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Attualità | 02 aprile 2020, 18:07

Sara Rattaro: “Anche il libro dovrebbe essere un bene di prima necessità”

Chiacchierata con la scrittrice pegliese in tempo di quarantena: “Peccato che la cultura, in questo Paese, rimanga sempre un passo indietro. Purtroppo temo che tanti librai indipendenti non riapriranno più, dopo questa epidemia”

Sara Rattaro: “Anche il libro dovrebbe essere un bene di prima necessità”

“Anche il libro dovrebbe essere un bene di prima necessità. Con tutto il rispetto per tutte le persone che in questo momento stanno lavorando, sia chiaro. Ma non si può lasciar sempre indietro la cultura”.  

Sara Rattaro ha le idee piuttosto chiare e le espone con fermezza. Anche perché, ormai, se lo può pure permettere, visto che è tra le principali e più apprezzate scrittrici italiane, sia di romanzi per adulti che di storie per ragazzi. La quarantena la sta trascorrendo nella sua casa sulle colline di Multedo, insieme al figlio e ai genitori, che sono noti commercianti pegliesi da moltissimi anni. “Non vedo l’ora di tornare a lavorare, come tutti”, racconta l’autrice, e intanto l’occasione è buona per fare il punto sulla scrittura, sullo stato della letteratura, sul mercato editoriale e sui progetti futuri.  

Sono giornate difficili, per tutto il Paese. E poi strane, anche per chi ha la fortuna di star bene. Come passa le sue?  

“Sono a casa, insieme a mio figlio e ai miei genitori. Non è stato semplice convincere papà a non aprire il negozio, a non andare a lavorare, perché lui non si è mai fermato. Ma li devo ringraziare moltissimo perché sono degli ottimi nonni, e mi permettono di ritagliarmi un po’ di tempo, per poter lavorare. A casa si sta bene, ma la vita normale non è certo questa. Io non vedo l’ora di riprendermela, a cominciare dalle presentazioni, ma anche dalle lezioni con i miei studenti”.  

Lei insegna a Savona, a Scienze della Comunicazione. Anche voi avete attivato la didattica a distanza? 

“Sì, anche se devo dire che la didattica ‘vera’ la si fa in presenza e tutte le alternative possibili e immaginabili sono comunque meno incisive. Quest’anno ho una bellissima classe con duecentocinquanta ragazzi, mi dispiace veramente non poter essere in aula insieme a loro. Andiamo avanti online con il corso, cerchiamo di fare di necessità virtù”.  

Le librerie sono rimaste chiuse. Nei primi giorni, i librai si sono lamentati, specialmente quelli indipendenti. 

“Hanno ragione. In questo Paese il libro non è considerato un bene di prima necessità. La cultura rimane sempre un passo indietro. Tutto questo è molto triste. Con tutto il rispetto per le tabaccherie e per altre attività, il libro è utile sempre, la lettura è utile sempre, e lo è ancor di più in un periodo come questo, in giornate come queste. Anche le grandi piattaforme online non consegnano, o consegnano in tempi più lunghi, pure qui per dare priorità ai beni considerati di prima necessità. Io credo che, alla fine di questa emergenza sanitaria, ci saranno molte librerie indipendenti che non riapriranno più, che non ce la faranno più. Anzi, non è che lo credo: purtroppo lo temo”.  

La letteratura è salvifica, secondo lei? 

“Sì, la letteratura è salvifica sempre. E andrebbe considerata così di continuo. Purtroppo, siamo un popolo sempre meno abituato a leggere, con un vocabolario sempre più ridotto. Molti non sanno scrivere in maniera corretta, neppure i pensieri di base. Non parliamo poi della scrittura creativa, che in Italia è un tema ancora molto lontano dall’essere sviluppato. È un vero peccato perché, se si leggesse tutti di più, non solo si apprezzerebbe maggiormente la lingua italiana, ma aumenterebbe anche la consapevolezza personale di ciascuno. I primi problemi iniziano alla scuola dell’obbligo: va bene leggere i grandi classici, va bene includerli nel programma, ma non si affronta mai la letteratura contemporanea. Non parliamo più come Manzoni, come Pirandello o come la Deledda. Basterebbe, secondo me, affiancare ai classici una parte di scrittori moderni, e poi parlare di scrittura creativa, dopo aver adeguatamente formato il corpo docenti”.  

Anche perché gli scrittori moderni ci sono. 

“E ce ne sono di veramente bravi e capaci. Partiamo dal concetto che tutte le storie sono state scritte e raccontate, ormai. Ma se uno riesce a raccontare nuovamente una storia, con un taglio differente, una scrittura differente, un approccio differente, facendosi leggere dalla prima all’ultima riga, ecco che ha fatto un ottimo lavoro. Io, ad esempio, scrivo romanzi a sfondo amoroso: non sono certo la prima che lo fa, ma una certa originalità ce l’ho e la riesco a esprimere. Quindi sì, la letteratura e salvifica e a scuola bisogna tornare a usare il vocabolario. La nostra lingua struttura le persone e l’intera società, bisognerebbe non dimenticarselo mai”.  

Come valuta la didattica online? 

“È difficile, molto difficile. Perché, come ho detto, la didattica è quasi esclusivamente in presenza. In questo modo, diventa anche complesso valutare dei ragazzi che praticamente non ho mai visto, se non alla prima lezione. Anche il corso ‘privato’ che tengo per l’editore Morellini sta andando avanti online. Questo, comunque, non dev’essere considerato assolutamente un tempo perso. Non siamo in vacanza, nessuno di noi lo è. Semmai, è un bellissimo tempo da dedicare alla lettura. Diventate ‘divoratori’ di libri, sarà un tempo speso bene per tutti”.  

Lo scrittore lavora anche da casa, non importa dove sia. 

“Infatti, oltre alle lezioni sto scrivendo. In particolare, sto finendo l’ultimo mio libro del filone per i ragazzi. Sarà dedicato a Ettore Majorana. Si racconta la storia di un ragazzo che, insieme al papà, si metterà sulle tracce del grande scienziato. Proseguo questo ciclo dopo essermi occupata di Albert Bruce Sabin ne ‘Il cacciatore di sogni’ e di Nellie Bly in ‘Sentirai parlare di me’”. 

E per i grandi? 

“Anche qui, dopo ‘La giusta distanza’, arriverà un nuovo libro, spero entro fine anno, ma l’emergenza sanitaria ha rivoluzionato un po’ tutto il calendario delle case editrici. Al momento, sono in fase di editing, quindi siamo nella parte tecnica. E credo sia un bene perché l’aspetto creativo, con tutto quello che sta succedendo, non è molto stimolato. Poi, sicuramente, tornerò a essere creativa”. 

Alberto Bruzzone

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