Stamattina c’è stato lo sciopero dei portuali di Genova contro la guerra, contro l’aumento delle spese militari e contro la vendita e l’invio di armi che alimentano il conflitto.
Queste le parole del sindacato USB:
“Dopo lo sciopero del 22 aprile scorso che ha visto sfilare per Roma una manifestazione nazionale partecipata e combattiva, fatta di operai e studenti sotto lo slogan “via il governo della guerra e del carovita”, l’USB ha deciso di dare la sua adesione allo sciopero generale dei settori pubblico e privato indetto dal sindacato di base.
Il recente vertice NATO conferma che l’allargamento del conflitto è una delle opzioni seguite concretamente dall’UE e dagli USA. Sulla stessa linea si pone il governo Draghi rendendo nei fatti l’Italia un paese belligerante, nonostante l’opinione contraria della maggioranza della popolazione che ben comprende il prezzo umano e sociale che le si prospetta davanti.
‘Alzate i salari’ E’ stata la prima richiesta oggi dato nell’ultimo decennio il salario dei lavoratori ha perso il 6% a questo risponde un’inflazione che negli ultimi mesi corre al 6,7% rendendo ancora più poveri i lavoratori e i padroni sempre più ricchi.
‘Abbassate le armi’- Il riarmo dell’UE e la spedizione di armi all’Ucraina, infatti non solo allontanano la pace, ma per di più sottraggono risorse allo stato sociale, senza contare l’aumento degli idrocarburi, materie prime e semilavorati che il padronato farà pagare ai lavoratori con licenziamenti, attacco al salario e inflazione.
Nella storia, anche recente, il movimento dei lavoratori ha lottato duramente contro chi voleva convincere lavoratori e lavoratrici ad arruolarsi nei conflitti. Fermare questa guerra o comunque portare l’Italia fuori dal conflitto costituisce una priorità anche perché il clima di guerra è funzionale ad aumentare la pressione sui lavoratori e a restringere gli spazi di libertà.
È con questo spirito che, anche a Genova abbiamo sostenuto questo sciopero convinti che sia necessario unire la maggioranza del nostro Paese che è contro la guerra, contro l’aumento delle spese militari e contro la vendita e l’invio di armi che alimentano il conflitto”.