“Dopo due anni di pandemia: le professioni sanitarie, in particolar modo gli infermieri, ancora attendono che venga riconosciuto il loro impegno, il loro spirito di civico servizio e le competenze e professionalità dimostrate”. Il sindacato degli infermieri Nursing Up è sceso in piazza oggi in tutta Italia e anche a Genova con una manifestazione che si è tenuta davanti al palazzo della Regione in piazza De Ferrari.
A scatenare le proteste dei lavoratori della sanità, bassi stipendi, scarso riconoscimento e difficoltà negli accessi alle Università.
In piazza era presente il segretario regionale di Nursing Up Enrico Boccone, che abbiamo intervistato.
Infermieri in piazza a Genova, paradossale vedere manifestare gli ‘eroi’ della prima ondata.
“Se dopo due anni ci chiamano ancora eroi la situazione non è ben chiara. Noi non siamo eroi, siamo semplicemente professionisti che vorrebbero svolgere il loro lavoro al meglio, ma vorremmo anche essere considerati. Tante promesse che ci erano state fatte nella fase critica della pandemia sono in gran parte state disattese. Quello che abbiamo ottenuto in questi due anni è stata una timida risposta da parte del ministro della sanità che ha stanziato le risorse per una indennità infermieristica, ma una volta arrivate, queste risorse sono state considerate come un aumento contrattuale, quindi sono state ‘annacquate’”.
Quindi per gli infermieri cosa cambia in busta paga?
“E’ ancora presto per dirlo, perché le contrattazioni sono ancora in atto. Questo pomeriggio ci sarà un altro incontro in videoconferenza, non siamo ancora alla sottoscrizione del contratto”.
Oggi è un problema anche accedere alla professione.
“Sono tutte facce della stessa medaglia. Chiaramente dovrebbero allargarsi gli accessi all’università, ma è vero anche che dovrebbero anche essere avvicinati i nostri stipendi a quelli europei, perché i neolaureati, soprattutto al nord Italia, hanno richieste da altri paesi europei con stipendi molto più alti e un riconoscimento molto più elevato, quindi purtroppo tanti vanno all’estero. In Svizzera pagano 6000 euro a chi porta infermieri, una situazione paradossale”.
Fare l’operatore sanitario negli ospedali non è ancora sicuro.
“Anche questo è un punto della nostra protesta, perché a parte le attestazioni di stima e le dichiarazioni di facciata, nulla è stato fatto sulla violenza contro gli operatori sanitari, e gli infermieri pagano un grosso scotto. Noi chiediamo almeno nei punti di pronto soccorso il ripristino dei posti di polizia o di vigilanza privata in modo che ci sia un deterrente per le persone che non comprendono che quello è un luogo in cui ci si va a curare”.
La manifestazione è stata organizzata davanti al palazzo della Regione, che ha in capo la sanità. Cosa può fare?
“Può intervenire eccome, per esempio nel fenomeno delle carenze organiche. Noi assistiamo a una professione che non ha più la possibilità di programmazione di una vita privata, perché sono turni su turni, cambi turni e sostituzioni. In Italia la carenza va tra gli 80 e i 100mila infermieri, quindi anche la Regione per le sue competenze a livello assunzionale può fare tanto”.
























