Un battito lento, testardo, vibrante, che si muove in direzione ostinata e contraria, sta pulsando in vico della Posta Vecchia, nel centro storico genovese: è quello della ‘Cà dü Dria School’, il nuovissimo spazio culturale nato grazie alla visione e alla tenacia di Andrea Incandela, storico liutaio dei Macelli di Soziglia e musicista da una vita. Un luogo che vuole essere non solo sede fisica, ma risposta concreta a un bisogno sempre più urgente di aggregazione, cultura, musica, comunità.
“Abbiamo recuperato questo spazio che era di un privato, chiuso da anni e sequestrato dalle forze dell’ordine per vari motivi. Lo abbiamo sistemato tre mesi fa, con l’idea di offrire al centro storico un punto di riferimento per i ragazzi, per chiunque voglia imparare a suonare uno strumento, esibirsi, avvicinarsi al mondo dello spettacolo e della cultura”, racconta Incandela, tra strumenti musicali e opere d’arte appese alle pareti. Qui si respira l’aria di un progetto artigianale nel senso più autentico: fatto a mano, con pazienza e con la passione di chi la musica l’ha vissuta davvero: “Sta funzionando. Si sono già iscritti in molti. Formiamo cantautori, formiamo persone. Il nostro obiettivo è questo. Abbiamo diverse sale e mettiamo a disposizione strumenti musicali per chi si iscrive, così da evitare che debbano portarli da casa, magari la sera, e rischiare che li dimentichino o vengano rubati. Visto che siamo in centro storico, è anche una questione di sicurezza. E se sei ubriaco, non rischi di perdere i pezzi”.
Per chi conosce Incandela, questa iniziativa è la naturale prosecuzione di un’esistenza interamente dedicata alla musica: “Faccio il liutaio e sono un musicista. Quest’estate abbiamo lavorato molto in Corsica e in Irlanda, portando la musica genovese in giro per il mondo. Collaboro con molti artisti. Sono più di trent’anni che faccio musica”.
Dopo trent’anni, Andrea ha ancora voglia di investire nella sua città, e in particolare nel centro storico, che ama profondamente. “Quello che cerco di dire alle persone è che non è vero che non c’è nulla da fare a Genova: basta andare nei posti giusti. Qui si trova tutto, ma mancano gli spazi, manca il sociale. È scomparso. Non so per colpa di chi, ma è stato cancellato, e noi vogliamo riattivarlo. Oggi è difficile aggregarsi. La gente dice: i ragazzi vanno nei bar. Ma dove vuoi che vadano? Non ci sono più spazi dove ritrovarsi. Ci si rivolge al bar sotto casa, ai locali più squallidi, ma non sono luoghi d’incontro. Una volta c’erano i centri sociali, i circoli, le società dove trovavi il vecchietto che giocava a carte, ti piaceva ascoltarlo, sentivi le sue storie. Adesso… non c’è più niente. Noi vogliamo riaprire questi spazi”.
Il nome, 'Cà dü Dria School’, è un chiaro riferimento a Fabrizio De Andrè, ma è più di un omaggio alla tradizione: è un ponte verso chi quella tradizione l’ha vissuta e fatta grande. “Speriamo di poter trasmettere qualcosa a qualcuno. Abbiamo l’esperienza, ci sono tanti artisti che collaborano con me, c’è il mio socio Max, c’è un’intera rete di persone che hanno voglia di tramandare conoscenze e passione. Cristiano De André è un carissimo amico, collabora con noi, così come Antonio Rocchi di Radio Faber. Partecipano a questi progetti; vogliamo salvare ciò che resta della musica genovese nel centro storico, ciò che resta è il cuore pulsante di Genova”.
L’accesso è semplice e aperto a tutti. “Facciamo delle tessere annuali a un costo simbolico, 20 euro all’anno. Poi ti arrivano messaggi con i programmi: presentazioni di libri, concerti, eventi culturali. Vogliamo invogliare le persone a uscire di casa, a spegnere la PlayStation e venire da noi”. Nessun limite di genere o età. Ognuno può portare qualcosa. “Passiamo dalla musica folk genovese alla musica italiana, al rock… tutto è benvenuto. Puoi proporre un’idea, anche all’ultimo momento. Hai degli amici che suonano? Portali. Facciamo così, giochiamo insieme”.
'Cà dü Dria School’ è anche una sala di incisione, un unicum nel centro storico: “È il primo posto dove si può davvero registrare un disco, anche mentre si provano i brani. Si può registrare una traccia. È importante per i ragazzi, perché altrimenti devono andare fino in Piemonte. Invece qua, in centro, si può fare”. Fare rete è essenziale, per tutti. Anche per chi ha perso la propria cerchia: “A volte arriva qualcuno più anziano: ‘Mi piacerebbe ricominciare a suonare, ma non conosco più nessuno, i miei amici non ci sono più.’ Allora noi lo mettiamo in contatto con altre persone. E può tornare a suonare”.
Fare musica oggi è sempre più difficile: “Il problema più grande è il rumore: ormai non si può più fare nulla. Abbiamo dovuto insonorizzare tutto. Come potrai sentire, da fuori non si sente nulla, e dentro non entra nulla. A Genova si dice: fai quello che vuoi, purché lo fai da un’altra parte”. I locali stessi hanno sempre più timori: “I gestori hanno paura. Ti chiedono: ‘Quanta gente mi porti?’ Lo sento da quarant’anni. Appena ho preso in mano la chitarra mi dicevano già così. Ma io non faccio il PR, faccio il musicista. Se devo portare la gente, allora apro io un locale”. Ma Andrea non si arrende. Anzi, dopo anni passati in giro per il mondo, ha scelto Genova come palcoscenico principale: “Abbiamo fatto due concerti a Dublino con mia moglie, portando la musica genovese. Ci hanno accolto benissimo, ci riempivano i locali prima ancora che arrivassimo. È tutta un’altra scena”. Da quella differenza nasce il desiderio di costruire qualcosa di nuovo, proprio qui. Tra i caruggi, in mezzo ad antichi palazzi, questa scuola è un rifugio, una casa, per i musicisti, e per tutti gli appassionati.