“Per la costruzione della diga serviranno almeno due miliardi di euro e 15 anni di lavori”. Piero Silva, ex direttore tecnico del progetto della nuova diga foranea del porto di Genova, ha prodotto un documento di 32 pagine in cui spiega le ragioni delle sue dimissioni, risalenti allo scorso marzo. Il fascicolo, come riportato da Shipping Italy, rivista tecnica specializzata, contiene motivazioni eloquenti sul perché un ingegnere idraulico e marittimo con esperienza di oltre 40 anni in giro per il mondo abbia deciso di tirarsi indietro.
Le criticità individuate da Silva sono molteplici, dalla scelta del doppio canale alla “lunghezza della diga largamente sopradimensionata”, e comportano “problemi di fattibilità tecnica” a causa delle dimensioni fuori da ogni standard.
Nell’articolo di ShippingItaly si legge che i punti messi in discussione da Silva sarebbero le 11 tonnellate di rocce che arriverebbero via mare dopo essere stoccate al terminal di Pra’ “con evidenti ricadute sull’accessibilità e sull’operatività dello scalo”, oltre che la consistenza del fondale, fatto di sedimenti non idonei a questo tipo di costruzione, essendo molto fini e argillosi.
È atteso nei prossimi giorni il benestare del Ministero della Transizione Ecologica al progetto di fattibilità tecnica del progetto della diga foranea, e l’ex direttore ha suggerito un progetto alternativo a quello in corso, definito “diga giusta”: i depositi chimici sarebbero spostato a mare, superando così le proteste dei residenti di Sampierdarena e Multedo, e l’allontanamento dalle zone abitate di tutti i materiali a rischio.
“Percorrere una strada alternativa, caratterizzata da fattibilità tecnica sicura, costi e tempi molto inferiori vorrebbe certo dire perdere qualche anno e qualche milione. Meglio però che sprecarne 30 a qualche miliardo”.














