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Attualità | 23 agosto 2025, 08:00

“Non si può mettere il disagio sotto il tappeto”: tra via XX Settembre, Piccapietra e il Carlo Felice la Genova che vive ai margini trova casa in strada

L’assessora Lodi: “La sfida è rispondere in maniera sempre appropriata alle nuove povertà, che non vuol dire solo aumentare i posti letto ma affrontare l’aumento della complessità”

“Non si può mettere il disagio sotto il tappeto”: tra via XX Settembre, Piccapietra e il Carlo Felice la Genova che vive ai margini trova casa in strada

È tra via XX Settembre, via San Vincenzo, piazza Piccapietra e i portici che circondano il Teatro Carlo Felice che oggi si concentra la presenza più visibile (e più discussa) delle persone senza dimora. Sono le zone da cui arrivano con maggiore frequenza le segnalazioni dei cittadini e su cui si sono intensificati, da settembre 2024, gli interventi congiunti di Polizia Locale e operatori dei servizi sociali. Le équipe miste composte da educatori, assistenti sociali e agenti, monitorano situazioni complesse cercando un punto di contatto. E registrano, sempre più spesso, fragilità psichiche, condizioni fisiche critiche, dipendenze, solitudini in uscita dai Pronto soccorso. Persone che non chiedono un posto letto, ma talvolta una via d’uscita. Dall’inizio del 2024, a Genova sono morte dodici persone senza dimora, cinque di loro in strada. Una tragedia silenziosa che non è più solo emergenza.

Ricordiamoci che alcune di queste persone decidono di vivere in strada, hanno storie di vita particolari e vanno rispettate per questo - spiega Cristina Lodi, assessora comunale al Welfare e ai Servizi Sociali - ma politicamente e umanamente non si può mettere il disagio sotto il tappeto, per quanto possa far male a vederlo”.
Secondo le stime più recenti, a Genova vivono circa 3 mila persone in condizione di grave marginalità. Storie spesso invisibili che sfuggono alle griglie tradizionali del sistema di welfare. “La sfida - dice ancora Lodi - è rispondere in maniera sempre appropriata alle nuove povertà, che non vuol dire solo aumentare i posti letto ma affrontare l’aumento della complessità”.

Il Comune di Genova, con il supporto degli enti del Terzo settore, ha costruito negli anni una rete di interventi nell’ambito del Patto di sussidiarietà per le persone senza dimora. Oggi il sistema garantisce più di 200 posti in accoglienze notturne di bassa soglia e media intensità, cui si affiancano percorsi in housing first e alloggi di autonomia. Durante il giorno, sono attivi centri per l’igiene, luoghi di ristoro, sportelli sociali.
Ma il nodo resta l’avvicinamento. Per questo si muove ogni giorno sul territorio il Progetto Sostare, l’attività di educativa territoriale che prevede uscite mattutine, pomeridiane e serali, a piedi o in auto, per raggiungere le persone che vivono in strada, instaurare un dialogo, proporre (se c’è consenso) un accompagnamento verso dormitori o centri diurni. È un lavoro lento, di ascolto, che non si misura in numeri ma in relazioni.

I casi più gravi, quelli che incrociano povertà, salute mentale e dipendenza, vengono affrontati ogni settimana nella cabina di regia, un tavolo interistituzionale in cui operatori comunali, sanitari e del Terzo settore cercano una presa in carico individualizzata. “Servono politiche di strada, come fanno molte città - rilancia Lodi - e servono politiche di riduzione del danno. Da settembre i tavoli si intensificheranno e si integreranno a quelli già in atto, proprio per costruire una politica di prossimità che metta in sicurezza tutti”.
Sicurezza”, infatti, è una parola che compare accanto a “dignità”. Non come contrapposizione, ma come duplice responsabilità dell’amministrazione. “Trovare soluzioni che consentano a queste persone di vivere dignitosamente - conclude Lodi - e fare in modo che tutti i cittadini si sentano sicuri nei luoghi che abitano”.

Pietro Zampedroni

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