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Attualità | 27 gennaio 2020, 08:33

Rifiuti e mafia: in Liguria è allarme corruzione amministratori. La relazione della Dia

A metterlo nero su bianco è la Direzione investigativa antimafia nella relazione semestrale, recentemente pubblicata, che monitora il primo semestre del 2019

Rifiuti e mafia: in Liguria è allarme corruzione amministratori. La relazione della Dia

Le attività di indagine svolte nel tempo in Liguria hanno evidenziato che gli interessi delle consorterie mafiose sono rivolti, più che alla gestione illegale, a quella apparentemente legale dei rifiuti, seppure con modalità illecite, attraverso la costituzione di società attive nel settore, che hanno acquisito posizioni di rilievo con la complicità di alcuni amministratori locali”. Per i rifiuti le mafie non compiono  affari illegali, ma azioni illecite “mascherate” da un’aurea apparentemente pulita. A metterlo nero su bianco è la Direzione investigativa antimafia nella relazione semestrale, recentemente pubblicata, che monitora il primo semestre del 2019.

Già nel 2015 la commissione parlamentare d’inchiesta “sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati” aveva riscontrato la mancanza, a livello regionale, 'di una strategia complessiva sulla gestione dei rifiuti e di una politica di programmazione e di “gestione integrata' attraverso la costituzione di consorzi tra enti locali”. Secondo la Dia il dato è ancora attuale poiché della gestione dei rifiuti se ne occupano prevalentemente i Comuni i quali agiscono in modo frammentario: alcuni ricorrono all’appalto del servizio a società private, altri utilizzano il meccanismo delle aziende municipalizzate. Ed è per questo, stigmatizza la Dia, vi è una “pericolosa esposizione del settore al prevalere di interessi illeciti e a condotte corruttive”.

Sostanzialmente più se ne occupano gli amministratori pubblici più è facile che la corruzione trovi spazio per infiltrarsi. Già i problemi, su questo fronte, riguardavano lo smaltimento dei rifiuti urbani considerato il progressivo esaurimento delle discariche, in assenza di impianti d’incenerimento e termovalorizzazione), ma anche quello dei rifiuti “speciali” e “pericolosi” visto che nella regione insistono importanti poli industriali che producono rilevanti rifiuti chimici e siderurgici. Anche i rifiuti derivanti dalla realizzazione delle “grandi opere”, quali terre, rocce da scavo, materiale di scarto di lavorazioni, non sono esenti dall’ “appetito” mafioso. Savona è l’unica provincia dove, nell’anno appena trascorso, si è registrato un incendio in un deposito di stoccaggio. Ad essere colpita dal rogo, avvenuto il 23 febbraio del 2019, è stata una società della provincia a cui hanno danneggiato sei cassoni di rifiuti organici ed un compattatore. Una ditta “peraltro già coinvolta, il 7 gennaio 2018, è scritto nella relazione, in un evento analogo che aveva interessato un proprio deposito di rifiuti sito a Cairo Montenotte , con gravi riflessi sui territori limitrofi e conseguente chiusura degli istituti scolastici.”

Sul fronte poi, della commistione tra mafia e “colletti bianchi” resta “emblematica”, la definisce così la Dia,  l’inchiesta “I Conti di Lavagna”, che stando alla sentenza di primo grado avrebbe accertato l’infiltrazione  ‘ndranghetista nel Comune, da parte di presunti esponenti della cosca del versante grecanico della provincia di Reggio Calabria ossia quella dei Rodà-Nucera, da tempo radicatasi nel levante genovese, e considerata espressione dei Rodà-Casile di Condofuri. La ‘ndrina avrebbe “acquisito una posizione monopolistica, attraverso la sistematica ed indebita aggiudicazione degli appalti relativi alla raccolta ed allo smaltimento dei rifiuti urbani del comprensorio di Lavagna, acquisiti in violazione della normativa di settore, talvolta anche tramite affidamento diretto del Sindaco”. Infatti, sono state ampiamente documentate le collusioni della ‘ndrina con alcuni amministratori del Comune di Lavagna(…) In particolare, è sempre scritto nella relazione, sono risultati coinvolti, oltre al predetto primo cittadino, anche due consiglieri comunali, i quali favorivano gli interessi del gruppo criminale in cambio di sostegno elettorale, determinando con le loro delibere ingenti danni erariali”.

Anche l’inchiesta “Alchemia” condotta nel luglio del 2016 dalla Dda di Reggio Calabria aveva fatto luce sull’interesse in Liguria dei Raso-Gullace-Albanese, originari di Cittannova, e dei Parrello-Gagliostro di Palmi (entrambi i comuni si trovano nella piana di Gioia Tauro) negli “strategici” settori dello smaltimento e trasporto di rifiuti speciali, oltre al movimento terra, l’edilizia, l’import-export di prodotti alimentari, la gestione di sale giochi e di piattaforme di scommesse on line, la lavorazione dei marmi, gli autotrasporti, con l’individuazione di società intestate a prestanome. “Gli affiliati alla cosca cittanovese operanti in Liguria - riporta la Dia - hanno confermato il loro profilo di pericolosità e di solido collegamento con la 'casa madre', evidenziando ancora una volta il rilevante ruolo della Liguria nelle dinamiche e negli interessi della ‘ndrangheta nel Nord Italia.

Anche nel Nord Est del Paese, negli ultimi anni, alcune aziende che operano nel settore della raccolta, dello smaltimento e del trattamento dei rifiuti sono balzate all’attenzione mediatica per diversi incendi di natura dolosa a stabilimenti e mezzi, la cui frequenza, tra l’altro, non può far escludere la loro riconducibilità a strutture organizzate”.

 

Angela Panzera

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