C’è un momento, nella vita di molte persone, in cui ci si accorge di essersi allontanati da sé. Non accade all’improvviso, ma per piccoli spostamenti impercettibili: una rinuncia, una stanchezza, un compromesso che diventa abitudine. Flying - Lo straordinario volo di Gianenrico Cappelletti, in scena alla Claque di Genova il 19 e 20 dicembre, nasce esattamente da quel punto invisibile. E prova a raccontarlo senza scorciatoie.
È uno spettacolo che sfugge alle definizioni semplici: radiodramma musicale, teatro, concerto, live drawing, fiaba adulta, esperienza immersiva. Ma soprattutto è il risultato di un lungo percorso creativo, fatto di deviazioni, tentativi, linguaggi attraversati e poi lasciati sedimentare.
Una contaminazione si fa leit motif, cifra stilistica del pensiero.
“Il radiodramma non è la genesi”, chiarisce subito Roberto Nappi Calcagno, musicista e autore. “È il risultato. Siamo partiti da un punto, abbiamo fatto un cerchio attraversando diversi medium e poi siamo tornati a casa. E casa, per noi, è il teatro”.
Quel punto iniziale è l’estate del 2022. Un’estate caldissima, fisicamente e simbolicamente. Un tempo ancora segnato dalla pandemia, dalla fatica, da una domanda che molti si stavano facendo in silenzio.
“Sentivo l’urgenza di mandare un messaggio - racconta Roberto - Un’urgenza personale, ma anche collettiva. La capacità di ascoltarsi. Di prendersi cura di sé. Di non smettere di essere ciò che si è, anche quando tutto sembra spingerti nella direzione opposta”.
Da questa esigenza nasce l’idea di un personaggio e di un viaggio. Gianenrico Cappelletti, detto Cap, è un ex artigiano del surf: un talento creativo che si è inaridito, un uomo quasi completamente svuotato. “Il surf è una metafora evidente”, spiegano gli autori, “ma ancora di più lo è l’artigianato. L’artista è un artigiano: costruisce, leviga, sbaglia, ricomincia”.
Prima di diventare teatro, Flying ha tentato altre strade. Videogioco interattivo. Cortometraggio d’animazione. Graphic novel. Tutte forme esplorate seriamente, mai realizzate fino in fondo.
“Non sono state deviazioni inutili”, spiega Riccardo Baudino, drammaturgo e regista. “Quelle strade sono rimaste dentro lo spettacolo. Si sente che c’è stato gioco, libertà, sperimentazione".
La parola chiave, infatti, è proprio gioco, non in senso superficiale precisa Baudino. “Gioco come metodo. Come spazio di creazione autentica. È lo stesso metodo che avevamo usato in un laboratorio con bambini, in una scuola elementare. E incredibilmente è diventato il nostro modo di lavorare anche da adulti”.
Un gioco serio, che produce una forma teatrale fluida, non ingessata. “Anche la radio che mettiamo in scena - Cap Radio Rabbit - è un gioco”, raccontano. “Ma è un gioco che fa parte della storia. Racconta e allo stesso tempo trasforma”.
La svolta decisiva per Flying arriva con l’incontro con Bjorn Giordano, illustratore e fumettista, che firma il live drawing e l’animazione dal vivo. “Lo cercavamo da tempo”, racconta Baudino. “E l’incontro è avvenuto grazie alla musica, in modo quasi naturale”.
Il disegno non è decorazione, ma linguaggio narrativo. “Le immagini nascono davanti al pubblico", spiegano, “e diventano l’inconscio visibile del protagonista. Il fumetto, l’animazione, il disegno contaminano la drammaturgia”.
Il ruolo di Cap è affidato a Federico Sirianni, cantautore genovese. Una scelta che nasce prima dall’umanità che dal curriculum.
"Avevo già lavorato con lui al Teatro della Tosse - racconta Roberto -. Quando abbiamo iniziato a impastare musica e teatro, ho pensato subito a lui. Ha accettato con una disponibilità rara”.
Baudino aggiunge: “Quello che mi ha colpito è la sua delicatezza. Non porta in scena il mestiere dell’attore, ma una disponibilità totale al gioco. Questo rende il personaggio più vero, più fragile, più bambino”.
È un elemento centrale dello spettacolo: “Cap non è un eroe sicuro di sé”, spiegano. “È qualcuno che vacilla. E proprio per questo è riconoscibile”.
Il cuore di Flying è il suo messaggio. Cap attraversa un viaggio onirico, oscuro e luminoso insieme. Incontra figure simboliche, affronta le proprie ombre, cambia forma.
"Il senso è ritrovare la propria luce”, dicono gli autori. “Ma non nel modo facile o motivazionale”.
“Non è un interruttore da accendere”, precisa Baudino. “È un processo faticoso. Richiede coraggio, lucidità, capacità di scelta. In una società che ti chiede continuamente di adattarti, non è affatto semplice ma è possibile. Anche quando le condizioni sembrano totalmente sfavorevoli”.
La scelta della Claque, prima sala teatrale poi venue musicale, ma appare come la perfetta sintesi per un progetto che non sta dentro una sola definizione. Cosa si aspettano da queste due serate? “Curiosità", rispondono. "Persone disposte a lasciarsi attraversare. Non solo pubblico teatrale, ma chi ama la musica, il disegno, o semplicemente ha voglia di farsi delle domande”.














