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Attualità | 20 febbraio 2022, 16:50

A quasi quattro anni dal crollo del Ponte Morandi, gli sfollati Daniela e Andrea ricordano le loro nozze

Tra sfollati, macerie, quarantatré morti, una città sconvolta e sbigottita, si sono detti sì per grande amore ma anche per dimostrare che la gente del ponte poteva farcela

A quasi quattro anni dal crollo del Ponte Morandi, gli sfollati Daniela e Andrea ricordano le loro nozze

Quando si spengono le luci della ribalta e chi è stato protagonista dell’evento da prima pagina torna nell’ombra, vive forse il momento più bello di quella inaspettata celebrazione. Poche volte la cronaca torna sui suoi passi e mostra la quotidianità, che fa forse ancora più notizia tempo dopo. Lo facciamo noi con una coppia dolcissima, formata da persone di animo splendido che hanno saputo vivere un momento tragico diventando faro e luce di speranza per tanti, toccati da una immane tragedia.

Si chiamano Daniela Timoneri e Andrea Fortunato, sposi dal 17 settembre 2018, segretaria contabile lei, competente addetto alla vendite di uno dei maggiori brand di moda italiani lui. Le loro nozze hanno avuto eco mondiale, perché la festa cui non hanno voluto rinunciare è stato il primo segnale di speranza e indicazione che il male può essere superato con onestà intellettuale e determinazione, dopo l’apocalisse del 14 agosto dello stesso annus horribilis quando si sbriciolava sotto incuria e disattenzione Ponte Morandi.

“Ero a casa, una delle case proprio sotto il ponte ed ero in ferie da un giorno e mezzo”, rievoca Andrea, che era intento a un gesto umano e casalingo che di più non si può: “Stavo svuotando la lavastoviglie, Daniela era al lavoro in zona Fegino. Aveva quasi terminato il suo orario e avevamo i bagagli pronti per partire, nel pomeriggio, vigilia di Ferragosto, per le vacanze da trascorrere nella casa di campagna”.

Alle 11,36 le lancette della storia si fermano sulla tragedia più vergognosa che la storia nostrana forse racconti e che emerge in tutto il suo pathos nelle parole di Andrea: “Nella casa, pronta per riceverci dopo il matrimonio, c’erano i doppi vetri, non sentivo molto i rumori esterni. Ero vicino alla finestra, ho visto un lampo e ho spento la musica temendo si rovinasse lo stereo. Poi un tuono fortissimo, tutto che trema, persino il pavimento. Penso: caspita che botta! Deve essere un fenomeno meteo estremamente forte... La mia mente non fa a tempo a pensare altro che vedo una mobilitazione apocalittica: polizia, pompieri, auto dei vigili di traverso che bloccano il traffico. Inizio a spaventarmi, penso a una grossa fuga di gas. Acciuffo il kway, il casco della moto, esco dal condominio (la mia casa non ha vista sul ponte), arrivo in cortile e vedo che manca una porzione di ponte sopra la testa”.

Il dramma è avvenuto, schiacciando 43 persone e compiendo la strage degli innocenti. “Resto impietrito, fermo sotto la pioggia - incalza l’uomo - privo di pensieri, non riuscivo a credere ai miei occhi. Mi ritrovo assieme ad altri due o tre condomini, molti sono via per le vacanze. Mi attivo per contattare quella che oggi è mia moglie e le dico di andare dai suoi genitori che abitavano in zona Certosa”.

“Lei - prosegue Andrea - ha messo in sicurezza l’auto dopo una lunga coda e, a piedi, è arrivata in via Porro”. Difficile non commuoversi quando Andrea ricorda che “ci incontriamo, c’è l’abbraccio forte, ci stringiamo l’uno all’altra e scoppiamo a piangere”. Daniela e Andrea resteranno 15 giorni dai suoceri mentre lui entra nel comitato direttivo degli sfollati. C’è poi qualche rientro fugace in casa per portare via quanto più possibile.

“Aiutati - sottolinea - dai meravigliosi vigili del fuoco, per i quali ogni ringraziamento è sempre troppo scarno. Mai sufficiente rispetto alla loro umanità e professionalità”. Quindi per la coppia c’è quella peregrinazione - calvario di 260 famiglie, sradicate dalle loro case, dal quartiere dove c’era la loro storia, la loro anima.

Albergo, case indicate dal Comune, e finalmente la casa a San Biagio, dove vivono tuttora con Paprika, gatta da una nidiata trovata da una donna ai Giovi e nome come la famosa spezia ungherese, in onore della Fortunato family story, perché Andrea, doppia cittadinanza, è figlio di una donna della bellissima città dell’Est europeo e di padre italiano.

Il matrimonio: “Non abbiamo mai pensato neppure per un attimo di non celebrarlo”. E così, il 17 settembre, quando la vicenda del Morandi è ancora ferita sanguinante per l’Italia e le sue conseguenze sulla gente, sulla città, sono nel pieno dell'angoscia che hanno generato, Andrea e Daniela, come si dice in questi casi, coronano il loro sogno d’amore davanti alle telecamere, con una settantina di invitati, amici, vigili del fuoco, gente della zona ponte. Fa clamore; è il primo segno di ripresa della vita dopo la catastrofe del ponte.

I neo sposi rimandano tuttavia il viaggio di nozze. Lo effettueranno a maggio 2019, valicando l’Atlantico e godendosi il Canada, in primis Montreal e poi New York, dove percorrono a piedi il ponte di Brooklyn (quello “vero, non finto e traballante”, afferma Andrea), indossando la maglietta degli sfollati.

“Quella maglietta l’ho messa in bacheca, insieme a bomboniere e statuina che era sulla torta nuziale, come un cimelio”. “Abbiano pensato che sposandoci potevamo costituire un’ulteriore sensibilizzazione per quello che riguardava circa 560 persone, 260 famiglie. Suscitare attenzione a livello nazionale, poteva essere funzionale alla causa, a parte il momento intimo e sacro del matrimonio”. E si sfiora la favola quando si parla del loro amore vero con le parole di Daniela, che replicò il giorno del matrimonio a chi le chiedeva dove sarebbero andati ad abitare: “Le mura hanno importanza relativa, la casa sono le braccia uno dell’altra”. Andrea torna infine a elogiare più volte i vigili del fuoco e l’assessore regionale ligure Marco Scajola: “Veramente di grande umanità”.

Dino Frambati

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