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Attualità | 22 aprile 2024, 07:00

Sciamadde di ieri e di oggi - La contabile che fa la farinata: ‘Da-o Tagiaen’ storia di una riqualificazione che passa dalla tavola

Nazret Menghistie è rimasta affascinata dalla piazza di Santa Brigida: “Quando l’ho vista non potevo crederci. Pensare che ancora tanti turisti hanno paura a passare di qua”

Sciamadde di ieri e di oggi - La contabile che fa la farinata: ‘Da-o Tagiaen’ storia di una riqualificazione che passa dalla tavola

Prosegue questo lunedì, e andrà avanti per tutti i lunedì successivi, un servizio seriale de ‘La Voce di Genova’ che abbiamo chiamato ‘Sciamadde di ieri e di oggi’. È dedicato a quelle botteghe tipiche dove si porta avanti la tradizione della cucina genovese: di ieri perché hanno ancora la ‘sciamadda’, ovvero la fiammata del forno a legna (qui la storia); di oggi perché hanno strumenti un filo più moderni ma la stessa passione e lo stesso rigore nella preparazione delle ricette. Ve le racconteremo da Ponente a Levante, passando ovviamente per il centro storico. In un panorama commerciale dove queste botteghe sono sempre più in via d’estinzione, ci è parsa cosa buona e giusta tenere alta la bandiera della genovesità. Buona lettura e buon appetito. 

Quando si arriva in Santa Brigida, lo sguardo vaga tra gli alti palazzi e i truogoli che campeggiano al centro dello spazio. 

Panni stesi, qualche vociare e subito la memoria di molti facilmente corre alle immagini di Alfred Noach. Un fascino che dura nel tempo e che, ancora oggi, non accenna a diminuire.

Ne sa qualcosa anche Nazret Menghiestie, titolare di ‘Da-o Tagiaen’, la piccola ma preziosa sciamadda di questo incantevole angolo del centro storico.

A pochi passi da via Prè, chiusa a monte da via Balbi, la sciamadda di Nazret è un ‘luogo moderno’ in cui incontrare la tradizione della farinata e delle torte salate che tanto piacciono ai genovesi e non solo.

Ho aperto qui sette anni fa, nel gennaio 2017. Con me c’era anche quello che oggi è il mio ex marito.

Lui era un cuoco e dopo l’alberghiero, si era sempre dedicato ai lavori ai fornelli. Io invece ho fatto un percorso completamente diverso, ho fatto ragioneria, poi ho lavorato come contabile in diversi studi di commercialisti.

Poi sono arrivati i nostri due bambini e abbiamo iniziato a pensare di aprire un’attività tutta nostra. Abbiamo visto il bando del Comune rivolto ad alcuni locali nella zona di Prè e abbiamo iniziato a cercare con l’idea di aprire proprio un torte e farinate. Così è iniziata l’avventura”.

Oggi Nazret è da sola e si divide tra banco e cucina, ma può contare su un aiutante d’eccezione: “Faccio tutto io ma con il supporto di mio papà che è un pasticcere in pensione. Mi da una mano a fare la spesa, a far qualche preparazione, ma sono qua io da sola tutto il giorno. Il pomeriggio mi metto a fare qualche preparazione per il giorno successivo, soprattutto per le torte, pulendo le verdure e preparando le basi. Se non riesco, mi rimane a disposizione la mattinata successiva perché apro sempre attorno a mezzogiorno. Il più del lavoro si concentra nell’orario del pranzo, poi la sera chiudo sempre verso le 20,00 circa. D’estate mi allungo anche un po’ di più ma massimo alle 22,00, non vado oltre, anche perché sennò non ce la posso fare”, racconta ridendo.

Santra Brigida, così come tutta la parte del sestiere di Prè, ha un fascino unico e si porta dietro quella memoria storica che ha fatto degli spazi a ridosso del porto un luogo di incontro di diverse culture.

Proprio grazie ad attività come quella di Nazret la zona sta vivendo un periodo di riqualificazione. 

Rispetto a quando ho aperto - racconta - le cose stanno migliorando. Questo locale è stato chiuso per sei anni, prima di noi qui aveva lo studio un fotografo e quando si è saputo che avrebbe aperto una sciamadda, non tutti sono stati contenti. Sono stata vista come la concorrente del ristorante anche se poi si propongono cose diversissime e chi viene qui sceglie di prendere qualche piatto da asporto o di mangiare in cinque minuti, cosa che in un ristorante non avviene. Inoltre, ho pochissimi posti quindi chi vuole può trovare un attimo di ristoro ma certamente non è andare al ristorante. Inizialmente è stata dura farsi un po’ di clienti, in più mettiamoci che mio marito è genovese e io eritrea, anche se sono nata a Genova, e tanti vedendomi hanno pensato ‘ma questa qui cosa ci fa’ e si sa che all’inizio c’è sempre tanta diffidenza”.

Col tempo i clienti non sono mancati e oggi continuano ad arrivare in tanti davanti alla vetrina di Da-o Tagiaen.

La zona è veramente complessa e rende le cose certamente difficili ma ultimamente mi sembra che stia leggermente migliorando rispetto a sette anni fa. Prima c’eravamo io, il ristorante e un negozio di sport; nel frattempo hanno aperto altre attività, alcune hanno anche già chiuso, però più saracinesche alzate ci sono, più la gente va”.

I truogoli di Santa Brigida sono anche speciali testimoni di una collaborazione e della forza dell’imprenditoria femminile, come la stessa Nazret racconta, con una punta di orgoglio: “Con il bar di fronte, un luogo in cui si trovano libri, quasi fosse una biblioteca, negli spazi esterni, organizziamo l’aperitivo condiviso: lei mette il bere, io il mangiare. Così si riesce a lavorare in armonia con le altre attività senza nessun tipo di competizione, anzi. La cosa fantastica dei Trogoli è che ci sono cinque attività gestite da donne, siamo veramente in armonia e lavoriamo bene”.

A convincerla ad aprire qui la sua attività è stata proprio la bellezza di questo particolare angolo del centro storico: “Sono nata a Genova - continua - ma questa piazza non l’avevo mai vista. Quando sono arrivata qui per la prima volta me ne sono innamorata, mi sono davvero domandata da dove potesse essere saltata fuori. Noto però che le persone, anche per una sorta di pregiudizio, hanno difficoltà ad arrivare qui. La ghettizzazione di questa zona rimane e tanto croceristi mi hanno raccontato che, a bordo, viene raccomandato loro di non passare in via Prè e di togliere anelli, collanine. Tutto questo potrebbe far passare la voglia ma io non mi arrendo, ah no!”.

Tra tutti i piatti, le teglie e i testi che affollano il bancone della sciamadda, sicuramente da assaggiare è la farinata: “Qui non manca mai - ride Nazret - appena finisce bisogna subito rifarla. I primi due anni di attività, essendo la farinata un piatto tipicamente invernale, durante i mesi estivi non si trovava, anche perché la farina di ceci tende a patire di più. Poi in tanti, troppi mi chiedevano la farinata, così ho ripreso le infornate. I turisti assaggiano anche le torte, piace molto la Pasqualina ma quando mi chiedono quella di carciofi ad agosto, mi cadono le braccia. Certo, quando vedono la torta di riso sorridono e dicono ‘ah, non è ancora finita’”.

Come prassi, anche a Nazret la domanda è d’obbligo: qual è il segreto per una buona farinata: “Secondo me è l’impasto - risponde con un’inflessione genovese da far dubitare la focaccia di essere tale - Poi ciascuno ha il suo ma tutto sta nell’impasto”.

Mangiarsi una bella porzione di farinata in questo angolo di ‘nuova tradizione’ rasserena anche l’animo turbato dal più classico degli acquazzoni primaverili. Provare per credere.

Isabella Rizzitano

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