Ogni domenica 'La Voce di Genova', grazie alla rubrica ‘Gen Z - Il mondo dei giovani’, offre uno sguardo sul mondo dei ragazzi e delle ragazze di oggi. L'autrice è Martina Colladon, laureata in Scienze della Comunicazione, che cercherà, settimana dopo settimana, di raccontare le mode, le difficoltà, le speranze e i progetti di chi è nato a cavallo del nuovo millennio.
C’è chi fa la valigia, chi prende l’aereo, chi va a fare l’aperitivo a Mykonos. E poi ci siamo noi. Quelli che restano. Per scelta, per necessità, per lavoro o per studio. Oppure perché, banalmente, non si è organizzato nulla e adesso è troppo tardi (o troppo caro) per partire.
Ad agosto, con le città svuotate e i gruppi WhatsApp silenziosi, la sopravvivenza diventa una questione di equilibrio. Tra il dolce far niente e il non impazzire di noia. Tra un pomeriggio al mare (se sei abbastanza vicino da andarci e tornare in giornata) e le ore passate davanti al ventilatore a fingere di studiare o lavorare. Chi è tornato nella città natale da fuori sede prova a riconnettersi con una quotidianità familiare ma cambiata.
Chi è rimasto nella città universitaria cerca i superstiti: un’amica che lavora ad agosto, un coinquilino che ha la sessione d’esami, il barista che ti salva con il caffè freddo e il Wi-Fi. Ogni incontro vale doppio, ogni occasione è buona per spezzare la monotonia.
Perché anche se non sei in vacanza, un po’ di estate cerchi comunque di viverla. Magari esci per un aperitivo con vista tramonto in quel bar che di solito è troppo pieno. Magari ti concedi una cena fuori anche in settimana, tanto il giorno dopo non devi correre da nessuna parte. Magari ti inventi un picnic al parco, una gita al lago, una birra con chi è rimasto, con chi non è partito, con chi come te sta cercando un modo per far passare il tempo senza farlo pesare troppo.
Si guarda finalmente quella serie lasciata a metà da mesi. Si legge - o si prova a leggere - il libro sul comodino. Si cucina qualcosa di più elaborato, o al contrario si vive di anguria, insalate e ghiaccioli. Si lavora, magari, ma con un ritmo diverso. E se stai studiando, almeno hai il lusso di farlo in ciabatte. Oppure, semplicemente, non si fa nulla.
Nulla di instagrammabile, nulla da raccontare. Solo silenzio, pigrizia, ventilatore a palla, finestre semiaperte, e quel tempo lento che scorre tra un messaggio letto e una notifica che non arriva. Il letto come base operativa, la scrivania come confine tra “sto facendo qualcosa” e “sto solo fingendo”.
E in mezzo a tutto questo, un’altra attività prende forma: programmare settembre. Fare la lista dei buoni propositi, come se fosse Capodanno. Iscriversi in palestra, almeno sulla carta. Promettersi che quest’anno studio bene da subito, che non mi riduco all’ultimo. Valutare corsi, cercare stage, sistemare il curriculum. E, perché no, iniziare a risparmiare per quel viaggio che non hai fatto ad agosto ma che forse potresti permetterti in autunno.
Tanto, non sei partito: qualcosa l’hai messo da parte. Rimanere non è un fallimento. Non è neanche una scelta coraggiosa. È semplicemente ciò che succede a tantissimi, anche se nei feed non si vede. E anche ad agosto, quando tutto sembra succedere altrove, si può restare. E, in qualche modo, starci bene.
Cercando di vivere con quello che c’è: una città rallentata, qualche amico rimasto, l’anguria in frigo, il mare a portata di treno (forse), una cena in terrazza e nessun vero obbligo. Perché anche restare, se lo prendi bene, è una forma tutta sua di vacanza.














