Prosegue questo mercoledì ‘I mestieri di una volta’, un ciclo di servizi de ‘La Voce di Genova’ dedicato a chi ancora svolge quei mestieri antichi, con il medesimo impegno e la medesima passione. Ogni settimana vi racconteremo storie di ingegno, di orgogliosa resistenza, di rinascita, di ritorni alla moda: storie fatte di mani sapienti, di teste pensanti, di tantissimo amore e attaccamento alle proprie radici. Buona lettura!
"Siamo un punto luce in un luogo alle cinque del mattino": inizia subito così il discorso Gianfranco Loporto, l'amministratore della storica edicola 'Giovi Giornali' di Sestri Ponente, precisamente in Piazza Baracca, una fra le poche rimaste nel quartiere e di tutta la città di Genova.
Un mestiere affascinante rigorosamente a contatto con il pubblico ma che, tra l'avvento della tecnologia e l'arrivo degli smartphone, sta rischiando di sparire sempre più definitivamente in tutto il Paese. Oggi raccontiamo un mondo che sta rischiando 'l'estinzione', la cui crisi sembra (apparentemente) non conoscere una soluzione.
"Noi siamo qui da ventidue anni - racconta Loporto, tra un cliente e l'altro -. L'edicola esisteva già da tempo ed è storica, risale più o meno al novecento. Inizialmente l'hanno presa in gestione due sorelle, Daniela e Isabella Melzi, dopo la volontà di mio suocero di prendere in gestione l'attività".
Loporto, prima di fare l'edicolante, si occupava di tutt'altro: "A me non spaventa fare tutte queste ore di lavoro perché prima io consegnavo farmaci urgenti e facevo circa cinquecento km al giorno su Genova e Liguria - racconta -. In totale, nella mia vita ho fatto tre milioni di km come autotrasportatore. L'investimento, assieme a mio suocero, è stato molto alto sull'attività. Oggi come oggi è una sfida voler rimanere qui e, onestamente, avendo sessant'anni, sarebbe anche difficile ripropormi sul mercato".
Un'attività che ha visto il suo momento d'oro negli anni '90, quando ancora le vendite sfioravano le quattrocento solo di un giornale e solo considerando la domenica: "A fine anni '90, vendevamo circa quattrocento copie solo la domenica, mentre oggi riusciamo a malapena ad arrivare alle centoventi - afferma l'amministratore -. Quando siamo subentrati, questo lavoro aveva un grande fascino e una richiesta importante, funzionava moltissimo. Poi piano piano siamo arrivati a quello che vediamo oggi, un po' per l'avvento della tecnologia e un po' anche per gli smartphone, che hanno cambiato radicalmente il contesto".
Oggi principalmente sono persone di una certa età che usufruiscono dei servizi offerti dall'edicola, ma si vede passare anche qualche giovane: "I millennials, nati dal 2000 in poi, questo genere di attività per loro non è un punto di riferimento e i clienti della loro fascia sono davvero pochi - chiarisce Loporto -. Principalmente, quando vengono qui, acquistano figurine in generale, oggetti che hanno un valore e che poi magari rivendono. Difficilmente acquistano quotidiani, fatta eccezione qualcuno che è particolarmente attaccato ai valori di una volta trasmessi dalla propria famiglia".
Quello che, però, Loporto tiene particolarmente a rimarcare è tutto il tema legato all'aggio, ovvero gli utili lordi, quella parte di guadagno fisso: "Io capisco che un'attività nel corso del tempo possa andare in sofferenza, però voglio fare un esempio: quando c'è stato il caso dell'Ilva, andata in sofferenza, lo Stato è intervenuto, mentre invece per quanto riguarda le piccole aziende a partita Iva, questo aiutato non è mai arrivato, da sempre. Se il lavoro è uguale per tutti, perché non trattare tutti allo stesso modo? Tu Stato, che sei collaboratore dell'editoria, dovresti intervenire, magari considerando anche un'eventuale aumento degli aggi sui nostri servizi. E lo dico, questo, non per diventare ricchi, ma quantomeno per reggere la situazione. Nel nostro caso, noi siamo in crisi e tutti i mesi praticamente non riusciamo a pagare gli estratti conto: a volte, non prendiamo manco lo stipendio perché, in poche parole, non abbiamo guadagni".
Per quanto concerne, invece, il quadro che si sta delineando a livello nazionale e che vede sempre più l'edicole abbassare definitivamente le saracinesche, Loporto afferma: "Noi siamo un punto luce in una piazza alle cinque del mattino, anche per chi ha un problema e ha bisogno di un aiuto. Se tu questo punto luce lo fai chiudere, la città perde inevitabilmente valore. A me è successo personalmente che proprio al mattino, sono arrivare persone che avevano bisogno anche semplicemente di un'indicazione".
Tra i tanti aneddoti che ripercorrono ventidue anni di attività, l'amministratore ne ricorda uno in particolare: "Ricordo che, ad un certo punto, mio suocero aveva preso la decisione di prendere in assortimento i gratta e vinci - afferma -. Così, si sono creati gli 'abitudinari', che sovente erano pensionati: venivano direttamente dalla porta del retro chiedendomi un blocco intero di gratta e vinci. A quel punto, dopo un po', ci siamo riuniti con mio suocero e abbiamo deciso di toglierli perché abbiamo ritenuto che fosse brutto il fatto che le persone venissero in edicola impegnando la loro pensione".
Alla domanda "Lei lo vede un futuro per questo mestiere?", Loporto è incisivo nel rispondere: "No, non lo vedo". "Forse, però - afferma riprendendo le fila del discorso - se lo Stato cambiasse i piccoli aggi per quanto riguarda i servizi, si potrebbe stare ancora in piedi. Il guadagno su ogni giornale è davvero irrisorio, parliamo di circa tredici centesimi. Per quanto riguarda il papabile successore, penso sia più semplice possa essere l'attività acquistata da una persona estranea che la comprerà (e pagherà) ad un terzo di quello che l'abbiamo pagata noi ai tempi. Alla fine, per quello che è stato il volere di mio suocero, mi auguro che l'edicola possa andare avanti e che la persona dopo di noi abbia voglia di aiutare le persone di passaggio".



















