Produrre energia da fonti rinnovabili, come i pannelli solari, e condividerla con la comunità: questa è la missione della CER Sole, la Comunità Energetica Rinnovabile Solidale, creata da un gruppo di cittadini del Municipio Medio Levante e che ha la sua cabina primaria in corso Italia. Uno strumento innovativo e partecipativo, capace di creare una piccola, grande rivoluzione partendo dall’impegno di persone volenterose, a cominciare dalla presidente Elena Putti. Curatrice museale di professione, dopo aver militato in politica per tanti anni, oggi si dedica ai temi dell’energia e della transizione energetica insieme al marito, Federico Martinoli, che è anche vicepresidente dell’associazione. “La comunità energetica è nata nel 2023: ci siamo messi a studiare e ci siamo subito appassionati. Mio marito ha partecipato alla ristrutturazione di un ex autolavaggio in Corso Italia, che era abbandonato da anni. In quel progetto, abbiamo pensato: perché non mettere dei pannelli solari sul tetto, invece di aumentare la superficie commerciale? È stata una scelta audace e coraggiosa, guidata più dagli ideali che dal profitto".
La CER si costituisce come associazione di promozione sociale (APS), raccogliendo cittadini attivi del quartiere. "Abbiamo voluto fortemente costituirci come APS, perché volevamo calcare la nostra natura solidale e no profit. Insieme a noi fin dal principio ci sono anche Camilla Ponzano e Andrea Cavalleroni. L’80% di quello che incassiamo come CER lo teniamo in associazione e lo spendiamo per progetti di pubblica utilità o ambientali. Non solo produciamo energia pulita, ma ridistribuiamo il profitto a favore della collettività".
"Quando siamo nati, la legislazione era sperimentale. È stato un inferno burocratico: solo nel 2024, con il decreto nazionale, abbiamo ottenuto il riconoscimento formale", spiega Putti. "Siamo l’unica comunità energetica di Genova e, con rammarico, l’unica solidale della Liguria. Le altre sono promosse da enti strutturati, consorzi o comuni, e sono comunità economiche, dove i soldi vengono ridistribuiti tra i soci. Noi invece facciamo un progetto sociale di redistribuzione degli utili sul territorio. Il concetto di CER solidale esiste nella normativa, ma siamo gli unici ad averlo attuato in Liguria. È un’operazione completamente dal basso, senza grandi player o cooperative. Siamo proprio un gruppo di cittadini".
A scoraggiare iniziative simili è, senza dubbio, la complessità delle normative: “Serve una motivazione enorme. In altre regioni come Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte ce ne sono molte di più, perché le politiche energetiche regionali sono più avanzate e ci sono più fondi e sportelli informativi. In Liguria siamo ultimi in Italia per produzione e consumo di energie rinnovabili". Putti denuncia anche la mancanza di sportelli e informazione: "Noi da tre anni facciamo didattica volontaria per chi vuole avviare una CER, ma manca un supporto strutturato. Le persone non sanno da dove cominciare, e anche le associazioni di quartiere spesso non sono a conoscenza delle opportunità. Infine, un altro ostacolo enorme è la burocrazia dei vincoli paesaggistici: sarebbe utile che Comune e Regione rendessero pubblici gli studi sui tetti pubblici dove si possono installare pannelli, così da facilitare chi vuole avviare una CER. Non è un problema di costi, ma di mentalità e di volontà politica".
"Ci piacerebbe crescere, costruire altri impianti, ma soprattutto dare un modello, un esempio: si può fare. Siamo felici se nascono altre CER, anche indipendenti da noi. Abbiamo già aiutato altre realtà, come la Società operaia di mutuo soccorso Perugina a Certosa, facendo uno studio di fattibilità per mettere i pannelli anche lì. Per le piccole associazioni di quartiere, risparmiare sulle bollette può fare la differenza tra sopravvivere o chiudere".
"Le comunità energetiche sono uno strumento democratico, diffuso, di partecipazione civile. Se venissero davvero supportate, si creerebbe autonomia energetica, risparmio e una riserva di fondi da reinvestire nel territorio. È un modello che l’Europa ci chiede di sviluppare, ma serve il coraggio di crederci e il supporto delle istituzioni", conclude la presidente. "Chiunque voglia unirsi o replicare il nostro modello è il benvenuto. La rivoluzione ecologica può essere anche una rivoluzione sociale".
















