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Attualità | 06 agosto 2025, 08:00

Crisi Amt, il sindacato O.r.s.a.: “Scelte azzardate e fondi mancanti, ma i lavoratori non paghino il conto”

Stipendi a rischio, piani incompleti e un futuro da scrivere con chiarezza: “Servono impegni scritti. Le banche ci guardano con sospetto, perché la nostra immagine è crollata. Senza un piano credibile non ci sarà ripartenza”

Crisi Amt, il sindacato O.r.s.a.: “Scelte azzardate e fondi mancanti, ma i lavoratori non paghino il conto”

Se fossimo stati un’azienda privata, saremmo già falliti”. Alessandro Bianchi, membro della segreteria nazionale di O.r.s.a. Autoferro TPL, non usa mezzi termini per descrivere lo stato attuale di Amt. La crisi finanziaria dell’azienda di trasporto pubblico locale è ormai una realtà acclarata e oggetto di preoccupazione condivisa da sindacati, istituzioni e cittadini, e il sindacato chiede risposte chiare e soprattutto rassicuranti, in un momento che definisce “di forte preoccupazione, soprattutto dal punto di vista della liquidità aziendale”.

La causa principale? Un vuoto di finanziamento determinato, secondo O.r.s.a., da una visione politica e manageriale sbilanciata su scenari futuristici che però non si sono mai concretizzati. “La precedente amministrazione ha scommesso su un’imprenditorialità azzardata: gratuità del servizio per attrarre fondi dal Ministero dell’Ambiente, acquisto di nuovi mezzi che avrebbero dovuto portare ulteriori finanziamenti. Ma i fondi non sono arrivati e gli investimenti non sono stati coperti”, spiega Bianchi. Il risultato è stato un crollo degli incassi e la crescente difficoltà nel garantire il pagamento di stipendi e fornitori.

Uno degli elementi più discussi di queste settimane è stata la politica tariffaria messa in campo, che prevede oltre alla gratuità per alcune fasce d’età, anche quella della metropolitana e degli impianti verticali per i residenti nella Città Metropolitana. “Questa formula ha fatto aumentare notevolmente il numero degli abbonamenti annuali, che a oggi sono più di 170 mila, ma ha ridotto le entrate complessive, con una previsione iniziale di 70 milioni di euro scesi poi a soli 58 effettivamente incassati. La gratuità in sé pesa per circa 4 milioni, ma è tutto il sistema che ha fatto acqua. Abbiamo smesso di vendere titoli, come gli abbonamenti mensili, che rappresentavano entrate sicure. La situazione è sfuggita di mano”.

Secondo il sindacato, le avvisaglie c’erano già, ma sono state ignorate. “Alcuni enti ufficiali avevano segnalato che qualcosa non stava andando per il meglio, ma si è continuato come nulla fosse. Fino al report Deloitte che ha fatto chiarezza. Da lì si è capito quanto grave fosse la situazione. Ora però il rischio è che a pagarne il prezzo siano i lavoratori, e questo per noi è inaccettabile”.

Bianchi sottolinea come tutti gli impegni presi nei tavoli istituzionali con la precedente amministrazione siano stati puntualmente smentiti dai fatti. “Per anni ci hanno rassicurati, anche l’assessore Campora. Poi scopriamo che i conti non reggono e che gli stipendi non sono garantiti. A luglio sono arrivati, ma per agosto e settembre attendiamo ancora la copertura da parte della Regione. Servono 36 milioni: li abbiamo chiesti, ma ancora non li abbiamo visti”.

E proprio il tema delle responsabilità è al centro dell’analisi del sindacato: “Oggi nessuno dice ‘è colpa mia’. C’è stato un ricambio di giunta e chi è arrivato punta il dito su chi c’era prima, ma la verità è che era tutto già noto da tempo. Io so per certo che un piano di rientro e sviluppo era pronto già a giugno 2023 e non è mai stato preso in considerazione”.

Oggi la speranza è riposta in un piano industriale nuovo, che dovrebbe arrivare a breve. Intanto la Regione ha promesso la massima disponibilità a coprire le somme mancanti: “Se ci chiedono 10 diamo 10, se ci chiedono 30 diamo 30, basta che dimostrino che mancano”. Parole che, secondo Bianchi, lasciano ben sperare ma che devono tradursi in atti concreti. “Servono impegni scritti. Le banche ci guardano con sospetto, perché la nostra immagine è crollata. Senza un piano credibile non ci sarà ripartenza”.

Altro nodo aperto è quello del  progetto dei Quattro assi del trasporto pubblico. I lavori che si vedono oggi in via XXV Aprile fanno parte di un appalto assegnato a Italferr nel 2022 per 110 milioni di euro. “Italferr sta lavorando sulla parte infrastrutturale: sottostazioni, semafori, tutto ciò che serve per far funzionare la futura rete. Ma la parte più sostanziale, che riguarda la demolizione delle vecchie rimesse di Gavette e Staglieno e la costruzione del nuovo parcheggio, è ferma, perché non è mai stata appaltata. Il progetto sulla carta va avanti, ma nei fatti è in stallo da almeno due anni”.

I lavoratori non possono pagare errori politici. Noi abbiamo sempre fatto la nostra parte, e anche in questi mesi difficili abbiamo garantito il servizio. Chi ha sbagliato deve assumersi le responsabilità. Ora servono chiarezza, concretezza e una gestione finalmente seria. Perché non possiamo parlare di mobilità del futuro se mancano gli stipendi di domani” conclude Bianchi.

Chiara Orsetti

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