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Sanità | 16 ottobre 2020, 10:00

Matteo Bassetti: "Lockdown a Natale? Da Crisanti parole molto gravi"

Il direttore della clinica di malattie infettive del San Martino: "Se chiudiamo di nuovo tutto finiremo per distruggere il Paese, è vero che i casi sono in aumento ma io sono da sempre un nemico della paura e del panico"

Matteo Bassetti e il suo staff

Matteo Bassetti e il suo staff

“Io sono da sempre un nemico della paura”. Tra i virologi che hanno mantenuto questa linea, sin dall'inizio dell’emergenza sanitaria, c’è Matteo Bassetti, il direttore della Clinica di Malattie Infettive dell’Ospedale San Martino di Genova, nonché docente ordinario di Infettivologia alla Facoltà di Medicina dell’Università: il medico, ormai tra i più noti in Italia e tra i più esposti mediaticamente, ha cercato e continua a cercare i messaggi rassicuranti, “pur riconoscendo che c’è un indubbio aumento dei casi, però c’è troppo allarmismo”.

Tra interviste televisive, articoli di giornale e posizioni espresse sui siti web, nonché sul suo personale profilo Facebook, non si contano più gli interventi del primario ospedaliero che, nei giorni scorsi, è stato anche nominato componente della commissione medica nazionale dell’Associazione Italiana Arbitri (AIA), per le problematiche Covid.

L'ultimo DPCM: pregi e difetti.

C’è da commentare l’ultimo decreto emesso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e, su questo tema, Bassetti non ha dubbi: “È profondamente sbagliato dare sempre la colpa a qualcuno. Ci sono molte cose che potevano essere decise in maniera diversa. Cosa intendo? Si è voluto colpevolizzare i contagi che provengono dalle persone che fanno vita notturna o vanno al bar, e questo è sbagliato. Dalla mia esperienza, in reparto vedo pochissimi di questi casi, mentre vedo molti anziani che vengono contagiati in altri luoghi, come le Rsa. Sono questi i luoghi che andrebbero costantemente monitorati. Bisogna capire bene la provenienza dei contagi, non andare a colpevolizzare delle categorie. Il virus circola e dare la colpa sempre a qualcuno, punendolo, è un modo sbagliato di intervenire. Meglio meno obblighi e più rassicurazioni su cosa fare e cosa e non fare. L’impostazione di punire e puntare il dito non serve. Occorrono più spiegazioni e meno divieti. Dobbiamo essere uniti e non fare muro contro muro. Entrare in casa per controllarti crea blocchi contrapposti che non servono a nessuno”.

Le feste private, giusto condannarle?

Secondo Bassetti, è assolutamente senza senso il discorso delle feste private: “Sul versante delle feste in casa bastava dire di fare attenzione se ci sono persone anziane, e non stabilire un massimo di persone. Un conto è dire che non puoi far entrare sei persone in una casa piccola, un altro è in un’abitazione più grande e con spazi all'aperto. Va bene che bisognava dare un segnale perché c’è stato un aumento dei casi, quindi bene la scelta dell’obbligo delle mascherine che va in quella direzione e ha trovato la comunità scientifica unita, ma su altre scelte andava fatto un lavoro diverso”.

I trasporti pubblici: si poteva fare di più?

Il riferimento è al tema dei trasporti pubblici: “Mi aspettavo misure più decise, ad esempio, sui mezzi pubblici. Con un maggior distanziamento sui mezzi. C’è poca educazione nel come mettere la mascherina, ma anche se la metto bene, nel momento in cui sto a venti centimetri dalla faccia di un altro, hai voglia a evitare il contagio. C’è una circolazione di virus che prescinde dai nostri comportamenti, evitiamo lo stigma perché non è colpa di nessuno”.

Tampone unico e abbassamento della quarantena: scelte giuste?

Una scelta ben fatta invece, secondo Bassetti, è l’eliminazione del doppio tampone negativo per decretare la fine della quarantena, oltre all’abbassamento da 14 a 10 giorni del periodo di isolamento, anche se non per tutti: “Su questo, dobbiamo tutti fare un applauso al Comitato Tecnico Scientifico, che ha deciso di cambiare alcune regole sul Covid. Questa è una grande notizia, che personalmente sostenevo da molto tempo e che semplificherà di molto le cose”. Quanto agli asintomatici e ai debolmente positivi, secondo il medico del San Martino trasmettono “in meno del 3% dei casi, quindi è giusto ‘liberarli’ in un tempo congruo, lavorando su un aspetto che è meno scientifico ma più sociale”.

Genova soffre e i contagi aumentano: che fare?

Sul ‘caso Genova’, Bassetti indica quale direzione sarebbe da prendere. Nei giorni scorsi, il capoluogo ligure ha fatto registrare un preoccupante numero di contagi, il che ha indotto il presidente della Regione, Giovanni Toti, a stabilire alcune misure ancor più restrittive rispetto al Dpcm di lunedì scorso. Da ieri a mezzogiorno, restano chiusi le sale gioco e tutti i distributori automatici di bevande, mentre i negozi di alimentari notturni possono restare aperti, a patto che non vendano bevande alcoliche di nessun tipo di gradazione.

Secondo Bassetti, “nessuno meglio dei sistemi sanitari regionali conoscono come si muovono i contagi. Si chiama ‘epidemiologia locale’, che è lo strumento per una medicina moderna e tagliata per i cittadini di quell’area. Il focolaio Covid di La Spezia lo ha insegnato, se intervieni drasticamente e molto rapidamente, alla fine ottieni risultati. Alla Spezia oggi la situazione è sotto controllo, pochi contagi e non ci sono ricoveri ospedalieri o comunque sono molto pochi. È un esempio per tutta Italia. Credo che questo sia quello che si dovrebbe fare: interventi mirati e localizzati, condivisi ed accettati dai cittadini, a cui vanno spiegati, insegnati e, solo in extrema ratio, imposti”.

Ma c’è il rischio di un nuovo lockdown?

“Oggi abbiamo la possibilità, forse, di riuscire ancora a contenere per non arrivare a quello che in qualche modo si è già messo in moto. Dobbiamo fare tutti in modo che non ci sia un altro lockdown, credo che il nostro Paese non lo possa sopportare, sia dal punto di vista sanitario che psicologico ed economico. Dobbiamo fare il possibile per evitarlo. Al momento, mi sentirei di escludere la possibilità di lockdown, ma è certo che i numeri sono importanti, nessuno li vuole minimizzare. Crescono i ricoveri, ma credo che con gli interventi del governo che tutti noi abbiamo sostenuto, si possa ancora provare a invertire la rotta”.

Il suo collega Crisanti ha parlato di possibile lockdown durante le vacanze di Natale, cosa ne pensa?

“Penso che Crisanti abbia fatto delle affermazioni molto gravi e prive di ogni fondamento, anche perché non siamo noi sanitari che dobbiamo decidere per un lockdown o meno, ma si tratta di una scelta politica. È appena uscito un DPCM, vedremo la situazione tra quindici giorni, non è che si possono cambiare le regole ogni cinque minuti. Quanto al lockdown a Natale, io non voglio fare polemiche, ma se andremo su questa strada, allora distruggeremo il Paese, a livello economico. C’è da capire se vogliamo o meno diventare un Paese del terzo mondo”.

I dati di oggi a confronto con quelli di marzo e aprile: che differenze ci sono?

Un confronto con il periodo di marzo e aprile scorsi è sempre da fare. E qui Bassetti riprende il concetto che, nei giorni scorsi, lo ha portato a pubblicare uno dei suoi post più condivisi (77.145 shares): “I ricoveri crescono, ma per fortuna anche le dimissioni. Rispetto ai giorni terribili della scorsa primavera, assistiamo a ricoveri mediamente più brevi, con un’età media di 67 anni, leggermente più bassa. In generale, la malattia è più gestibile e la sua letalità è quasi azzerata. Abbiamo ancora qualche caso più complesso, ma questi rappresentano la minoranza. Abbiamo i farmaci, sappiamo come e quando usarli e siamo più sicuri di quello che facciamo. Occorre quindi evitare di dare messaggi di terrore. La situazione è da tenere sotto stretta osservazione, ma è molto diversa rispetto a marzo e aprile. Completamente diversa. Rassicuriamo gli italiani che il Covid oggi è una malattia più gestibile e curabile nella maggior parte dei casi. Noi stiamo facendo del nostro meglio. Ora più che mai occorre che tutti i cittadini facciano la loro parte rispettando le misure che conosciamo, ovvero distanziamento, mascherine, lavaggio mani, vaccinazioni ed educazione e rispetto”.

Lei si definisce un “nemico della paura”.

“Sono fieramente un nemico della paura e, soprattutto, un nemico del panico. Da nove mesi nel nostro reparto ci sono malati di Covid e posso dire che il mio staff è riuscito a fare la differenza e a ottenere risultati anche perché abbiamo sempre lavorato con calma, con realismo e con ottimismo. Il panico non serve a nulla, ingenerare panico e paura nelle persone serve ancora meno. Trovo sbagliato che sul Covid si diano quasi sempre notizie soltanto negative, perché la conseguenza sono poi persone che intasano i pronto soccorso per quattro colpi di tosse o con 37,5 di febbre. Oppure vanno in farmacia per imbottirsi di cortisone. Questa è la direzione dove non dobbiamo andare”.

Ma quando arriverà il vaccino?

“Per il momento il vaccino non c’è e comunque, anche quando ci sarà, non sarà scomparso il virus. L’ho sempre detto: con questo virus dobbiamo imparare a convivere e dovremo farlo ancora per lungo tempo”.

Alberto Bruzzone

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