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Gen Z - il mondo dei giovani | 25 maggio 2025, 09:30

Gen Z - Il mondo dei giovani - Noi, figli del precariato: la pensione sarà un miraggio?

Fra precariato, contributi discontinui e riforme penalizzanti, i giovani rischiano di non vedere mai una pensione dignitosa: un paradosso che mette in crisi l’idea stessa di futuro

Foto: Pexels

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Ogni domenica 'La Voce di Genova', grazie alla rubrica ‘Gen Z - Il mondo dei giovani’, offre uno sguardo sul mondo dei ragazzi e delle ragazze di oggi. L'autrice è Martina Colladon, laureata in Scienze della Comunicazione, che cercherà, settimana dopo settimana, di raccontare le mode, le difficoltà, le speranze e i progetti di chi è nato a cavallo del nuovo millennio.

Chi è nato dopo il 1990 in Italia sa già – anche se fa finta di non pensarci – che la parola “pensione” potrebbe restare una voce nel vocabolario, più che una reale prospettiva di vita.

Non è pessimismo. È constatazione. Lo dicono i dati, gli studi, le proiezioni economiche. E lo dicono anche i genitori e i nonni, che guardano i propri figli arrancare in un mondo del lavoro fatto di contratti a termine, collaborazioni occasionali, partite IVA a singhiozzo, tirocini non retribuiti e stipendi che non permettono neanche di vivere da soli, figurarsi versare contributi regolari.

Una generazione cresciuta con l’idea che “basta impegnarsi” per sistemarsi, oggi si scontra con una realtà diversa. Impegnarsi non basta. Non se il mercato del lavoro è frammentato, instabile, e soprattutto costruito su un modello che non garantisce sicurezza né oggi né domani. I giovani lavorano – tanto, spesso troppo – ma in un sistema che non restituisce nulla in termini di futuro.

E così, mentre ci si destreggia tra mille lavoretti, si accumulano pochi contributi, discontinui, insufficienti. Per molti, anche arrivare ai fatidici 20 o 30 anni di contributi sarà un’impresa. E se mai ci si riuscirà, la pensione rischia di essere così bassa da risultare quasi simbolica. Il rischio è concreto: chi ha meno di 35 anni oggi potrebbe andare in pensione a 70 anni suonati… per ricevere una cifra che non basta nemmeno per pagare l’affitto.

Nel frattempo, si vive in un paradosso: si chiede ai giovani di essere autonomi, di “farsi una vita”, di costruirsi un futuro, ma lo Stato e il sistema previdenziale non offrono strumenti concreti per farlo. Le riforme pensionistiche degli ultimi decenni hanno progressivamente allungato l’età pensionabile e legato l’assegno contributivo all’effettiva quantità di contributi versati. Peccato che molti non riescano a versarne abbastanza. E così la domanda nasce spontanea: se lavoro precario vuol dire pensione precaria, quale sarà l’epilogo per questa generazione?

C’è chi risponde con l’ironia, chi con la rassegnazione. “Tanto non ci arriveremo mai”, dicono in molti, come se la vecchiaia fosse un’ipotesi remota. Ma dietro l’ironia si nasconde una realtà amara: questa generazione rischia di invecchiare senza tutele, senza sicurezza economica, con un welfare sempre più fragile e con una società che – spesso – sembra voltarsi dall’altra parte. La verità è che non basta dire ai giovani di pensare al futuro se poi si toglie loro ogni possibilità di costruirlo. E forse è arrivato il momento di mettere al centro del dibattito pubblico non solo le pensioni di oggi, ma le pensioni di domani. Quelle dei trentenni di oggi. Quelle di chi, tra precariato e inflazione, sta già pagando un prezzo altissimo per poter solo immaginare un futuro dignitoso.

Martina Colladon

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