeguati con gravi conseguenze invalidanti, sia fisiche che psichiche, sulla paziente”.

Nel 2018, visto l’accertamento tecnico favorevole, viene depositato il ricorso contro lo specialista di fiducia e l'Asl3 genovese, per i danni da negligenza, imprudenza e imperizia individuabili nell’inadeguatezza degli esami eseguiti e nell’omessa diagnosi. “Chiedevo il risarcimento di tutti i danni, in particolare: il danno biologico, i danni per lesione al diritto di autodeterminazione, danno alla salute, l’invalidità temporanea e i danni morali”.

Nel 2021 il tribunale di Genova ha pronunciato la sentenza con la quale ha accolto integralmente le domande della signora M.B. e ha riconosciuto: “L’errore diagnostico e la grave responsabilità professionale di tutti i sanitari coinvolti con conseguente lesione totale del diritto di autodeterminazione della donna rispetto alla disposizione del proprio corpo, lesione dell’integrità psico-fisica della donna e il danno biologico inteso anche come invalidità permanente nonché l’invalidità temporanea. Il giudice ha condannato l'Asl3, il professionista di fiducia e la di lui assicurazione, nelle rispettive percentuali di responsabilità, a risarcire tutti i danni alla danneggiata ed a rimborsare tutte le spese legali per l’attività svolta, nonché tutte le spese tecniche e le spese mediche sostenute, il tutto per oltre 400.000 euro”. La sentenza non è stata appellata e quindi è passata in giudicato.

Rosa Cappato

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