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Attualità | 11 novembre 2023, 08:00

Gilberto Govi come non l'avete mai visto: riscoperti tre copioni

L'operazione è stata curata dal professor Eugenio Buonaccorsi. Presentazione del libro mercoledì prossimo al Museo Biblioteca dell'Attore. E intanto a teatro Solenghi pensa a "Pignasecca e Pignaverde"

Gilberto Govi come non l'avete mai visto: riscoperti tre copioni

Tre copioni di differenti autori e appartenenti a diverse momenti storici sono stati scoperti, approfonditi e pubblicati per la prima volta nel volume “Gilberto Govi. Teatro inedito(Erga edizioni) curato da Eugenio Buonaccorsi, professore di Storia del teatro e dello spettacolo all’Università di Genova. Si tratta di “Ciù a puïa che ô mâ” di Nicolò Bacigalupo, già autore dei “Manezzi pè maià 'na figgia”, “Il dente del giudizio” di Ugo Palmerini e “Bocce” di Aldo Acquarone, che hanno un unico denominatore comune: aver avuto l’attore comico genovese come protagonista.  

 

A raccontare la scoperta di questi testi è proprio lo stesso Buonaccorsi: “Rina, la vedova di Govi, lasciò tra le disposizioni testamentarie tutto l’archivio del marito al Museo Biblioteca dell’Attore. Siamo riusciti a consultare completamente il materiale presente solo quando ci siamo trasferiti dal Museo Sant’Agostino all’attuale sede in via del Seminario. Tra i vari scritti che abbiamo trovato ci sono anche diversi copioni, alcuni di questi mai pubblicati: da qui è partito un lungo lavoro sui testi, di confronto e approfondimento tra le diverse versioni, che spesso non corrispondevano ai testi originali”. 

Già, perché come è ormai noto, Gilberto Govi non era semplicemente un attore: cambiava spesso i copioni, sia durante le prove sia improvvisando direttamente in scena, davanti al pubblico. “È stato un lungo lavoro, durato più di due anni: abbiamo anche dovuto fare i conti con il dialetto genovese, che è molto variabile a seconda del momento storico di riferimento. All’interno dei testi ci siamo trovati davanti a parole scritte in modi diversi, termini che venivano sostituiti da altri, e così via. Siamo poi riusciti ad arrivare a quella che abbiamo ritenuto essere la versione giusta, proponibile e pubblicabile”. 

Insieme a Buonaccorsi, hanno lavorato al progetto Paola Lunardini e Danila Parodi, che dialogheranno insieme a Franco Bampi, Giunio Lavizzari Cuneo e Silvana Zanovello durante la presentazione ufficiale del volume, prevista per mercoledì 15 novembre al Museo Biblioteca dell’Attore in via del Seminario 10. 

E se proprio in questi ultimi mesi anche i più giovani hanno potuto apprezzare l’estro comico e il carisma dell’attore genovese per eccellenza, è anche grazie alla riscoperta del suo personaggio portato a teatro per la prima volta da attori professionisti: la versione di Tullio Solenghi ed Elisabetta Pozzi dei "Manezzi" ha ottenuto un grandissimo riscontro di pubblico e di critica, probabilmente per la loro capacità di rendere ancora una volta reali le caratteristiche dei differenti protagonisti. Il successo è stato talmente eclatante che si sta già lavorando a un nuovo imperdibile tassello del repertorio di Govi, “Pignasecca e Pignaverde”, che andrà in scena nella prossima stagione teatrale con lo stesso cast che ha conquistato il pubblico sia a teatro sia in televisione. 

 

Ma cosa rende ancora oggi attuale un personaggio come Govi e tutte le sue diverse interpretazioni? 

Govi è stato prima di tutto un attore ‘creatore’ - continua a spiegare Buonaccorsi - Non rispettava i testi, come abbiamo detto, ma li ricreava durante le prove, improvvisando anche durante la rappresentazione. A lui si deve una divulgazione del teatro genovese: non aveva un repertorio, ha dovuto costituirselo e per fare questo ha inserito nella drammaturgia la sua visione del mondo, il suo modo di essere, il suo modo di vedere le cose. Quando si dice che Govi è il prototipo del genovese, diciamo una cosa giusta, ma va chiarita: questo personaggio un po’ spigoloso, attento ai soldi, laborioso e sospettoso verso il presente è una creazione dell’attore, che ha richiamato i tratti di una certa genovesità portandoli in scena, ma creandone a sua volta di nuovi. Il personaggio è stato creato, e noi ci siamo riconosciuti in lui.  

L’attualità di Govi non sta nei temi o nei contenuti, anzi, si tratta di testi anche piuttosto avversi alla modernità: i rapporti tra uomo e donna non sono sicuramente esemplari, quelli tra genitori e figli non li raccomanderei, ma lui si trovava questo materiale tra le mani e lo faceva letteralmente saltare in aria con la sua comicità. 

Il suo lavoro sul palcoscenico era però sempre volto a minare la visione borghese e conformista, con la sua anarchia comica che non rispettava i valori codificati, entrando in uno spazio di libertà e dell’assurdo. Govi era Govi, non faceva Govi. Non imitava nessuno”.

Chiara Orsetti

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