Un pomeriggio di memoria viva e di storia condivisa, oggi, nel rettorato dell’Università di Genova in via Balbi 5, occupato dal 23 settembre dagli studenti in solidarietà alla Palestina. Lì, dove da più di due settimane si svolgono assemblee e iniziative culturali, è arrivato Giordano Bruschi, detto “Giotto”, partigiano genovese e memoria centenaria della Resistenza.
L’incontro è stato accolto da un lungo applauso: “Applauso per il partigiano e compagno Giotto” ha detto uno studente introducendo l’intervento. “Serate come questa segnano qualcosa nella storia perché tocchiamo con mano il filo rosso che ci collega alla nostra storia antifascista e partigiana. La memoria è un campo di battaglia: si fa e si racconta. Proprio oggi, dentro al rettorato occupato, vogliamo unire le lotte operaie e la resistenza palestinese in questo filo rosso di solidarietà e giustizia”.
Bruschi ha preso la parola con tono semplice e diretto: “Grazie di essere intervenuti, sono un modesto ragazzo e non merito eccessiva attenzione. I miei cento anni mi hanno propagandato più del dovuto”, ha detto sorridendo.
Poi il ricordo personale: “Quando una compagna delle lotte passate, Rosa Sala, mi ha chiesto di portare una testimonianza sull’antifascismo e sulle lotte dell’Università di Genova, ho accettato subito. Volevo stabilire un legame con voi. Anch’io sono stato come voi: studente universitario a Genova, lavoratore e antifascista. Mi sono laureato nel 1946, lavorando come dipendente e iscritto alla FIOM. È stata una fatica enorme, ma anche la mia prima battaglia per la libertà”.
“Questa università - ha aggiunto - è stata protagonista della Resistenza e della storia d’Italia. E vorrei che da stasera nascesse una collaborazione: oltre alle occupazioni, è importante trasmettere la memoria”.
Bruschi ha ricordato due studenti dell’Università di Genova insigniti della Medaglia d’Oro alla Resistenza: Giacomo Buranello e Felice Cascione: “Buranello fu fucilato il 2 maggio 1944 dopo una notte di torture - ha raccontato -. Ho voluto portare in dono il suo diario, ristampato con molte difficoltà. Come Anna Frank racconta la persecuzione, Buranello racconta la lotta. Non il diario di una vittima, ma quello di un giovane che sceglie di combattere”.
“Il 9 settembre 1943 era già in battaglia. L’università di Genova, il 7 settembre, era diventata il primo centro antifascista partigiano. Quando Buranello fu catturato, il prete gli parlò del Cristo crocifisso. E lui rispose: “Non si accorge che oggi il Gesù crocifisso sono io?”. Morì con fermezza, ma lasciò il seme del movimento di massa. Il suo insegnamento è chiaro: lottare non solo per la libertà, ma anche per l’uguaglianza. E la prima strada per i figli dei lavoratori è studiare, studiare, studiare”.
Il secondo ricordo è stato dedicato a Felice Cascione, medico, atleta e comandante partigiano della zona di Sanremo: “Cascione era orfano di guerra, studiò al Collegio Colombo e poi alla Casa dello Studente. Fu uno dei primi a organizzare la Resistenza, fondando la prima banda partigiana di Imperia insieme a Paietta. E ci ha lasciato un segno indelebile: è l’autore di “Fischia il vento”, con le parole “scarpe rotte eppur bisogna andar”, che rappresentano la tenacia della Resistenza e delle università libere”, ha ricordato Giotto. “Cascione morì tradito da un fascista che aveva curato: una lezione di umanità e di giustizia insieme”.
Bruschi ha concluso il suo intervento invitando gli studenti a fare ricerca, a mantenere viva la memoria e a trarne insegnamento politico:“Ricordate Gramsci, Rosselli, Matteotti. Studiate, ricercate. Nel 1960, quando i fascisti vollero organizzare un congresso con Almirante, i professori dell’Università di Genova guidati da Eugenio Togliatti scesero in corteo alla Casa dello Studente per onorare le vittime del fascismo. Anche questo è antifascismo universitario, e dovrebbe essere ripetuto oggi”.
Poi il dono simbolico: una copia del diario di Buranello e un “Calendario dei partigiani”, in cui ogni giorno è dedicato a un antifascista. “Oggi, 9 ottobre, è dedicato a una ragazza di 16 anni, Stefanina Moro. Ricordate: il patrono della libertà è l’antifascista”.
Dal pubblico è arrivata la replica politica degli studenti: “Serate come questa segnano la storia perché ci fanno toccare con mano la continuità della lotta. Oggi combattere il fascismo significa anche combattere il sionismo, l’occupazione, il genocidio a Gaza. L’università deve prendere posizione, rompere i rapporti con Israele e il governo Meloni, complice del massacro”.
Gli studenti hanno infine rilanciato l’appello a partecipare domani al presidio a San Benigno, insieme ai portuali del CALP e ai sindacati USB, in solidarietà con la Freedom Flotilla dopo gli attacchi dei giorni scorsi.

















