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Attualità | 16 luglio 2025, 08:00

“Spostarsi? È come partecipare ogni giorno a ‘Giochi senza frontiere’. Quando la città diventa un percorso a ostacoli per chi ha una disabilità

Dal Palasport a via XX Settembre, il racconto di Veronica Ghiglino svela una mappa di difficoltà quotidiane tra marciapiedi senza rampe, semafori privi di segnale sonoro e negozi inaccessibili

Le nuove strisce pedonali in piazza Corvetto, ma con il marciapiede

Le nuove strisce pedonali in piazza Corvetto, ma con il marciapiede

Genova è una città accessibile? Cerchiamo di capirlo dal racconto di una donna che ha vissuto sulla propria sua pelle cosa significa spostarsi con una disabilità, prima visiva e poi motoria. Ipovedente, dopo una paralisi alla gamba destra ha trascorso un lungo periodo in sedia a rotelle: “Ora mi muovo con il deambulatore, ma il problema dell’accessibilità resta. È come partecipare a ‘Giochi senza frontiere’ ogni giorno”.

Veronica Ghiglino abita nella zona tra via Tolemaide e via Casaregis, nel Municipio Medio Levante, e racconta delle difficoltà quotidiane che incontra per spostarsi: “Alcune volte è stata mia figlia di dodici anni a dovermi aiutare a uscire di casa: tre scalini nel mio palazzo, marciapiedi sconnessi e nessuna rampa. Non potevo fare un metro da sola. Lei stessa si è resa conto che non poteva essere così complicato”.

L’episodio più assurdo? Quello avvenuto nei pressi del Palasport, in occasione di un evento di ginnastica artistica: “Ero in carrozzina. Abbiamo parcheggiato in piazza Rossetti ma non c’era un attraversamento accessibile. Tra lavori in corso e marciapiedi troppo stretti, abbiamo dovuto attraversare la strada in mezzo alle auto. Al ritorno, era buio e ho chiesto aiuto alla polizia municipale: mi hanno scortato a piedi fermando il traffico”. Dopo quell’episodio, insieme a un amico, Ghiglino è tornata a verificare: “Ora per fortuna hanno messo una rampa, ma resta il dubbio: coinvolgono la Consulta della disabilità nei progetti? Non credo. Altrimenti certe soluzioni non si spiegherebbero: rampe fatte male, dossi inutili, percorsi pericolosi”.

Un altro caso emblematico riguarda il Waterfront, che è stato progettato senza percorso Loges (Linea di Orientamento Guida E Sicurezza), ovvero le guide tattili per ipovedenti: “Il Chiossone e l’Unione Ciechi hanno segnalato la mancanza, e la risposta è stata: “ci è sfuggito”. Ma come si fa a non pensarci?”. Non mancano gli aneddoti tragicomici. “AMT ha avviato una sperimentazione con un pannello sonoro che annuncia l’arrivo degli autobus. Utile, no? Peccato che funzioni solo fino alle 18 ‘per non disturbare i residenti’. Quindi chi ha una disabilità visiva, dopo le 18 deve restare in casa. Stessa sorte per i semafori sonori di piazza Corvetto, che spesso vengono vandalizzati”. 

C’è poi l’inaccessibilità dei negozi, anche nel pieno centro: “In via XX Settembre ho contato quanti esercizi commerciali sono accessibili in autonomia. Due, tre al massimo. La maggior parte ha uno scalino. Il presupposto è che una persona con disabilità debba sempre essere accompagnata. Ma se fosse messa nelle condizioni, sarebbe ben felice di entrare da sola”. 

Nemmeno Palazzo Ducale è del tutto accessibile: “Una volta, durante un evento sull’inclusione organizzato con il Chiossone, non si poteva accedere alla sala dall’ingresso principale. Ho dovuto farmi portare da mio marito per quattro scalini”.

Il racconto è una mappa di micro-ostacoli quotidiani che, sommati, creano esclusione: “Il problema è culturale. Quando si progettano spazi o servizi, non si pensa alle esigenze reali delle persone con disabilità. Eppure non servono grandi opere: servono rampe, percorsi tattili, semafori sonori, ascensori funzionanti”.

I suggerimenti all’amministrazione? “Sicuramente più formazione per chi progetta, e più controlli dopo i lavori. E poi serve sensibilizzazione. Anche verso i commercianti, perché rendere accessibile un negozio vuol dire avere più clienti. Nessuno pretende la luna: solo il diritto minimo alla libera circolazione”. Un esempio concreto: “C’è una struttura dietro il municipio che ospita persone con malattie neurologiche degenerative, molte in sedia a rotelle. Finalmente hanno fatto le rampe, ma… le strisce pedonali sono state dipinte fuori asse, lontane dalla rampa. Una persona esce, va sulla rampa e si ritrova in mezzo alla strada. È pericoloso. E questo succede spesso, anche in centro città, come in piazza Corvetto con il nuovo attraversamento”.

Anche il trasporto pubblico resta una sfida. “La pedana spesso non funziona o l’autista non sa usarla. Io stessa, col deambulatore, non riesco a scendere dalla porta centrale. Devo chiedere di far aprire la porta anteriore, ma è un terno al lotto. E molti disabili rinunciano: prendono il taxi, un passaggio, o restano a casa”. Una delle ultime difficoltà si è presentata quando è stato il momento di andare a votare: “Il mio seggio si trova in piazza Palermo: alle Comunali non ho fatto richiesta di poter votare in un altro seggio, e per evitare di farmi affrontare una rampa di scale hanno predisposto un angolo al piano terra, senza neanche una paratia. Io per fortuna ho un po’ recuperato, ma quando ero in carrozzina, anche solo andare a prendere un po’ d’aria era un’impresa - conclude -. E sai quanto costava quella carrozzina? Cinquemila euro. Tutto questo per riuscire, forse, a girare in autonomia. Se oggi non si vedono persone in carrozzina che passeggiano per la città, è perché non è possibile farlo”.

Chiara Orsetti

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