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Venerdindie | 17 novembre 2023, 15:00

VenerdIndie - "I temporali" è il nuovo progetto di Filippo Ghiglione, tra malinconia e voglia di ricominciare

Il suo primo ep si intitola "Tre stagioni. La vita sognata, la vita vera" ed è stato presentato live nella liuteria di Paolo Sussone

VenerdIndie - "I temporali" è il nuovo progetto di Filippo Ghiglione, tra malinconia e voglia di ricominciare

Malinconico, emozionante, terapeutico: il nuovo progetto musicale di Filippo Ghiglione, chiamato I temporali, è un po’ un ritorno a casa. Ha abitato per quasi dieci anni in un’altra creatura, che pensava e cantava in lingua inglese, portata avanti con il nome f o l l o w t h e r i v e r, incastrata tra l’elettronica e l’alt-folk.

Note che si formano in cielo e cadono a terra, proprio come la pioggia, proprio come le forze della natura che si incontrano, si scontrano, si lasciano andare. Il primo ep si intitola Tre stagioni. La vita sognata, la vita vera ed è fresco di pubblicazione e di live di presentazione all’interno del laboratorio del liutaio Paolo Sussone in Campetto

Di cosa parla questo album, che rappresenta un po’ un nuovo inizio? 

“Ho avuto un percorso lungo cantando in inglese, con un progetto che è andato avanti tanto e continuerà a esistere in un binario parallelo. Ora ho deciso di ritornare a casa, anche a livello di linguaggio: negli anni ho sviluppato quasi una paura a tornare a cantare in italiano, tant’è che ancora adesso mi fa strano sentire la mia voce. 

Con questo nuovo nome e con questo nuovo ep torno a casa. Le canzoni parlano di un periodo fra la primavera e l’autunno del 2021 in cui ho costruito, dopo un trauma emotivo, questa casa. Ho deciso di arredarla, di cercare di curare tutti i dettagli e poi, quando è venuto il momento, l’ho lasciata indietro.

Questo disco parla di questo: trovare una casa dentro di sé per chiudere un cerchio, aprirne altri ed essere pronti ad affrontare quello che ci aspetta dopo”.  

 

A ogni brano corrisponde un’illustrazione di Matteo Anselmo. Com’è nata questa idea? 

“Mi piace molto lavorare con Matteo, e non è la prima volta che ci capita. C’è molta sinergia, ci capiamo al volo. Anche solo ascoltando le mie canzoni comprende sempre sia quello che mi piacerebbe e che magari nella mia mente è un po’ fumoso. Questi oggetti e questi disegni sono legati e citati nelle canzoni, hanno un loro significato e  fanno parte del primissimo nucleo delle canzoni. Gli ho dati alcuni spunti, ci siamo confrontati ed è stato un lavoro che ha portato questo piccolo gioco, una sorta di rompicapo illustrativo. Sono illustrazioni che mi piacciono molto, sono particolareggiate ma molto semplici: cercano di recuperare una parte un po’ giocosa, un po’ bambina”.

Nel corso della carriera, Filippo ha avuto modo di di suonare sui palchi di tutta Italia e di festival come il  Goa Boa (prima di Max Gazzè e Joan Thiele), il Tanta Robba Festival (prima di Motta e Ainè) e il Balena Festival (prima de La Rappresentante di Lista e di Edda), e di aprire i concerti di artisti come Zibba, Perturbazione, Comaneci, Plàsi, Sugar Sugar e Smoota dei TV On The Radio

 

C’è qualche ricordo o aneddoto particolare legate alla tua esperienza live?

“Mi è sempre piaciuto immaginare concerti ed esibizioni in posti inusuali. Anche per questo ho voluto fortemente iniziare a organizzare Sofar Sounds (concerti segreti proposti in luoghi che solitamente non ospitano eventi musicali, ndr) qui a Genova, per dare vita a concerti in luoghi insoliti.

Sicuramente ci sono due aneddoti divertenti: ho fatto una live session per un magazine anni fa, a Venezia, ed era prevista l’esibizione a bordo di una gondola.  La parte più difficile è stata salirci sopra, ho rischiato di cadere in acqua costantemente. Inoltre, essendo la ripresa frontale, c’erano dei ragazzi davanti a me mentre suonavo, e le persone che passavano pensavano che stessi facendo una serenata; hanno iniziato a richiedere canzoni come O sole mio, è stato molto divertente.

Un altro episodio, più recente, risale all’anno scorso: ero ospite del Meraviglia Festival che si svolge dalle parti di Domodossola, era un set unplugged senza amplificazione.  Ero l’ultimo a suonare dopo un dj set e una giornata di musica elettronica. Io ero già in cima alla vetta, più in alto rispetto a dove stavano ballando e suonando, e il dj a un certo punto della serata ha staccato la musica invitandoli a salire per ascoltare la mia esibizione. Tutti erano arrabbiati e hanno iniziato a lamentarsi, ma una volta arrivati in cima è stata una bellissima buonanotte. Alcuni mi hanno anche abbracciato mentre cantavo”.  

A proposito di montagna, sei anche autore della colonna sonora del documentario dedicato all’Alta Via dei monti liguri. Come è nata questa collaborazione?

“È stata la mia primissima esperienza con una colonna sonora, ed è stata pieno di stimoli anche a livello musicale. Il documentario Alta Via. Storia di cielo, terra e mare è stato prodotto dall’associazione di Massimo Ciricillo, che conoscevo già perché avevo suonato in un container in piazza Fontane Marose per un evento che aveva creato lui. Alla fine 2019 abbiamo iniziato a fare sopralluoghi e mi ha coinvolto per la colonna sonora. I due anni con il Covid di mezzo hanno rallentato i lavori, ma è stato molto interessante perché parla soprattutto delle persone che abitano l’Alta Via, una foresta di persone. 

'Build me a forest' è il titolo della canzone usata, che abbiamo realizzato insieme a Federico Malandrino che è il Producer di tutti i lavori ultimi di f o l l o w t h e r i v e r. Abbiamo cercato di prendere il mood di quella canzone, che a livello musicale ci sembrava molto collinare, forestale, un alt-folk misto a elettronica, e abbiamo preso parti di mie canzoni che avevo già pubblicato, riarrangiandole per quel documentario. È stata anche una specie di testamento musicale, c’è tanto di me. All’interno della sceneggiatura è stata anche inserita la frase ‘Costruisciti una foresta’ è stato bello vedere le parole che si mescolavano davvero con le immagini. È stata una bellissima esperienza”.

Chiara Orsetti e Isabella Rizzitano

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