Il tempo passa, il dolore no. Il giornalista narra, in genere, gli eventi, azioni di altri, in terza persona. Ma il giornalista è una persona come le altre, non immune da ciò che accade al resto del mondo. Vive analoghe emozioni, sentimenti, accadimenti. Mi si permetta allora di narrare qualcosa di me, perché, in fondo, la prima fonte di notizie siamo noi stessi, ciò che facciamo e che ci capita.
Il tempo passa, dicevo, il dolore no. Un anno fa, il 14 dicembre, all’improvviso, all’alba di un lunedì, quando mi a accingevo a una nuova settimana di lavoro, mio fratello Giorgio ci lasciava. Lasciava me, i suoi due figli e tre nipoti. Andava via quasi senza voler disturbare come era nel suo modo di vivere, da uomo discreto ma tanto saggio e buono.
Non è facile spiegare il dolore perché è difficile far comprendere quanto due fratelli possano essere uniti, sintoni per una vita intera, con oltre quarant’anni passati uno accanto all’altro nell’azienda e società di famiglia di cui era presidente e amministratore. Senza un minimo dissenso. Mai uno screzio, un disaccordo. Un amore grande che portava alla massima confidenza e alla condivisione piena e totale di ogni gesto della vita; dei momenti difficili, dei dolori, come dei momenti belli, dei successi.
Ero tornato la sera prima dal Piemonte innevato, ci eravamo sentiti alle 8 di sera della domenica. All’alba mio nipote Luca, che vive con lui, mi ha dato l’agghiacciante notizia. Lo aveva accompagnato alla fine tenendolo tra le sue braccia. Da allora la mia vita è cambiata come la cambiano i grandi dolori e la sensazione che la mia bellissima famiglia non c’era più. Poi il senso di responsabilità verso la famiglia, il resto del mondo, i colleghi e gli amici, il lavoro, impone di asciugarsi le lacrime e andare avanti come Giorgio avrebbe voluto perché noi due gioivamo più della felicità dell’altro che della nostra.
Lo voglio ricordare ai tanti che lo hanno conosciuto, stimato e amato e lo rimpiangono con il cuore, il 19 dicembre alle 8.30 con una Messa nella chiesa di Santa Maria della Cella di via Giovanetti a Sampierdarena, scelta perché quella strada l'ha visto per decenni grande imprenditore e uomo stimatissimo ed altruista. Lo dimostrano le decine e decine di messaggi che ho ricevuto nella ricorrenza: amici, colleghi, persone comuni che quasi non ricordavo. Ma loro, passate dal mio ufficio di giornalista all’interno di quella che era la nostra azienda, lo ricordano bene e mi hanno donato brividi d'intensa commozione.
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