Scrittrice e commerciante genovese, Federica Amadori si affaccia per la prima volta al mondo della politica candidandosi nella Lista Civica Silvia Salis Sindaca alle prossime elezioni del 25 e 26 maggio. La sua è una candidatura che nasce dall’esperienza personale e dalla volontà di reagire attivamente alle difficoltà del territorio: “Credo che lamentarsi non basti più – afferma – Genova mi ha dato molto e sento di dover restituire qualcosa”.
Amadori è candidata al Consiglio comunale e nei municipi VI Medio Ponente e VII Ponente. La scelta è stata, come racconta, favorita da un momento della vita in cui ha maggiore disponibilità di tempo: “Oggi i miei figli sono grandi, non ho più genitori da accudire e sono sola. Posso dedicarmi con passione e impegno a questa nuova sfida”.
Il suo percorso professionale l’ha vista impegnata prima come artigiana, nel restauro di affreschi e stucchi, poi come direttrice nel settore moda e infine come titolare di un’attività commerciale. Esperienze diverse che l’hanno messa a contatto con molte delle criticità che oggi dichiara di voler affrontare in politica: “Conosco le difficoltà dell’artigianato, un mondo spesso trascurato e schiacciato dalla burocrazia. È un lavoro prezioso, un ponte tra passato e futuro, ma troppo spesso non gli viene riconosciuto il valore che merita”.
A questo si aggiunge un tema che Amadori considera centrale: la sicurezza sul lavoro: “Ho lavorato per anni sui ponteggi. So quanto sia importante mettere in sicurezza le persone. E troppo spesso, purtroppo, questo viene trascurato”.
Come commerciante, si dice preoccupata per la situazione delle delegazioni periferiche della città, in particolare Pegli, dove vive e lavora: “Con l’attuale amministrazione tutto si è concentrato nel centro. Le periferie stanno morendo, i nostri quartieri rischiano di diventare dormitori. A Pegli, tra le 6 e le 8 del mattino, c’è un esodo quotidiano verso il centro. Le persone tornano solo la sera, e durante la giornata il territorio resta vuoto, senza indotto, senza attrattiva”.
Secondo Amadori, la causa è anche istituzionale: “Ai municipi è stato tolto il potere di gestire direttamente i fondi. Oggi bisogna sempre chiedere al Comune centrale. Una delle prime cose che la nostra coalizione vuole fare è restituire autonomia ai municipi, perché chi vive sul territorio sa meglio dove e come intervenire”.
Nel suo negozio a Pegli, Amadori ha già avviato piccole iniziative rivolte alle persone anziane del quartiere, come la possibilità di ricevere assistenza nella scelta dei prodotti o semplicemente fermarsi per fare due chiacchiere. “Vorrei che il mio negozio diventasse anche un presidio sociale, un punto di riferimento per chi è solo o ha bisogno di un momento di ascolto. Gli anziani sono una risorsa, ma spesso vengono dimenticati: io vorrei rimetterli al centro della comunità”.
Tra le altre priorità sottolinea la necessità di sostenere i commercianti, messi in crisi da affitti elevati, concorrenza online e desertificazione dei quartieri, che penalizzano fortemente i negozi di prossimità. A questo si aggiunge, secondo lei, la mancanza di un ricambio generazionale e la necessità di valorizzare e rilanciare il commercio urbano attraverso progetti concreti di riqualificazione dei quartieri.
Anche i turisti che arrivano a Pegli, spesso si limitano a visitare Villa Pallavicini e poi se ne vanno: "Non c’è nulla che li trattenga. Serve una strategia per rendere attrattive anche le zone meno centrali. Abbiamo la fortuna di avere una spiaggia di quartiere, ma non è per nulla valorizzata”.
Un altro tema che le sta a cuore è il calo demografico giovanile: “Da mamma soffro l’esodo dei giovani. Mio figlio, ad esempio, lavora all’estero, lo vedo una volta ogni quattro mesi. Se i ragazzi continuano ad andarsene, le nostre città invecchiano e perdono forza vitale. Dobbiamo creare le condizioni perché restino o tornino. Mio figlio lavora in Germania, guadagna molto di più facendo il lavoro che ha imparato qui. Se i giovani continuano a partire, il tessuto sociale ed economico della città ne risentirà profondamente”.
Infine, un’attenzione particolare è rivolta anche al rapporto tra città e animali domestici: “Gli animali fanno parte delle nostre famiglie. È importante prevedere politiche che tengano conto delle loro esigenze, a partire da spazi adeguati e accessibili fino a servizi pubblici che ne facilitino la cura e la presenza in contesti urbani. Vivere in una città davvero inclusiva significa pensare anche a loro. Ho adottato un cane al canile, Barolo, e due gatti: sensibilizzare i cittadini sull'importanza dell'adozione è un gesto che vale più di tante promesse e che trascende ogni colore politico”. Una candidatura che nasce dal vissuto e si traduce nella volontà di “rimboccarsi le maniche”, come lei stessa sintetizza, per provare a cambiare le cose dall’interno.