Da anni al centro del dibattito pubblico genovese, la Sopraelevata ‘Aldo Moro’ resta un’infrastruttura sospesa non solo sul tracciato urbano, ma anche nel suo destino. Specie nell’anno in cui spegne simbolicamente sessanta candeline.
Inaugurata nel 1965, pensata come asse di scorrimento rapido tra Levante e Ponente, oggi è al tempo stesso elemento strategico per la viabilità e ostacolo fisico alla riconnessione tra il centro storico e il mare.
Tra le molte voci che si sono espresse sul futuro della sopraelevata, emerge anche quella di Alessandro Scarpati, geologo, disaster manager e presidente dell’Ordine dei Geologi della Liguria. Un profilo tecnico, con lunga esperienza nella pianificazione urbanistica e nella gestione del rischio, che propone un approccio differente rispetto al classico dualismo tra demolizione e conservazione.
“Oggi si parla molto di ‘città-spugna’, una città più verde che consenta di reagire meglio agli eventi climatici come la pioggia intensa o i picchi di calore - spiega Scarpati - il tema della Sopraelevata potrebbe inserirsi in questo discorso, come la High Line di New York: prima ci passava il treno, ora è una passeggiata pedonale con verde e aiuole. È meravigliosa”.
Una trasformazione che, nelle parole di Scarpati, non ha un intento estetico fine a sé stesso, ma punta a integrare l’infrastruttura nel contesto urbano con una funzione climaticamente utile, capace di mitigare gli effetti degli eventi estremi e contribuire al benessere ambientale della città: “Non mi esprimo sul tema viabilistico perché non è mio tema di competenza, ma credo che meriterebbe una soluzione come la High Line: sarebbe suggestiva e utile per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici”.
Il modello citato è noto: la High Line è un parco sopraelevato di Manhattan ricavato da una vecchia linea ferroviaria merci dismessa. Un esempio di riconversione infrastrutturale che unisce rigenerazione urbana, sostenibilità e fruizione pubblica. Un’ipotesi, dunque, che potrebbe ispirare anche un tratto di Sopraelevata genovese, qualora la sua funzione viaria venisse progressivamente ridimensionata e qualora il progetto del tunnel subportuale dovesse vedere davvero una fine.
“C’è molto dibattito su tenerla o demolirla - osserva Scarpati - ma chiaramente ci sono anche questioni legate alla viabilità che non è semplice affrontare”.
Nel frattempo, resta in uso e a suo modo cruciale. È stata oggetto di lavori di manutenzione, consolidamento e riasfaltature, ma continua a rappresentare un elemento di separazione tra la città e il suo fronte mare. Per Scarpati, quindi, se e quando si aprirà uno spazio concreto per il suo ripensamento, sarà fondamentale che le ipotesi di intervento tengano conto non solo della mobilità, ma anche della qualità ambientale.














