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Cultura | 15 febbraio 2019, 18:19

Lino Guanciale a Genova: "Anche con la tv promuovo il teatro sociale, pensando a Sanguineti e Pasolini"

Lino Guanciale è a Genova dove recita al Teatro Nazionale "Ragazzi di vita". Lo abbiamo intervistato per parlare del suo concetto di teatro e tv, del suo maestro Sanguineti e delle fiction italiane (VIDEO)

Lino Guanciale a Genova: "Anche con la tv promuovo il teatro sociale, pensando a Sanguineti e Pasolini"

Più di 3 milioni di telespettatori lo hanno seguito nella prima puntata della fiction “La porta rossa 2” appena trasmessa da Rai2. Ma scordatevi di sentire domande su come proseguirà la serie o se girerà l’”Allieva 3”.

Perché con lui abbiamo deciso di parlare anche di tv, ma soprattutto di teatro, dove nasce come attore e dove sta recitando, al Teatro Nazionale di Genova, “Ragazzi di vita” (fino a domenica 17 Febbraio) tratto dal romanzo di Pasolini per la regia di Massimo Popolizio (e accanto a una compagnia di 18 strepitosi giovani colleghi).

Naturalmente si tratta di Lino Guanciale, che in vent’anni di carriera – nonostante non ne abbia ancora compiuti 40 – ha vinto prestigiosi premi, tra cui l’ultimo, l’importantissimo Ubu 2018 come miglior attore, grazie allo spettacolo “La classe operaia va in Paradiso” (al Teatro Nazionale dal prossimo 21 Aprile).

Il suo è un percorso professionale intriso di cultura e umanità, e dalla forte vocazione educativa – lo hanno definito l’”educ-attore” – che si concretizza nel suo essere ambasciatore dell’Unhcr e nel suo andare nelle scuole per parlare di teatro (proprio lui che, al cinema ha interpretato il ruolo del supplente di Storia timido e insicuro in “Arrivano i prof”).

Dunque il suo è teatro “politico”, lo stesso di cui parlava il suo maestro, il genovese poeta Edoardo Sanguineti; è quel teatro sociale che non deve diventare “succursale della tv”. Proprio la tv che lui, Lino, pratica molto, ma cercando di: “rendere evidente che le cose che faccio a teatro sono molto distanti, non qualitativamente, ma dal punto di vista sostanziale, da quelle che faccio in televisione. Se, attratte dalla visibilità televisiva, le persone vanno a vedere spettacoli squisitamente teatrali e non paratelevisivi, allora si può lasciare un segno. È un circuito dell’uso della visibilità che in passato, negli anni Sessanta, hanno sempre usato gli attori teatrali”.

Quindi chi non resta seduto sul divano di casa, ma va in platea – “dove si può recuperare ciò che la comunicazione di presenza, non mediata da schermi, ha da darci, e dove sento e assaggio tanto desiderio di riavvicinamento fisico” - si aspetti di assistere a spettacoli impegnati, portatori di messaggi su cui riflettere, perché i cui protagonisti – i “borgatari” romani in “Ragazzi di vita”, prima, gli operai milanesi nella “Classe operaia va in Paradiso” poi,– non sono altro che rappresentazione della nostra società contemporanea, secondo un’evoluzione che “non deve essere vista con nostalgia, alla maniera di Pasolini.

Perché, dice Lino citando Sanguineti, “l’industrializzazione è la età adulta della storia, ma la soluzione non è tornare indietro, lasciando campo a certi fascismi, ma andare avanti cercando di ricostruire nuovi equilibri e integrando quello che abbiamo perso”. Imperdibile, quindi, dopo aver visto “Ragazzi di vita”, “La classe operaia va in Paradiso”, “la cui lettura antropologica è chiara: si passa dalla fine di un mondo all’inizio di un altro, sotto un’etica che in realtà è profondamente immorale”.

E insomma, conclude “per me è bello venire qui a Genova con questi due spettacoli, perché è come se, di fronte all’ombra di Edoardo Sanguineti chiarissi la mia posizione”.

E se volete vederlo, andate a teatro o provate a cercarlo nel Centro Storico, finché è a Genova: sarà seduto su una panchina a leggere un libro e mangiare dolci, per parlarne alla radio nella rubrica “La panchina di Lino”.

 

Medea Garrone

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