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Attualità | 19 gennaio 2022, 13:00

Gli ‘Angeli del fango’: “No al lockdown dell’entroterra ligure”

Lo chiedono con forza gli ex “Angeli col fango sulle magliette”, insieme al noto fotografo di fauna selvatica Paolo Rossi, oltre 600 adesioni

Gli ‘Angeli del fango’: “No al lockdown dell’entroterra ligure”

“La misura è colma. Dopo due anni di fallimentare gestione pandemica, non staremo a guardare di fronte alla folle ordinanza emessa dal Ministero della Salute d’intesa con il Ministero delle Politiche Agricole che impone di fatto un vero e proprio lockdown dell’entroterra ligure”.

Questo scrivono gli ex ‘Angeli col fango sulle magliette’, il gruppo di volontari costituitosi per caso, che si distinse a Genova per l’impegno profuso dopo l’alluvione, a cui la città è ancora oggi riconoscente.

Hanno organizzato un evento: scrivere alle istituzioni e già oltre 600 persone hanno aderito. “Il giorno 14 gennaio 2022 - scrivono - con il supporto della pagina Facebook Angeli col fango sulle magliette’ - nata a Genova nel 2011 come risposta popolare all’emergenza alluvionale, attraverso la quale si coordinarono le migliaia di giovani volontari che si attivarono in quella difficile circostanza e poi, successivamente, anche durante l’alluvione del 2014 - abbiamo lanciato sui social l’iniziativa ‘No lockdown dell’entroterra ligure’”.

Si dicono: “Sgomenti e indignati di fronte all’ennesimo provvedimento restrittivo calato dall’alto, che colpisce questa volta il nostro territorio e i nostri boschi. Come cittadine e cittadini genovesi e come ex ‘angeli del fango’ diciamo basta. La misura è colma. Dopo due anni di fallimentare gestione pandemica, non staremo a guardare di fronte alla folle ordinanza emessa dal Ministero della Salute d’intesa con il Ministero delle Politiche Agricole che impone di fatto un vero e proprio lockdown dell’entroterra ligure. Invitiamo pertanto tutte le cittadine e i cittadini liguri, ma anche tutti i nostri connazionali in segno di solidarietà, ad una mobilitazione civile di massa. Come prima azione invitiamo privati cittadini, associazioni, gruppi, comuni, aziende, enti, eccetera ad inviare subito una mail alle istituzioni”.

Questo il contenuto, con il modello uguale per tutti, dove si esprime indignazione per come si stia gestendo la situazione, con l’ennesima bordata all’economia locale, i dubbi sull’esito di questo goffo tentativo di soluzione, che già si presagisce fallimentare, rammarico sulla pessima gestione del problema ‘cinghiali’ protratto per decenni.

I destinatari sono il sindaco Bucci, il presidente regionale Toti, il Ministero. In oggetto: No al Lockdown dei boschi liguri. Ecco il testo: Come Cittadina/o ligure/italiana/o, voglio esprimere tutta la mia indignazione per le decisioni prese e calate dall’alto in materia di contenimento della peste suina che impongono di fatto un lockdown dei boschi dell’entroterra ligure.

“Secondo il mio parere qualsiasi tipo di caccia al cinghiale oggi rischia di disperdere animali animali appestati o addirittura può fare sì che vengano abbattuti animali sani che potrebbero essere capaci di resistere alla malattia", (Paolo Rossi, fotografo di fauna selvatica, documentarista, collaboratore di guide ambientali).

Infatti, siamo al corrente che cinghiali potenzialmente infetti sono già dispersi su tutto il territorio regionale e oltre, proprio a causa della caccia in battuta o braccata, attualmente in corso, che è la prima causa di rapida diffusione della peste. Sono norme che non garantiscono alcuna certezza se non quella di limitare il diritto al lavoro e al tempo libero di migliaia di persone. Se la preoccupazione è quella di tutelare gli allevamenti, i provvedimenti vanno presi nella direzione di messa in sicurezza degli stessi e non nella limitazione della fruizione degli spazi naturali dei boschi, spazio vitale per la salute e il lavoro di tutte e tutti, che le istituzioni hanno il dovere e la responsabilità di salvaguardare, a maggior ragione in questo momento storico. Non si capisce di che cosa dovremmo avere paura, considerato che siamo costrette e costretti, da anni, a coabitare in città con i cinghiali. Tutto questo a causa della totale assenza decennale di provvedimenti e azioni che favoriscano il rientro dei cinghiali nell’habitat naturale a vantaggio del loro e nostro equilibrio. Evidenzio inoltre che Piemonte e Liguria hanno due ordinanze diverse. In Liguria chiusura totale per 6 mesi, mentre in Piemonte è vietata solo attività di pesca, venatoria e addestramento. Queste ordinanze inaccettabili nascono a supporto di stili di vita mortiferi voluti ormai solo da poteri economici sostenuti dai governi. Dopo due anni di fallimentare gestione pandemica, noi sappiamo bene quali sono gli stili di vita sani che vogliamo condurre. Che non si pensi che questa volta staremo chiuse e chiusi in casa ad aspettare la fine dell’ordinanza. Distinti saluti, firma”.

Questi gli indirizzi a cui far giungere la mail: presidente@regione.liguria.it; marco.bucci@comune.genova.it; segreteriaministro@sanita.it; ministro@politicheagricole.it.o

Rosa Cappato

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