“Mio nonno non mi raccontava favole. Mi raccontava le sue avventure in barca a vela”.
Gli occhi vispi, la voce sicura ma gentile, appena Maria Gabriella Tuccillo inizia a raccontare la storia di suo nonno, Mario Rabbò, si ha la certezza di essere davanti a una storia straordinaria nella sua normalità.
Una storia che è diventata un libro, in cui la vita di Marietto si intreccia alle vicende del borgo di Sturla, mentre sullo sfondo Genova cambia trovando certezza nel mare.
“È molto speciale per me, è un nonno che mi ha sempre insegnato la vita, come comportarsi nel quotidiano. Io ero piccola, passavo tutte le estati a Sturla. Era un altro mondo”.
Le parole di Gabriella sono un viaggio in un tempo in cui la barca era il gioco, il mare il campo da calcio. I lunghi mesi estivi trascorsi con i nonni a Sturla, le giornate sulla spiaggia, le avventure in barca a vela che suo nonno raccontava al posto delle favole. Un legame indissolubile, fatto di gesti semplici, di sapori di una cucina di famiglia e dal profumo salmastro che entrava dalle finestre.
“Mio nonno è nato sulla spiaggia, sul mare. Per loro non c'era la bicicletta, non c'era il pallone, c'era la barca”.
Mario Rabbò era un uomo di mare nel senso più vero: “Mio nonno diceva che la prima assicurazione sulla vita che un genitore può fare a un figlio è insegnargli a nuotare. E aveva ragione. Ha salvato tantissime persone in mare. Oggi sarebbe considerato un eroe”.
Questo stesso spirito è quello che Maria Gabriella cerca di trasmettere ai suoi alunni della sezione Montessori nell’IC Castelletto, portandoli in barca a vela, insegnando loro che “non c’è solo il calcio o il tennis. A Genova c’è il mare, e bisogna imparare ad amarlo e conoscerlo”.
La casa dei nonni in vico del Pesce, dove lei stessa è anche nata – per caso, in un giorno in cui la madre non fece in tempo ad arrivare in clinica – è il cuore pulsante dei ricordi. “Era sempre una festa, c'erano i cugini, i Natali tutti insieme, e la nonna cucinava quello che ci piaceva. Quando dovevamo tornare a casa, ci nascondevamo sotto il letto. Era un rifugio, un luogo del cuore”.
Nel libro si ripercorre la vita dei pescatori, le mareggiate che spingevano l’intero borgo a collaborare per salvare le barche: “Anche chi non si conosceva personalmente scendeva a dare una mano. C’era una solidarietà vera, leale. Oggi non c’è più: se qualcuno cade, si gira lo sguardo. Una volta il bene comune era davvero di tutti”. I vicoli si riempivano di barche, tirate a secco, allineate in attesa che la tempesta passasse. Anche le creuze, le tipiche viuzze liguri, raccontano questa storia di partecipazione collettiva: “Erano costruite dalla gente del borgo con i sassi della spiaggia. Era tutto fatto in casa, con le mani e con la voglia di fare comunità”.
Sturla, nel tempo, è cambiata molto: “Ci sono tante Sturla nella Sturla. La mia è quella tra il depuratore e il vecchio ristorante Descalzi. Il resto era già altro, per noi”. Maria Gabriella ricostruisce una mappa affettiva fatta di confini invisibili: Vernazzola, il Dazio, la Carla dove si prendeva il gelato, le pietrate tra bande di ragazzini. “Mio nonno diceva che chi abitava dietro Villa Gentile non era di Sturla. Per lui Sturla era il mare. E anche tra Sturla e Vernazzola c’era rivalità, sana, di borgo”.
Il libro, custodito per dieci anni in un cassetto, nasce anche da una necessità urgente: “Sono mancati mia mamma, mio papà, mio fratello. Ho sentito che stava scivolando via la storia di mio nonno. E ho detto: o lo scrivo adesso, o non lo scrivo più”. Una testimonianza che diventa responsabilità verso il passato e verso chi verrà: “È un patrimonio. Non lo si può perdere”.
Una storia universale, quella raccontata nel libro. “Potrebbe essere la storia di qualsiasi borgo italiano di quegli anni - racconta Tuccillo -. Un’Italia dove la solidarietà era vera, dove la gente si aiutava. E i giovani devono riappropriarsene. Se non lo facciamo noi, chi lo fa?”.
Il libro di Maria Gabriella Tuccillo non è solo una storia familiare. È un atto d’amore verso Genova, verso la sua gente, verso la cultura del mare. È un tentativo, riuscito, di salvare qualcosa che non si può più toccare, ma si può ancora trasmettere.















