“Non serve essere economisti per capire cosa succede quando si svendono le leve economiche, produttive e culturali di un Paese. Serve solo guardare cosa accade oggi sotto i nostri occhi. Il caso della Sampdoria, retrocessa in Serie C e ormai allo sbando, ne è l’ennesima prova. Una società che si è sempre vantata della propria, se pur breve, storia e della sua gestione societaria, della propria passione equilibrata con “lo stile Sampdoria”, che si trova a dover pensare alla dismissione del settore femminile e giovanile, condannando migliaia di ragazze e ragazzi a perdere un punto di riferimento educativo e sportivo”.
Così interviene il candidato sindaco di Democrazia Sovrana e Popolare, Francesco Toscano.
“E tutto questo perché? - aggiunge - Perché la proprietà è finita nelle mani di Gestio Capital, un fondo d’investimento lussemburghese. Prima ancora, il Genoa è stato acquistato da 777 Partners, fondo statunitense oggi in grande difficoltà finanziaria, ma fortunatamente ormai nel passato della tifoseria Rossoblu. Non parliamo più di sport, ma di strumenti finanziari in portafogli globali. A chi importa se una tifoseria soffre? A nessuno. Il fondo speculativo punta al rendimento. Se c’è, resta. Se non c’è, vende e se ne va. Se invece dietro c’è una holding e la situazione non è delle migliori, basta tenere tutto bilanciato economicamente, indipendentemente dalla categoria. E a pagare sono sempre i tifosi, i bambini, la città”.
“Qualcuno ha persino provato a rianimare la Sampdoria portando capitali arabi, con Roberto Mancini a fare da mediatore - prosegue il candidato sindaco - incontri, contatti, trattative: tutto finito in nulla. Perché, quando si entra nel meccanismo della globalizzazione, non ci sono garanzie, solo interessi. È un sistema che divora, sfrutta e abbandona. E sfrutta anche la convinzione dei supporters che ci sia più possibilità di divenire una grande squadra, ricca, senza fare i conti con i piani di business calibrati sulle potenzialità che il territorio può offrire. Una volta non era così. C’erano volti, c’erano uomini. C’era Paolo Mantovani, visto che il tema odierno è la Doria, che ha scritto la storia della Samp con amore e visione. C’erano i Garrone, che hanno mantenuto il club vivo anche nei momenti duri. C’era Aldo Spinelli, vulcanico e passionale, presidente del Genoa. C’erano Enrico Preziosi e prima ancora i Fossati, con tutte le contraddizioni del caso, ma sempre in campo, con la faccia, con il cuore. Si potevano contestare, certo. Si è arrivati ad odiarli, a chiedere di andarsene. Ma c’era comunque qualcuno con cui gioire o verso cui sfogare la propria frustrazione e rabbia. Oggi chi contesti? Una holding? Un fondo con sede a Dubai o Miami?”
“Oggi oltre il 50% delle squadre italiane è proprietà di fondi d’investimento. E cresceranno ancora - conclude - magari all’inizio portano entusiasmo e denaro, ma nessuno sa cosa accadrà domani. Perché la globalizzazione, anche nel calcio, non è sicurezza: è speculazione. È l’illusione di una modernità senza radici, che smantella tutto ciò che ha un valore umano e collettivo. E così, come accade nel lavoro, nella sanità, nei trasporti, anche nel calcio la città viene privata del suo protagonismo e trasformata in terreno da sfruttare. Democrazia Sovrana e Popolare dice basta a questa deriva. Vogliamo restituire a Genova la sovranità sul proprio destino. Perché una città senza voce, senza volto, senza passione, è una città condannata alla passività. Noi vogliamo ridare forza, dignità e comunità alla nostra terra. Perché il calcio, come la politica, appartiene al popolo. Non ai fondi speculativi”.