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Botteghe storiche e locali di tradizione | 22 settembre 2025, 08:00

Botteghe storiche e locali di tradizione - Panarello, centoquarant’anni di dolcezza e memoria

Oggi la quarta generazione dell’azienda è Giovanni Bindella: “Il segreto è rimanere fedeli a noi stessi. I nostri dolci sono ancora quelli che un nonno può riconoscere e raccontare al nipote”

Continua con questo lunedì, e andrà avanti per tutti i lunedì successivi, un servizio seriale de ‘La Voce di Genova’ dedicato alle Botteghe Storiche e ai Locali di Tradizione della nostra città. Vogliamo raccontare, di volta in volta, quelle che sono le perle del nostro tessuto commerciale, e che ci fanno davvero sentire orgogliosi di appartenere a questa città. Buon viaggio insieme a noi!

Il profumo di una torta appena sfornata, il ricordo di una domenica in famiglia: da centoquarant’anni questa è la storia di Panarello, la storica pasticceria genovese che ha saputo restare sempre la stessa e, al tempo stesso, reinventarsi. Era il 1885 quando un ragazzo di sedici anni, Francesco Panarello, decise di rivisitare il più ligure dei dolci, il pandolce, per renderlo ancora più morbido, più ricco, più speciale.

Fu così che nacque una bottega che, con gli anni, divenne simbolo di Genova, dove ogni dolce raccontava un pezzo di città, diventandone quasi simbolo, come la Torta Panarello. Quella stessa bottega che oggi non esiste più, ma che vive nelle mani e nei sorrisi di chi porta avanti il nome Panarello.

Oggi la quarta generazione dell’azienda è Giovanni Bindella, bisnipote del fondatore, classe 1985, lo stesso anno in cui ricorreva il centenario di Panarello. Non ha avuto un percorso immediato verso l’impresa di famiglia: “Dopo la laurea in economia ho lavorato dieci anni a Milano, nel mondo della revisione contabile. Nel 2019, però, ho sentito che era arrivato il momento di tornare a casa. Non è stata una decisione scontata, ma Panarello è sempre stata parte di me. Non potevo non occuparmene".

Il ritorno è stato naturale, quasi inevitabile, e parte dall’orgoglio delle proprie radici: “Noi non siamo un’industria. Siamo una realtà artigianale che ha saputo crescere. I nostri processi restano artigianali, basati sulla competenza delle nostre persone che operano con macchinari moderni e in ambienti tali da garantire al cliente standard elevati di attenzione per esempio all’igiene e alla sostenibilità. Teniamo molto
alla qualità delle materie prime. Queste per noi non sono una scelta di marketing, ma principi fondamentali".

Oggi Panarello conta circa 110 dipendenti tra Genova, Milano, Chiavari e Rapallo, tre laboratori a Genova, Milano e Chiavari nei quali sono prodotti quotidianamente torte e pasticcini che vengono poi venduti nei negozi di riferimento, e cioè per Genova nei sei punti vendita genovesi da via XX Settembre a via Galata, da corso Buenos Aires a corso Carbonara, fino a via Caprera e corso Sardegna), per Chiavari nei negozi di Chiavari e di Rapallo, e per Milano nei sei punti vendita milanesi. Esistono poi uno stabilimento a Genova per la produzione del prodotto confezionato (pandolci, biscotti del lagaccio, canestrelli e mescolanza) e uno al Sassello per il prodotto senza glutine.

 “Tutti i punti vendita sono gestiti direttamente da noi, non esistono negozi in franchising - spiega ancora -. Questa scelta è legata alla volontà di mantenere un’identità precisa, senza divenire una catena: siamo e vogliamo essere una pasticceria con caffetteria di quartiere. Siamo riusciti a replicare questo concetto su una scala più organizzata, mantenendo però l’ attenzione e la passione per i processi artigianali e per i clienti, poiché questa è la nostra filosofia e volontà”.

Per esempio, la decisione di tenere i negozi sempre aperti, sette giorni su sette, così da divenire, nel corso del tempo, un “punto di riferimento” per i clienti, che sanno di poter contare su un approdo sicuro per un dolce dell’ultimo minuto o per una colazione fuori programma. I punti vendita sono aperti persino la mattina di Natale o a Ferragosto, magari con orario ridotto, ma garantendo sempre una presenza.

A questa costante disponibilità si lega in modo indissolubile un altro caposaldo: la freschezza. La produzione è giornaliera, un principio che ha una conseguenza diretta e trasparente per il cliente. “Può capitare che, arrivando verso sera, il prodotto desiderato sia esaurito. Questo è il più autentico sinonimo di freschezza: la prova tangibile che ciò che si trova sul bancone è il risultato di un lavoro artigianale quotidiano, e non di una produzione industriale su larga scala”.

Ma qual è il prodotto preferito di Giovanni Bindella? “Non posso scegliere un dolce del cuore - continua a raccontare sorridendo -. È come decidere chi preferisci tra i tuoi figli. Ma nei miei ricordi ci sono la Torta Panarello, i ventagli di sfoglia, il pandolce. Ogni festa in famiglia aveva i suoi dolci, e io li aspetto ancora oggi con la stessa emozione”.

La storia, però, non vive solo di nostalgia: c’è un futuro da costruire. “Abbiamo appena completato investimenti importanti negli stabilimenti e nei macchinari. Ora vogliamo sviluppare la linea confezionata e valutare nuove aperture. Non solo in Liguria o in Lombardia, ma anche fuori dai confini, perfino all’estero. L’obiettivo non è diventare un’industria, ma portare la nostra tradizione oltre i confini, senza snaturarla”. Un equilibrio delicato, tra conservazione e innovazione.

Oggi non esiste più il grande vassoio di paste che un tempo arrivava sulla tavola la domenica. Le famiglie sono più piccole, si preferiscono dolci monoporzione, torte per quattro o cinque persone. Noi cerchiamo di interpretare i tempi, senza però cedere sulla qualità. La vera innovazione è questa: restare fedeli a ciò che siamo, anche quando il mondo cambia”.

La soddisfazione più grande? “Quando un nonno entra in negozio con il nipote e dice: ‘Vedi? Anche il mio nonno mi portava qui, e i dolci erano come adesso’. Non c’è conferma più bella. È il segno che, nonostante il tempo, la nostra anima è rimasta intatta”.


 

Chiara Orsetti

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