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Attualità | 24 luglio 2025, 10:54

Aumento delle rette universitarie, studenti in rivolta: “Paghiamo noi i tagli del governo, basta promesse tradite”

Il Senato Accademico annuncia rincari fino a trecento euro l’anno. Il rettore Delfino parla di “adeguamento minimo e progressivo”, ma i ragazzi accusano: “Scaricano su di noi il buco di bilancio e investono in progetti per aziende e militari”. Oggi presidio in Via Balbi

Aumento delle rette universitarie, studenti in rivolta: “Paghiamo noi i tagli del governo, basta promesse tradite”

Studenti dell’Università di Genova in rivolta per l’aumento delle rette universitarie.

Durante la seduta del Senato Accademico di martedì è stato ufficializzato un ritocco verso l’alto dei contributi studenteschi per il prossimo anno accademico, che potrà arrivare fino a trecento euro in più all’anno, a seconda delle fasce ISEE. 

Una decisione che ha acceso le tensioni tra studenti e governance, già provate dai tagli nazionali all’università e dalla crescente difficoltà di sostenere il diritto allo studio.

Gli studenti, riuniti in collettivi e associazioni, puntano il dito sia contro il governo sia contro l’ateneo. “Non possiamo accettare di essere noi a pagare per i tagli della ministra Bernini, che con l’ultima legge di bilancio ha tolto cinque miliardi al Fondo di Finanziamento Ordinario – denunciano –. UniGe perderà tredici milioni di euro e la risposta qual è? Aumentare le tasse a chi già fatica a stare all’università.”

La rabbia cresce anche per quella che viene definita l’ennesima promessa mancata. “Appena pochi mesi fa – ricordano – mentre ci mobilitavamo contro i tagli, il rettore garantiva pubblicamente che le tasse non sarebbero aumentate. Ora si rimangia la parola. È chiaro che le priorità dell’ateneo sono sbagliate: invece di difendere il diritto allo studio, si tagliano servizi e si investe in progetti come il campus Erzelli, costruito a misura delle aziende private e perfino legato alla produzione bellica”.

Il rettore Federico Delfino difende la scelta, spiegando che l’aumento è “un adeguamento minimo e progressivo” dopo anni di congelamento. Delfino, infatti, ricorda che dal 2017 la contribuzione studentesca non era stata aggiornata e il rincaro è stata la conseguenza per l’aumento del costo della vita specificando poi come la distribuzione degli aumenti sia stata modulata per non pesare eccessivamente sulle fasce deboli.

Nonostante le parole del rettore, non si placano le proteste: “Non ci basta sentirci dire che è ‘minimo’: per noi trecento euro in più sono un mese di affitto o un biglietto del treno per tornare a casa per le vacanze – ribattono gli studenti –. Intanto, i soldi pubblici vengono tagliati e dirottati sulla spesa militare europea, mentre qui si smantella il diritto allo studio”.

L’appuntamento ora è in piazza.

Gli studenti e le studentesse si ritroveranno alle 15 davanti a via Balbi 5: “Non possiamo accettare di essere noi a pagare per i tagli della Bernini, vogliamo un’università che non sia piegata all’economia di guerra ma che sia accessibile a tutti, pubblica e gratuita”.


 

I.R.

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