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Attualità | 05 luglio 2025, 08:00

Forno elettrico a Cornigliano, si riapre il dibattito. I cittadini: “Un ritorno al passato che non vogliamo: duro colpo alla vivibilità e credibilità"

Il ministro Urso rilancia il piano nazionale per una siderurgia sostenibile, Bucci apre alla candidatura della delegazione. Ma il comitato 'Cornigliano per la città' boccia severamente l’ipotesi: “Riporterebbe il quartiere indietro di venticinque anni a doversi confrontare con infrastrutture e servitù che ben conosciamo"

Forno elettrico a Cornigliano, si riapre il dibattito. I cittadini: “Un ritorno al passato che non vogliamo: duro colpo alla vivibilità e credibilità"

Il dibattito sul futuro dell’area ex Ilva torna ad accendersi con una nuova proposta destinata a far discutere: l’ipotesi di un forno elettrico a Cornigliano, rilanciata nei giorni scorsi dal Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso nell’ambito del nuovo piano siderurgico nazionale. Un progetto che punta sulla transizione verde, con impianti elettrici e DRI per abbattere le emissioni e rilanciare la competitività del settore e che vedrà decisivo l’appuntamento convocato al Mimit di martedì 8 luglio, quando si capirà che cosa ne sarà dello stabilimento siderurgico di Taranto. 

Ma proprio mentre il ministro tracciava le linee guida del futuro, dal territorio sono iniziate ad arrivare le prime reazioni critiche. Il presidente di Regione Liguria Marco Bucci non ha nascosto un interesse per la candidatura del sito di Cornigliano, anche se ancora senza dettagli. Più cauta la sindaca Silvia Salis, che ha ribadito come le aree liberate dall’ex altoforno e interessato dall’intesa del 2005 debbano avere una destinazione prettamente industriale e siderurgica

Tuttavia, dai cittadini di Cornigliano arriva un secco “no”. A farsi portavoce del malcontento è Giorgio Zucchi, vicepresidente del comitato Cornigliano per la città, che con toni netti mette in guardia dai rischi di un ritorno alla siderurgia a caldo: “L’intervento di ieri durante la seduta municipale di Maria Curcio – spiega – rispecchia il pensiero di molti corniglianesi: la riproposizione del forno elettrico ci riporterebbe indietro di venticinque anni. Non è solo una questione tecnica: tutto ciò che arriva insieme al forno, le infrastrutture, le servitù, la logistica pesante, comprometterebbero ancora una volta la vivibilità del quartiere”.

"Credo di potermi esprimere a nome di tantissimi corniglianesi preoccupati da ciò che si legge oramai da tempo in merito al forno elettrico a Cornigliano. Agli stessi, durante le campagne elettorali hanno creduto nella promessa di instaurare nuovamente un confronto tra cittadini ed istituzioni. Non è più accettabile sentire frasi del tipo 'oramai non si torna indietro' oppure 'il blocco dei lavori implicherebbe penali troppo onerose a carico dei cittadini'. Non siamo contro il lavoro, ma non possiamo farci ricattare o essere obbligati a scegliere tra lavoro e salute. Cornigliano ha pagato e continua tuttora a pagare un prezzo troppo alto. Non vi è famiglia che non abbia avuto perdite o malati di cancro per le siderurgie alle case. Cornigliano non può continuare ad essere la soluzione per tutto ciò che in altri quartieri sarebbe impensabile proporre. Inutile continuare a recriminare sulle servitù del passato imposte sia dalla destra e dalla sinistra. Auspico quindi che venga al più presto convocata un'assemblea pubblica, espressione del volere e del benessere dei cittadini di Cornigliano, sperando ci sia unione nel dire 'no' al forno elettrico a Cornigliano che aprirebbe la strada ad altri progetti impattanti sulla salute dei cittadini", queste le dichiarazioni della consigliera municipale Avs Maria Curcio, che ha presentato un'espressione di sentimento durante il primo consiglio della neo giunta proprio sulla questione forno elettrico a Cornigliano. 

Zucchi sottolinea anche l’insostenibilità economica di questi impianti: “I forni elettrici non sono una novità del presente: nel Nord Italia li stanno dismettendo proprio perché non più sostenibili. Come possiamo pensare che funzionino qui, a Cornigliano?”.

Al centro delle sue preoccupazioni c’è anche la questione occupazionale. Non tanto gli attuali lavoratori dell’ex Ilva – “nulla da dire su di loro” – ma il modello che potrebbe svilupparsi intorno a un impianto a basso valore aggiunto: “Un’azienda dall’Azerbaijan verrebbe qui per aprire un impianto economicamente sostenibile solo se potesse assumere migliaia di lavoratori importati, con costi ridotti. Si verificherebbe uno scenario simile a quello di Fincantieri, che negli ultimi anni ha assunto migliaia di lavoratori stranieri, mentre questi ottocento dipendenti restano da vent’anni in cassa integrazione, a carico di noi contribuenti. Per me è una volontà sindacale: sono ostaggi di una politica che non vuole cambiare”.

Secondo il comitato, le alternative esistono: “Il vero problema non è la destinazione delle aree, ma il voler insistere con una siderurgia di basso livello. Si parla di banda stagnata: il fondo del barile. Industrialmente, ha poco senso produrre a Taranto, caricare su nave e finire il ciclo a Genova. Le istituzioni dovrebbero venire qui a spiegare ai cittadini perché, dopo averci detto che l’era dell’acciaio era finita, oggi ci propongono un nuovo impianto”.

Zucchi chiude con un paragone emblematico e netto: “Chi oggi pensa ancora alla siderurgia a Cornigliano è come chi si immagina Castello Raggio com’era una vita fa. È fuori dalla realtà. Cornigliano ha diritto a un’esistenza normale, e questa proposta è un rigurgito del passato che non vogliamo più vivere”.

Federico Antonopulo

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