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Venerdindie | 27 ottobre 2023, 12:30

VenerdIndie - Martin Hesta, un'anima urbana rifugiata sull'Appenino

Gli esordi nel mondo punk hardcore, il percorso solista 'chitarra e voce' e la vita in mezzo alle montagne tra Liguria e Piemonte

VenerdIndie - Martin Hesta, un'anima urbana rifugiata sull'Appenino

Anima urbana rifugiata sull’Appennino: Martin Hesta ha due essenze un po’ distanti tra loro, ma che hanno provato (e sono riuscite) a convivere con sapiente pazienza. Da un lato lo spirito cittadino di chi nasce e cresce in mezzo al cemento, dall’altra la vocazione che porta verso la natura. 

La costante sembra essere la musica: si avvicina giovanissimo al mondo dei live, muovendo i primi passi nel mondo punk hardcore come chitarrista, collezionando esperienze e palchi, anche europei, a bordo di furgoni scassati e dormendo su palchi o a casa dei promoter della zona.

Come è nato il tuo percorso solista?

"Ho sempre avuto interesse per i cantautori, e dopo il punk mi è capitato di suonare in band che proponevano testi in italiano. A un certo punto ho deciso di iniziare a provare a scrivere canzoni anche io: per quanto la lingua inglese sia quella musicale per eccellenza, spesso non riusciamo a capire il vero significato delle canzoni, mentre l’italiano arriva dritto al punto.

Così è nato il progetto Martin Hesta: sono usciti solo tre singoli, però ho idee a lungo termine.

Suonare e il cantare in italiano e fare qualcosa da solo dopo aver suonato con tanti gruppi è anche un po’ una prova: in band si dividono responsabilità e impegni, invece essere un artista solista ti impone di darti delle scadenze". 

Come nascono le tue canzoni?

"I miei brani sono sempre concepiti con la chitarra in mano. Suono la chitarra acustica, su cui faccio dei ‘versi’ sopra e registro col telefono in modo molto rudimentale. Quando riesco a capire che c’è qualcosa su cui lavorare inizio a scrivere i testi, che possono nascere sul momento. Dopodiché cerco di mettere insieme degli arrangiamenti che stanno in piedi, e dopo tutto questo procedimento arriva il momento di registrare. Nella cascina dove vivo ho una mansarda in cui ho creato un piccolo studio dove registro i miei brani, una stanza dedicata solo alla musica che mi permette di concentrarmi e di lavorare con calma".

Il tuo ultimo singolo di intitola ‘Che freddo fa’. Di che cosa racconta? 

"‘Che freddo fa’ è un brano che ha tratti emozionali, ho volutamente deciso di farla ‘uptempo’ per i miei standard, perché nella scaletta c’è sempre bisogno di una ritmica più incalzante. 

È una canzone semplice, come tutte le mie canzoni: voce e chitarra con degli arrangiamenti minimali, ma che cerco di scegliere con cura. 

Sono pochi suoni, non sono produzioni super elaborate, sono canzoni che possono piacere a persone che apprezzano brani sinceri, quelli con pochi arzigogolii ma si spera con un messaggio interessante da ascoltare".  

Hai preso una decisione importante di vita, quella di vivere sugli Appennini liguri. Una scelta sempre più diffusa…

"Sono nato e cresciuto a Milano, ma dai 20 anni in poi ho girato parecchio l’Italia e non solo per agriturismi e aziende agricole in cui ho lavorato come giardiniere per il pubblico e per il privato, il contadino. Nel campo agricolo e di manutenzione del verde ho fatto qualsiasi lavoro. Durante il Covid ho deciso di fermarmi sull’Appennino, e in quel periodo mi sono sentito fortunato perché la mia vita quotidiana non è cambiata rispetto agli amici che vivevano in città. 

Ho sempre voluto avere il mio posto in una zona tranquilla dove poter vivere serenamente la quotidianità.

Dopo una lunga ricerca (tra ben 47 proprietà) ho trovato questa cascina in Val Borbera di fine ‘800 che sto risistemando, anche se era in buone condizioni al mio arrivo. Adesso vivo lì, sono molto contento della scelta che ho fatto, ovviamente non sono un eremita e spesso mi capita di andare in città, ho persone che mi vengono a trovare e spesso io vado da loro o a vedere concerti.

Diciamo che la mia quotidianità la vivo decisamente meglio un posto rurale, sto lì molto volentieri".

Chiara Orsetti e Isabella Rizzitano

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