‘La musica che ci gira intorno’ è il format de ‘La Voce di Genova’ dedicato alla scoperta e alla valorizzazione della scena musicale ligure, con un focus su artisti locali, eventi, nuovi talenti e le tradizioni sonore della nostra regione. Ogni settimana la musica sarà protagonista, in ogni sua forma e da ogni punto di vista. Qui troverai interviste agli artisti, le nuove uscite discografiche, gli appuntamenti per vedere concerti ed esibizioni live e spazio a chi, con la musica, ci lavora: dai produttori ai fonici, dai musicisti ai gestori di locali, teatri e spazi dove è possibile far sentire la propria voce.
C’è chi, nel 2025, ha ancora voglia di suonare live. Nonostante negli ultimi anni la musica sembra essere sempre più relegata all’interno di smartphone e computer, c’è chi ha deciso di scommettere sulla potenza dei concerti dal vivo. È il caso del Trinità Live Club, un circolo Arci nato a marzo del 2023 nel quartiere genovese di Bolzaneto. Un posto “strano” per la musica, verrebbe da dire. E proprio per questo, perfetto.
A raccontare il progetto è Leyla El Abiri, direttrice artistica e cofondatrice del club insieme a Fulvio Masini e ad altri due soci: “Dopo il Covid, l’offerta musicale a Genova era praticamente inesistente. Ma già prima non è che brillasse. Mancava, e manca ancora, un locale dove ci sia una programmazione continuativa, dove si possa ascoltare musica di qualità in uno spazio pensato davvero per i concerti. Non un pub, non un bar, ma una sala concerti. E allora abbiamo deciso di farlo noi”.
Il Trinità non è solo un palco e un impianto audio curato nei minimi dettagli da Masini, tecnico del suono, ma è anche e soprattutto un’idea: quella che la musica vada cercata, voluta, desiderata. Non capita lì per caso. Ecco perché il locale si trova a Bolzaneto, lontano dal centro e da qualsiasi movida. “Sembra una scelta economica – spiega Leyla – e certo, l’affitto è più basso che in centro. Ma la vera ragione è che se prendi la macchina e vieni fin qui, vuol dire che ci tieni. Vuol dire che sei venuto apposta per la musica. E questo è bellissimo”.
Dietro le quinte, a far girare la macchina, c’è un piccolo gruppo affiatato: Leyla si occupa della direzione artistica e dei social, Fulvio della parte tecnica, Andrea Gnisci e Francesca Pettini danno una mano con il resto. “Siamo in quattro, a volte anche in due. Capita che ci siano quaranta persone in sala e a lavorare siamo solo io e Fulvio, da una parte all’altra del locale. È una gran fatica, ma ci crediamo”.
La selezione degli artisti non è mai casuale, né guidata solo dal gusto personale. “Cerco progetti validi, anche se non rientrano nei miei gusti. Abbiamo ospitato band metal, doom, rap, progetti internazionali e artisti italiani affermati come Giorgio Canali, Paolo Benvegnù, Young Signorino, Diaframma e tanti altri”.
Il locale ha una capienza intima, tra i 100 e i 120 posti, ed è attivo da settembre a giugno. Non si balla, non si cena, spesso non si conosce nemmeno chi suona. Ed è proprio questo il punto: andare a un concerto per scoprire, non solo per confermare ciò che si conosce. “La difficoltà più grande? Far capire alla gente che vale la pena uscire di casa anche se non c’è un nome famoso. In Italia, purtroppo, si scopre la musica solo a Sanremo. Quando è arrivato Lucio Corsi tutti dicevano ‘che bravo, ma dov’era?’... Ecco, era in giro a suonare da anni. Solo che nessuno ci va”.
La mentalità, a Genova, è dura da cambiare. “Qui sembra che i requisiti per uscire siano: il locale deve essere in centro, comodo, con alcol, con musica da ballare e magari pure con qualcosa da mangiare. Una volta una signora si è presentata perché aveva letto che facevamo i ravioli. Era un errore, ma non voleva crederci”.
Nonostante tutto, il Trinità resiste.
Il sogno, adesso, è crescere. “Ci stiamo pensando: magari allargarci, avere uno spazio più grande, magari cambiare sede o aggiungerne una nuova. Non sappiamo ancora. Ma la voglia c’è. Perché ci crediamo, e ci sembra davvero una cosa bella. Bella per noi, ma anche per la città”.
Anche il nome ha una storia: “Abbiamo scelto il nome Trinità perché inizialmente eravamo in tre, e poi perché c’era una reference a ‘Lo chiamavano Trinità’. Oggi non siamo più in tre, ma lo spirito resta quello: uniti da una fede assoluta nella musica”.