Continua con questo lunedì, e andrà avanti per tutti i lunedì successivi, un servizio seriale de ‘La Voce di Genova’ dedicato alle Botteghe Storiche e ai Locali di Tradizione della nostra città. Vogliamo raccontare, di volta in volta, quelle che sono le perle del nostro tessuto commerciale, e che ci fanno davvero sentire orgogliosi di appartenere a questa città. Buon viaggio insieme a noi!
“Tutto è cominciato nel 1972, quando mia madre e mio zio Domenico, detto Chicco, rilevarono una piccola latteria che esisteva già da oltre cent’anni”. Inizia così la storia di un'istituzione di via Oberdan a Nervi, la Gelateria Chicco, punto di riferimento di tantissimi golosi e, dal 2024, inserita nell’albo delle Botteghe Storiche di Genova. Alla guida dell’attività c’è Massimiliano Spigno, che insieme alla moglie Rachele, al socio Massimo e a un team affiatato continua il lavoro della famiglia con passione. “Nel 1974, anche mio padre lasciò il mestiere di macellaio e si unì al progetto: aveva la passione per il gelato, e così abbiamo iniziato anche con quello. Da lì è partita davvero l’avventura”.
Da quel momento, la gelateria ha mantenuto salda la sua anima familiare: “Chi lavora con noi da meno tempo è con noi da quindici anni, quella che c’è da più tempo da oltre trenta. Siamo una vera famiglia, dietro e fuori dal bancone”. E anche i clienti, molti dei quali affezionati da decenni, ne fanno parte: “Da noi si entra e si è subito accolti. È il nostro modo di essere: familiare, semplice, diretto. E lo è da cinquantaquattro anni”.

Nel tempo, però, molte cose sono cambiate. Non il gelato, che resta fedele alla filosofia del fondatore, fatto con ingredienti naturali e di qualità, spesso legati al territorio, ma il modo di consumare. “Una volta si veniva per sedersi e gustare una coppa al tavolo, con frutta fresca e composizioni importanti. Adesso è più frequente il consumo da asporto: la vaschetta, la torta, la monoporzione da portare a casa. Il Covid ha accelerato questo cambiamento, ma la voglia di un buon gelato non è mai venuta meno”. Il menù comprende tante coppe da consumare al tavolo, uno dei punti forti della Gelateria Chicco, oltre a pasticceria e caffetteria. E i prodotti possono anche essere ordinati online per poi essere consegnati direttamente a casa.
Anche dietro le quinte, le trasformazioni non sono mancate. “Oggi il cliente chiede continuamente novità, stimoli, cambiamenti. Ma poi torna sempre ai grandi classici: vuole sicurezza, riconoscibilità. Chi fa questo mestiere da tanto tempo ha una grande responsabilità: non può sbagliare, perché il cliente se ne accorge subito”. Eppure, Massimiliano rivendica con orgoglio l’artigianalità del suo lavoro: “Anche l’errore fa parte di ciò che facciamo. È il bello dell’artigianato: non è una catena di montaggio”.

Rimanere sul mercato per oltre mezzo secolo non è impresa da poco. “È difficilissimo. Il passaggio generazionale, gli obblighi burocratici, i mutamenti del mercato: tutto è più complicato rispetto a una volta”, ammette Spigno. “Ma chi è riuscito ad arrivare fino al 2025 vuol dire che ha saputo leggere i cambiamenti, mantenere salda la propria identità e allo stesso tempo innovarsi”.
Il quartiere di Nervi, nel frattempo, è cambiato profondamente. “Negli anni Settanta era meta prediletta dei milanesi con la seconda casa, ma anche dei genovesi che volevano farsi una passeggiata e una coppa di gelato. Oggi il turismo è più selettivo: la gente si muove solo se attratta da qualcosa di preciso, mentre prima usciva solo per il gusto di farlo. Eppure Nervi conserva ancora una bellezza unica e un potenziale enorme, sia a livello turistico che commerciale”.
Dello stesso avviso è anche Rachele, la moglie di Massimiliano: “La pandemia ha cambiato radicalmente le abitudini delle persone, il modo di vivere, persino il modo in cui si vivono le serate. Prima, ad esempio, lavoravamo molto di più la sera. Ora si lavora ancora, certo, ma non con i ritmi di una volta. È tutto un altro mondo. Prima c’era molta più gente in giro, adesso sembra essercene molta meno. Secondo me il quartiere dovrebbe offrire di più: servirebbero più manifestazioni, più iniziative per attirare persone, e non solo in maniera sporadica: si dovrebbe adottare un modello simile a quello che si vede in Riviera, dove i negozi aprono magari nel tardo pomeriggio, ma continuano a lavorare fino a dopo cena”.

E il futuro? La domanda è inevitabile, anche per una realtà così radicata nel territorio. “Io ho ancora un po’ da lavorare - racconta Massimiliano - “Ma è chiaro che il futuro dovremo costruirlo insieme, anche con mia figlia Lucrezia e con chi vorrà far parte di questo percorso. Sarebbe bellissimo che l’attività continuasse, ma capisco benissimo se mia figlia sceglierà una strada diversa. Il futuro deve essere suo, non posso sceglierlo io per lei”.
Lucrezia, però, ha già le idee piuttosto chiare: “Mi piacerebbe portare avanti la gelateria, ma in una forma diversa. Non mi ci vedo in laboratorio o dietro al banco come mio papà. Lui ha un talento e una dedizione che non credo di poter eguagliare. Ma sento che questa attività fa parte di me, della mia storia. Vorrei mantenerla viva, magari con un ruolo più organizzativo o gestionale”. E Massimiliano sorride. “Fare il gelato è la cosa che mi piace di più. Il laboratorio è la mia casa, il mio rifugio. Il resto, le carte, le incombenze… quelle magari un domani se le prende lei. E forse il gelato lo farà qualcun altro. Ma finché posso, io ci sono”.























