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Sanità | 28 luglio 2025, 08:00

“Salviamo vite umane mentre ci insultano e ci aggrediscono”: la vita sempre più dura dei militi delle ambulanze

"Molto spesso ci troviamo a soccorrere gli stessi volti, persone con problemi di alcolismo o marginalità sociale che continuano a vivere situazioni difficili"

Foto: Soccorritori d'Italia

Foto: Soccorritori d'Italia

Gli operatori delle pubbliche assistenze sono da sempre un punto di riferimento per chi si trova in difficoltà, ma negli ultimi anni la percezione del loro lavoro sta cambiando, e purtroppo non in meglio. Riccardo Repetto, presidente della Croce Rosa Rivarolese, e Federico Scacchetti, direttore sanitario della Croce Bianca Genovese, entrambi soccorritori, raccontano il volto più crudo dei soccorsi: quello fatto di insulti, minacce e persino di aggressioni fisiche. Una realtà che ha spinto diverse realtà in Italia, come la pubblica assistenza San Fruttuoso, a mettere in campo nuove strategie, come l’uso delle Body Cam, per proteggere chi ogni giorno si mette al servizio della comunità.

Un tempo, arrivare con l’ambulanza voleva dire avere rispetto immediato, quasi sacro”, spiega Repetto. “Oggi, invece, assistiamo a un progressivo sgretolarsi di questa sicurezza. Non è solo il singolo intervento a diventare complicato, ma il contesto sociale in cui ci muoviamo è spesso segnato da degrado, alcol e persone che sembrano non avere nulla da perdere”.

Per la Croce Rosa non sono mancati momenti difficili: insulti e parolacce sono ormai all’ordine del giorno, mentre aggressioni fisiche restano un rischio concreto. “I cittadini spesso non mostrano più pazienza: bastano pochi secondi con la sirena accesa per scatenare rabbia e litigi. È un cambiamento netto rispetto a qualche anno fa, quando la gente si fermava rispettosamente e ci agevolava il passaggio”.

Federico Scacchetti porta la testimonianza diretta di quanto possa essere insidioso l’intervento. “Un paio di settimane fa, durante un soccorso apparentemente tranquillo, un paziente ha sferrato un pugno in faccia alla mia collega senza alcun preavviso – racconta – Era un episodio senza segnali d’allarme, il paziente non sembrava agitato, eppure è esplosa la violenza. Per fortuna eravamo in quattro e abbiamo potuto chiamare subito la polizia, intervenuta in meno di un minuto”. Questi episodi non sono isolati. “Molto spesso ci troviamo a soccorrere gli stessi volti, persone con problemi di alcolismo o marginalità sociale che continuano a vivere situazioni difficili, creando un circolo vizioso di aiuti e nuove emergenze”, aggiunge Scacchetti.

Per rispondere all’aumento delle tensioni, la pubblica assistenza San Fruttuoso ha adottato un’arma in più: le Body Cam. Questi dispositivi, indossati dagli operatori, registrano ogni intervento, preservando la sicurezza e offrendo strumenti concreti contro insulti e aggressioni.

Il quadro che emerge è duplice: da un lato la passione e la volontà degli operatori di continuare il loro servizio nonostante le difficoltà, dall’altro la necessità di adattarsi a un contesto sociale sempre più complesso, che a volte può anche diventare ostile. 

Chiara Orsetti

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