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Attualità | 25 aprile 2024, 13:26

25 Aprile, migliaia di persone in piazza per il 79° anniversario della Liberazione

Presenti anche la Partigiana Gianna, di centotre anni, e Gilberto Salmoni, tra i pochi superstiti alla Shoah ancora in vita. Fischi e contestazioni al sindaco Bucci e al presidente Toti

25 Aprile, migliaia di persone in piazza per il 79° anniversario della Liberazione

Migliaia di persone, decine di bandiere, tante contestazioni. Si sono da poco concluse le celebrazioni del 79° anniversario della Liberazione organizzate dal Comune di Genova, partite alle 8 di questa mattina dal cimitero monumentale di Staglieno e proseguite con un corteo che da piazza della Vittoria ha raggiunto piazza Matteotti, passando per il ponte Monumentale dove sono state deposte corone al sacrario dei Caduti Partigiani e si è tenuta la lettura della motivazione della Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Città di Genova e dell’Atto di Resa delle truppe tedesche.

Proprio da qui sono partiti fischi e contestazioni dirette al sindaco Marco Bucci e al presidente della Regione Giovanni Toti, proseguite poi durante l’evento finale in piazza Matteotti. Cori di disappunto si sono levati dalla piazza in più occasioni durante gli interventi dei due amministratori, placatesi solamente quando il sindaco ha espresso la sua vicinanza a Gilberto Salmoni,  tra i pochi superstiti alla Shoah ancora in vita, presente in piazza a novantasei anni, proprio il giorno seguente all’atto di vandalismo di cui è stato protagonista: il suo ritratto, che si trova esposto nel campo di Buchenwald, è stato imbrattato proprio ieri.  

Toccante l’intervento del presidente dell'Anpi di Genova, Massimo Bisca, che ha salutato e ringraziato Guglielma Bertini, conosciuta con il nome di battaglia di Partigiana Gianna e facente parte della Brigata Alice Noli, l’unica composta completamente da donne in Liguria. Centotré anni, ha scelto di presenziare per la prima volta a una manifestazione per il 25 aprile proprio nel 2024. “Questo mi permette di ricordare quanto le donne hanno fatto in questa città” sottolinea Bisca, ricordando anche chi anticipò la lotta per la Liberazione: “Sono cento anni che Giacomo Matteotti è stato assassinato dai fascisti, perché prima della guerra vennero assassinati quelli che non la pensavano come loro: i fratelli Rosselli, Amendola, e tanti altri. Chi non veniva ammazzato finiva in galera. Ricordo una persona, un’operaia delle nostre industrie: si chiamava Iside Viana e ogni sera, prima che si addormentasse, le tiravano un secchio d’acqua. Non era ancora guerra, ma questi sono i precursori dell’antifascismo”. Un ultimo pensiero è rivolto a Vittorio Foà, quando al termine della guerra, “al Senato, disse a uno che aveva fato parte della Repubblica di Salò: guarda com’è strana la vita: se avessi vinto tu sarei finito contro il muro in un campo di concentramento. Ma abbiamo vinto noi, e tu puoi fare il senatore. Se qualcuno dice che questa è una festa divisiva, lo è tra antifascisti e fascisti”. 

L’orazione commemorativa, tenuta da Sergio Cofferati, ha toccato molti punti che oggi più che mai appaiono fondamentali: dal ricordo di chi ha combattuto per inseguire la libertà, al pensiero per i tanti genovesi che con coraggio hanno lavorato per offrire riparo a chi scappava, dimostrando che Genova ha saputo restare ‘umana’. Quasi al termine del suo discorso, il sindacalista e scrittore ha letto una filastrocca di Gianni Rodari, intitolata ‘L’accento sull’A’ e dedicata alla Staffetta Partigiana ‘Luce’, all’anagrafe Luciana Romoli:  

L’accento sull’A di Gianni Rodari

“O fattorino in bicicletta
dove corri con tanta fretta?”
“Corro a portare una lettera espresso
arrivata proprio adesso”.
“O fattorino, corri diritto,
nell’espresso cosa c’è scritto?”
“C’è scritto: Mamma non stare in pena
se non rientro per cena,
in prigione mi hanno messo
perchè sui muri ho scritto col gesso.
Con un pezzetto di gesso in mano
quel che scrivevo era buon italiano,
ho scritto sui muri della città
“Vogliamo pace e libertà”.
Ma di una cosa mi rammento,
che sull’-a- non ho messo l’accento.
Perciò ti prego per favore,
va’ tu a correggere quell’errore,
e un’altra volta, mammina mia,
studierò meglio l’ortografia”.
 

“Luciana venne chiamata Luce, fu una straordinaria partigiana che fin da quando aveva 8 anni compì il suo primo gesto di rivolta nei confronti della sua compagna di banco ebrea difendendola dalle minacce della maestra fascista: un gesto che le costò l’espulsione da tutte le scuole del Regno d’Italia” - spiega Cofferati. - “Non si arrese, e quell’evento drammatico la aiutò a fare le scelte successive. Promosse un inarrestabile lavoro per le donne e per le nuove generazioni alle quali dedicò tutta la vita sotto un’unica matrice, quella dell’antifascismo. Una volta che si sceglie di essere partigiani lo si è sempre e per sempre, e Luce lo ricorda: non è solo opposizione al fascismo, ma va più in là, si applica a tutte le forme di discriminazione e violenza”. La filastrocca vuole essere un regalo alle nuove generazioni: “Mettete voi l’accento sulla parola libertà, correggete gli errori della mia generazione, non dimenticate le storie fuori dall’ordinario, continuando a costruire la democrazia”.

Le scritte sul muro, peraltro, risultano attuali più che mai anche in questa giornata: durante la notte la facciata di Palazzo Ducale è stata imbrattata con una scritta antifascista, nella mattinata coperta con un cartello bianco e alcune piante; alcune frasi di contestazione al sindaco Bucci sono state scritte in via XX Settembre e in via Fiume. 

“Genova è una città antifascista, la città ha riempito questa piazza, queste sono le cose da dire - è il commento di del primo cittadino -. Chi fa chiasso in piazza non rispetta le persone, ma ricordo che i primi anni era molto peggio, oggi è stata una bella festa di tutti, non solo di una parte, e tutti hanno il diritto di rivendicare la propria libertà rispettando quella degli altri. Queste sono le cose importanti che vanno sottolineate, la memoria deve continuare a costruire i nostri valori: libertà, lavoro e pace. Ricordiamoci che non c’è futuro senza memoria”. 

Chiara Orsetti

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