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Sanità | 06 marzo 2021, 07:00

"I sintomi sono dei messaggi che devono essere letti, capiti e interpretati e non soffocati e messi a tacere!"

I consigli di Nutrigenomica di Simona Oberto

"I sintomi sono dei messaggi che devono essere letti, capiti e interpretati e non soffocati e messi a tacere!"

Quante persone possono realmente affermare di essere in salute? Quante invece si sono purtroppo abituate alla condizione di “malati cronici”?

La concezione antropologica della salute e della malattia ci dimostra come i concetti più fortemente radicati in noi sono il risultato mentale di condizionamenti culturali, sociali e familiari.

Del resto, oggi giorno la salute è legata solo ed esclusivamente a quanto i nostri valori ematici, di temperatura e psicologici rientrano nei parametri di normalità. Però il “concetto di normalità” si basa sulla statistica ed è un concetto troppo astratto che non tiene conto della soggettività ed unicità dell'individuo.

Il problema è che il malato, basandosi su questi presunti “parametri di normalità” e su variabili linee guida e protocolli d'intervento, viene considerato solo un insieme disunito di tessuti, organi, sistemi e funzioni vitali, trattati come singola parte e non come insieme, dando importanza al sintomo piuttosto che alla ricerca della causa.

A mio parere la malattia è uno “squilibrio multifattoriale psico-fisico-sociale”, uno “squilibrio globale tra mente e corpo”, una “mancanza di armonia tra le parti”. E' un qualcosa di unico, di singolare, di personale. La malattia è un “logoramento dell'energia” responsabile dell'integrità e del perfetto equilibrio dell'organismo, ma soprattutto è una condizione particolare che dovrebbe spingere l'uomo a porsi delle domande, a cambiare le proprie abitudini di vita, a divenire più consapevole, in poche parole a prendere coscienza del proprio stato di salute e malattia.

Secondo la Psicobiotica (disciplina psicosomatica che studia e inquadra la relazione tra la malattia e i conflitti che l'uomo vive nel proprio habitat) i principali fattori che facilitano l'instaurarsi di una malattia sono: la storia personale (il ruolo lavorativo, i rapporti sociali e familiari, ecc.); l'ambiente e gli eventi casuali. Questi tre fattori, nell'arco della nostra vita, si incrociano e producono dei precisi eventi che, a seconda del momento, del contesto e dell'intensità andranno ad influenzare in modo positivo o negativo la nostra esistenza. Esiste quindi una correlazione tra un “evento” (causa) accaduto nell'habitat di un individuo e le risposte messe in atto dal suo organismo per meglio adattarsi all'ambiente, magari diventato improvvisamente ostile!

Quindi la malattia non sarebbe altro che il tentativo del nostro organismo di recuperare l’equilibrio perso, che sia organico, metabolico, funzionale o psicologico, a causa di agenti stressogeni endocrini ed esocrini. Allora lo scopo della malattia è anche quello di favorire un adattamento fisiologico e funzionale che ci garantisca la sopravvivenza?

Direi proprio di sì! E’ troppo riduttivo considerare la malattia solo un “errore fisiologico” o una “degenerazione organica/funzionale”. Penso sia una risposta compensatoria ad uno squilibrio causato da tutta una serie di fattori molto personali. Il nostro corpo, quando malato, ci invia un segnale per informarci che c'è qualcosa che non va nelle nostre abitudini quotidiane. Una sorta di campanello d'allarme che non ci deve spaventare, ma ci deve spronare al cambiamento.

Solo se operiamo in sintonia con la Natura, cioè in senso economico, olistico e globale, riusciremo a ottimizzare le nostre risorse e le nostre energie, così da riuscire a vivere in salute. Sono sempre più convinta che “sano” è colui che si ammala e poi guarisce, perchè il suo organismo, pur ammalandosi, possiede tutte le armi per superare lo stato fisiologico alterato e, una volta ritrovato l'equilibrio energetico-vitale, diventa più forte di prima.

Ricordiamoci che il corpo somatizza i disturbi, anche per permettere al cervello di continuare a coordinare le innumerevoli e complesse funzioni neuro-connettive e associative, grazie alle quali ad es. possiamo scendere le scale o attraversare una strada senza cadere.

Il corpo (pensiamo alla radice “soma”) si fa carico del peso delle varie preoccupazioni quotidiane: la mente scarica sul corpo ciò che potrebbe divenire troppo gravoso per la psiche. Così la malattia ci libera dalle impurità che con il passar del tempo potrebbero avvelenarci sia nell'anima che nel corpo! Pensate a come reagisce l'organismo in seguito all'ingestione di un cibo velenoso: la mente, tramite il cervello, determina un aumento della peristalsi intestinale allo scopo di eliminare il veleno in fretta con scariche di diarrea o con il vomito. Allo stesso modo anche la presenza di una persona o di una situazione indesiderata, provocherà dolori alla pancia o allo stomaco e noi faremo di tutto per evitarla. Ma non sempre evitare può essere la scelta giusta, perché è come rimandare il problema o fare finta che non esista.

Dobbiamo ricercare la causa dei nostri malesseri, che siano fisici o psicologici-emozionali. Ricercare le cause della malattia è un percorso dispendioso, perchè implica una analisi profonda dell'animo umano, una ricerca interiore libera da condizionamenti e preconcetti. Mi viene in mente che lo stesso Ippocrate sosteneva che le cause di ogni male erano da ricercare all'interno dell'individuo e non fuori.

Ben sappiamo che conoscendo le cause di un fenomeno possiamo, intervenendo, mutarne o correggerne l'esito, allora perchè non fare lo stesso nei confronti della malattia? Impariamo a riconoscere ciò che ci danneggia e ci toglie salute. E’ importante riuscire ad interpretate i sintomi, perchè essi sono una manifestazione del vissuto della persona, ci raccontano il suo ruolo in famiglia e nella società, ma ci raccontano anche i suoi vizi e le sue debolezze e magari le sue difficoltà di adattamento.

In poche parole ci “suggeriscono la causa”! Penso sia fondamentale avere un approccio costruttivo nei confronti della malattia, vivendola più come una opportunità per migliorare noi stessi, piuttosto che come una punizione. Il problema è che la maggior parte delle persone tende a scaricare la responsabilità dei propri malanni sempre su qualcosa o su qualcun altro, senza rendersi conto che siamo proprio noi gli artefici di tutto, con i nostri comportamenti sbagliati, le nostre abitudini sregolate e le nostre convinzioni limitate.

Siamo troppo concentrati su ciò che ci circonda e abbiamo perso di vista il nostro “essere”, il nostro mondo interiore. Siamo distratti, impauriti e confusi, sempre più distanti da quel giusto equilibrio che ci permetterebbe di realizzarci a livello umano, sociale e spirituale. Solo se realizzati come “persone” non ci accontenteremo più di prendere una “pillola” per mettere a tacere quel sintomo fastidioso che non ci permette di portare a termine la miriade di impegni quotidiani, ma avremo voglia di fermarci un attimo, di riflettere, per cercare le cause del disturbo e trovare una soluzione sensata. Certo! E’ un percorso impegnativo e a volte doloroso, per questo motivo molto spesso preferiamo una via più comoda: quella della autocommiserazione.

Ci sentiamo “vittime”, insoddisfatti, stanchi o irritati, confusi, delusi e offesi, a volte sbagliati, inadeguati alla vita, indegni e in colpa, ma anche fragili, insicuri, demotivati e spaventati o arrabbiati. E questo atteggiamento mentale è sicuramente il terreno più fertile per l'instaurarsi di una malattia: le nostre difese immunitarie si abbassano, la nostra voglia di reagire si annulla e così ci leghiamo (a volte per sempre) a quelle insostituibili “pilloline” che almeno per un po' fanno scomparire quel disagio e quella sofferenza nella quale ci “culliamo” e con la quale, giustifichiamo il nostro ruolo proprio di “vittima”.

Il dolore però non deve essere “subito” o “ignorato” ma va “ascoltato”, “capito”. Soffermiamoci su ogni segnale che il nostro corpo ci invia. A volte lo fa in modo brusco e inaspettato, a volte lo fa quotidianamente, quasi con un ritmo cadenzato.

I sintomi sono dei messaggi che devono essere letti, capiti e interpretati e non soffocati e messi a tacere! Se aiutato e non ostacolato, molte volte l'organismo si sistema da solo e da solo ritrova il giusto equilibrio! E noi, se consapevoli di questo importante principio naturale, non dovremo fare altro che fermarci, respirare, ascoltare e se il caso sopportare il dolore, consapevoli che quella è l'unica via che il corpo conosce per ristabilire l'equilibrio perso. Alla fine però saremo diventati più forti, più consapevoli, più equilibrati, in una parola più “sani”! 

“Dalla sofferenza sono emersi  gli spiriti più forti. Le personalità più tenaci sono solcate da profonde cicatrici”. (E.H.Chapin)

Redazione

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